LUCA GUADAGNINO, CARLO ANTONELLI E L’ARTE DEL NECROLOGIO – IL REGISTA E IL GIORNALISTA PARLANO DEI DUE GIOIELLINI CONFEZIONATI IN RICORDO DI SILVIO BERLUSCONI (“ABBIAMO PASSEGGIATO PER MILANO 2. PER LE STRADE VUOTE L’ECO DELLE TUE RISATE”. “ABBIAMO URLATO TUTTA LA NOTTE”) – “SERVE UNA TERZA STAGIONE? VEDIAMO PER IL TRIGESIMO” – “SCRIVIAMO SULL’ONDA EMOTIVA DELLA NOTIZIA, DI SOLITO È BUONA LA PRIMA” – “I NECROLOGI SONO SOCIAL MEDIA A PAGAMENTO: LA GRANDE BORGHESIA ITALIANA, IN PARTICOLARE QUELLA MILANESE SUL "CORRIERE", VI ESPONE LE PROPRIE FREQUENTAZIONI...” – I PRECEDENTI PER ENZO MARI, LEA VERGINE, ELISABETTA II
-Estratto dell’articolo di Stefano Mannucci per “il Fatto Quotidiano”
Luca Guadagnino & Carlo Antonelli, non si fa così.
Cosa avremmo combinato?
La serie “Cav is dead”. Il secondo necrologio che finisce con “Abbiamo urlato tutta la notte’.
LG: Serve una terza stagione? Vediamo per il trigesimo.
(Luca Guadagnino, regista ora sul set a Cinecittà per il film “Queer” tratto da Burroughs, con Daniel Craig protagonista; e Carlo Antonelli, produttore cinematografico e giornalista)
Avete boicottato la liturgia del lutto obbligato.
LG: Ci dispiace sempre quando una persona muore. L’importante è che il necrologio esprima ciò che si sente. Non è necessario spiegare. Chi legge lo accoglie e interpreta.
Interpretiamo? La vostra passeggiata a Milano 2.
CA: Abbiamo fatto psicogeografia. Quello è un luogo irreale. Un modello iniziale che Berlusconi applicò alla sua visione televisiva, e da lì al Paese. Svegliando quell’elemento viscerale che dormiva nel DNA collettivo, e che avevamo visto solo nella commedia all’italiana.
Decrittiamo il lago dei cigni.
CA: Il plot nasce da esperienze personali. Due miei amici lavoravano in Fininvest. Andai a trovarli, e nel famoso laghetto potei udire il terrificante, straziante canto del cigno morente. Un urlo che ben descrive la natura del posto.
LG: Molti cigni sono morti per Silvio.
Volendo dire che…
LG: Era un uomo spettrale, così come Milano 2 è cimiteriale.
Avete scritto: “Il karaoke tutte imbellettate come te per far passare ogni pensiero”. Questa è facile.
LG: Ma non era un’allusione dritta a certe festosità. Il riferimento è a Il Trucco, saggio di Ida Dominijanni, protagonista del secondo femminismo italiano, dove il cerone berlusconiano copre ma al tempo stesso smaschera la debolezza di un certo tipo di mascolinità.
Sì, ma le ragazze delle “case regalate”…
LG: Mio padre morì al San Raffaele. Dal balcone della corsia in cui era ricoverato vedevo davanti a me Via delle Olgettine.
[…]
Come vi è venuto in mente di fare del necrologio un metalinguaggio?
CA: Sono tre anni che ne facciamo. I primi, sinceramente commossi, erano per persone care.
Enzo Mari, Lea Vergine. Ora sono più di quaranta.
LG: L’ultimo, finora, per l’amica Glenda Jackson. Piccolo, può essere passato inosservato. La lunghezza costa.
CA: Su senso e lunghezza il maestro è Gianni Letta. Due o tre righe in cui dice tutto di sé.
Se voi non scrivete, vuol dire che il morto non conta niente.
CA: No, è che pian piano ci siamo accorti che in questo anfratto del giornalismo, peraltro molto curato, esisteva uno spazio da occupare. I necrologi sono social media a pagamento: la grande borghesia italiana, in particolare quella milanese sul Corriere, vi espone le proprie frequentazioni. La formalità sociale delle condoglianze offre una zona penetrabile, se vuoi dire cose pregnanti.
Restando però nella zona di confine dove chi vuol capire capisca.
LG: Scriviamo sull’onda emotiva della notizia, di solito è buona la prima. Abbiamo deciso che faremo solo due coccodrilli, uno per me e uno per Carlo. E li cofirmeremo, a dispetto di chi tra noi se ne sarà andato.
Oggi Raffaella Carrà avrebbe compiuto 80 anni. Nel necrologio per lei parlaste di quando vi insegnò il corretto modo di fare le corna.
LG: A Sanremo 2001, che la Carrà presentava. Avevo diretto il video di Luce della vincitrice Elisa, di cui Carlo era discografico. Raffaella l’aveva sfangata malgrado tutti avessero criticato il suo Festival. Facemmo le corna verso l’alto e lei ci girò i polsi in giù: “ricordate, l’energia negativa va sempre scaricata a terra!”.