‘NDRINE E PALLINE! "L'AFFARE INFINITO" DEL PADEL: 700 MILA EURO RICICLATI NEI CAMPI (SEQUESTRATI) A MILANO. E SPUNTA UNA TELEFONATA ALL'ASSESSORA ALLO SPORT DEL COMUNE MARTITNA RIVA DA PARTE DEL SOCIO DI MARCO MOLLUSO, IL NIPOTE DEL BOSS DELLA NDRANGHETA FINITO AI DOMICILIARI – “È ARRIVATA L'URBANISTICA, SONO STREMATO. SEMBRAVA FOSSI UN DELINQUENTE…”
-Cesare Giuzzi per corriere.it
Quando i vigili sequestrano i campi da padel costruiti in modo abusivo rispetto alle autorizzazioni edilizie, Paolo Gatti, «socio» di Marco Molluso, si lamenta direttamente con l’assessore allo Sport Martina Riva. La chiama al cellulare: «Ieri è venuta l’urbanistica a vedere, sai che noi abbiamo fatto la sanatoria per i padel perché era una vecchia autorizzazione edilizia. Non so se tu sai questo particolare».
«No» replica l'assessore. «Era una vecchia autorizzazione edilizia aperta nel 2019. Quindi io, o andavo per le vie legali contro lo sportello unico, o facevamo i padel in sanatoria. Una cazzata voglio dire, non abbiamo costruito nulla se non convertire un campo a sette in campi da padel, punto. Lo fanno tutti a Milano». L’assessora risponde laconica: «Sì, sì». Poi Gatti si lascia andare: «Sappi Martina che io sono stremato. Poi ieri è arrivata l’urbanistica, sembrava fossi un delinquente...».
La telefonata non contiene nulla di penalmente rilevante. Riva non è indagata. Ma secondo gli inquirenti l’indagine mette in luce «l’allarmante capacità di estendere il sistema illecito in aree imprenditoriali sempre più numerose e diversificate giungendo a introdursi nella gestione degli spazi pubblici». Davide Gatti e il fratello Paolo sono coloro che fanno entrare Marco Molluso, il solo indagato e finito ai domiciliari, nella gestione del «Lombardia Uno», il centro sportivo Sant’Ambrogio di via De Nicola alla Barona. Ingresso occulto, visto che Molluso risulta gestire il solo bar della struttura.
Le indagini degli investigatori della Direzione investigativa antimafia, coordinati dai pm Alessandra Dolci e Silvia Bonardi, portano la procura a contestare a Molluso l’accusa di «emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e autoriciclaggio». Ma l’inchiesta mette in luce i legami dell’imprenditore 39enne di Buccinasco con gli ambienti della ’ndrangheta. Molluso è nipote del boss Giosofatto (condannato nell’inchiesta Infinito) e di Francesco, quel don Ciccio al centro dell’indagine Nord-Sud degli anni Novanta.
Per gli inquirenti l’investimento da «700 mila euro» nei campi da padel di Molluso deriva da soldi che il 39enne avrebbe ricavato con una serie di false fatture per lavori mai eseguiti dalle sue aziende.
Per Molluso quello del padel è un affare potenzialmente «infinito»: «Però dietro questo ca... di padel c’è un business infinito. In teoria per i prossimi 8-10 anni è tutto a salire». Ieri gli investigatori della Dia hanno messo sotto sequestro 8 campi nel centro di via De Nicola. Per il gip Anna Calabi, Molluso «ha potuto finanziare la costruzione di campi mediante riciclaggio»: «Appare evidente la sussistenza di un nesso causale tra l’acquisizione di somme derivanti dagli illeciti fiscali e la successiva destinazione all’impianto sportivo nonché al pagamento dei materiali e delle prestazioni d’opera». Secondo gli inquirenti, inoltre, spesso sui cantieri era presente anche lo zio Giosofatto Molluso. Un nome noto da trent’anni, finito più volte in inchieste sulla mafia in Lombardia.
Nelle carte si parla poi del coinvolgimento dei cugini (e figli dei due boss) nei lavori all’interno della struttura. Mettendo in luce i contatti all’interno della pubblica amministrazione gli investigatori inseriscono anche il riferimento a un funzionario del settore Sport del Comune, in predicato di cambiare dipartimento, di cui Gatti e Molluso parlano intercettati: «Mi sono ca... addosso, perché se perdevamo lui eravamo nella mer...». Gatti poi prosegue: «Invece l’assessore mi fa: “no Paolo non è vero un ca..., rimane direttore di settore allo Sport”, meno male». Molluso: «Bene dai, bene». Anche in questo caso non emergono rilievi penali per i funzionari pubblici.