LA MALASANITÀ UCCIDE – A CAUSA DELLE LUNGHE LISTE DI ATTESA NEGLI OSPEDALI, DUE MILIONI DI PAZIENTI HANNO RISCHIATO DI SCOPRIRE TROPPO TARDI DI AVERE UN CANCRO E, ANCHE DOPO LA DIAGNOSI, HANNO DOVUTO “COMBATTERE” CON LE STRUTTURE PUBBLICHE PER OTTENERE LE CURE - I PAZIENTI CHE NON POSSONO PERMETTERSI DI PAGARE UNA VISITA ONCOLOGICA PRIVATA DEVONO ASPETTARE MESI PRIMA DI ESSERE SOTTOPOSTI AI CONTROLLI NEGLI OSPEDALI PUBBLICI...
-Estratto dell’articolo di Paolo Russo per “la Stampa”
[…] Ancora troppo devono invece aspettare i pazienti che non hanno la possibilità di ricorrere al privato per accorciare le liste d'attesa, che arrivano a due anni per una mammografia, uno per una tac, sei mesi per una risonanza. Tempi sempre più lunghi perché a causa della pandemia nel 2020 sono saltati due milioni e mezzo di screening oncologici.
Che si sono tradotti poi in altri ritardi di 5 mesi per i test del tumore al collo dell'utero, quattro e mezzo per quelli della mammella e 5 mesi e mezzo per il colorettale. Un tempo sospeso che secondo l'Osservatorio nazionale screening sarà la causa di oltre 3.300 carcinomi mammari, 2.700 lesioni cervicali, quasi 1.300 carcinomi colorettali e oltre 7.400 adenomi avanzati. Tutti tumori non intercettati a causa dei mancati appuntamenti con gli screening. Non solo per colpa del Covid, perché le liste d'attesa erano già insostenibili prima della pandemia. […]
Se circa due milioni e mezzo di italiani hanno rischiato di scoprire tardi di avere un cancro causa i tempi lunghi per ottenere un esame diagnostico o anche una semplice visita oncologica (fino a sei mesi di attesa per un appuntamento), anche una volta scoperto di avere un carcinoma la strada continua ad essere in salita. Perché per accedere alle cure dopo una diagnosi di tumore si arriva ad attendere più di 30 giorni prima di accedere alle cure.
È quello che succede al 25% dei malati secondo un'indagine presentata lo scorso anno da Cittadinanzattiva. Solo il 22% viene poi instradato in un percorso terapeutico assistenziale, che significa poi essere presi a tutto tondo in carico da una struttura pubblica, che pianifica terapie ed accertamenti senza lasciarci in balia delle telefonate al centro prenotazioni.
Oltre il 73% poi non ha ricevuto alcuna informazione circa la possibilità di eseguire a carico della propria regione un test genomico, essenziale per personalizzare le cure o evitare, quando è possibile, la chemioterapia. Tra chi lo ha fatto solo il 15% è riuscito comunque ad avere il rimborso.
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