MA NON È CHE TRUMP AVEVA RAGIONE SU TIKTOK? - LE NUOVE POLITICHE SULLA PRIVACY DEL SOCIAL MEDIA CINESE, CHE CONSENTONO AI DIPENDENTI DI ACCEDERE AI DATI DEGLI UTENTI EUROPEI, FANNO PENSARE CHE LA PIATTAFORMA STIA "SPIANDO" I SUOI ISCRITTI - NEL 2020 L'EX PRESIDENTE AMERICANO AVEVA VIETATO LE TRANSAZIONI STATUNITENSI CON TIKTOK, SPINGENDO AFFINCHÉ LA SOCIETÀ FOSSE ACQUISTATA DA MICROSOFT, MA POI BIDEN…

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Stefano Graziosi per “La Verità”

 

Notizie preoccupanti arrivano a TikTok. Secondo quanto riportato dal Guardian, la società cinese sta aggiornando le sue politiche in materia di privacy, per consentire ai propri dipendenti di accedere ai dati degli utenti europei anche fuori dal Vecchio continente. In particolare, tra i Paesi citati figurano Brasile, Canada e Israele, Stati Uniti, Singapore e la stessa Cina.

 

«Sulla base di una dimostrata necessità di svolgere il proprio lavoro, soggetti a una serie di solidi controlli di sicurezza e protocolli di approvazione, e tramite metodi riconosciuti dal Gdpr (il Regolamento generale sulla protezione dei dati, ndr.), consentiamo ad alcuni dipendenti all'interno del nostro gruppo aziendale con sede in Brasile, Canada, Cina, Israele, Giappone, Malesia, Filippine, Singapore, Corea del Sud e Stati Uniti, l'accesso remoto ai dati degli utenti europei di TikTok», ha dichiarato Elaine Fox, responsabile per la privacy di Tiktok in Europa.

 

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Ora, quanto sta accadendo fa riaffiorare preoccupazioni mai realmente sopite sui controversi comportamenti della Repubblica popolare cinese. Nel 2020 l'allora presidente americano, Donald Trump, aveva firmato degli ordini esecutivi per vietare le transazioni statunitensi con TikTok, spingendo inoltre affinché la società fosse acquistata da Microsoft. Nel giugno dell'anno scorso, Joe Biden ha revocato il divieto, ordinando tuttavia al Dipartimento del Commercio di indagare sulla possibilità che la piattaforma ponga dei rischi per la sicurezza nazionale statunitense.

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In un simile quadro, a inizio luglio, la società aveva spedito una lettera ad alcuni senatori del Partito repubblicano, assicurando che stava lavorando a un accordo con l'amministrazione Biden per «proteggere completamente i dati degli utenti e gli interessi di sicurezza nazionale degli Stati Uniti».

 

In tutto questo, a metà luglio, due deputati repubblicani, James Comer e Cathy McMorris Rodgers, avevano inviato a loro volta una lettera alla società. «Scriviamo per richiedere documenti e informazioni sui recenti rapporti secondo cui TikTok consente ai dipendenti della sua società madre con sede in Cina, ByteDance, di accedere a dati degli utenti statunitensi non pubblici, contrariamente alle precedenti smentite dell'azienda».

 

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«Se fosse vero, non solo TikTok ha rappresentato male o fornito false testimonianze sulla sua gestione dei dati e sulle pratiche di sicurezza, ma ha messo a repentaglio la sicurezza e la privacy di milioni di cittadini statunitensi», proseguiva la missiva.

 

Il nodo assume, ovviamente, una rilevanza di natura geopolitica che chiama in causa i rapporti dell'Occidente con il Partito comunista cinese: in particolare, si teme che possano esserci degli intenti di carattere spionistico. In tal senso, preoccupazioni sono state espresse anche dai legislatori britannici.

 

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Lo scorso agosto è stato, non a caso, chiuso l'account TikTok del Parlamento del Regno Unito. Tutto questo, mentre l'app è finita sotto la lente di ingrandimento della commissione irlandese per la protezione dei dati. La situazione resta quindi piuttosto complessa, mentre si attendono nuovi sviluppi. Va da sé che questo dossier si somma a quelli (già numerosi) che costellano il difficile rapporto tra l'Occidente e il Dragone. Un fattore, questo, che avrà ripercussioni soprattutto sulle turbolente relazioni che intercorrono tra Washington e Pechino.