MAMMA LI CURDI: L'ATTENTATO DI ANKARA COMPLICA IL PIANO DI ERDOGAN PER RESTARE AL POTERE – L’ASSALTO ALLA SEDE DELL’INDUSTRIA AEROSPAZIALE TURCA, IN CUI SONO MORTE 5 PERSONE, È STATO COMPIUTO DA UN COMMANDO DEL PKK, IL PARTITO DEI LAVORATORI DEL KURDISTAN – L’AZIONE ARRIVA NEL MEZZO DELLE TRATTATIVE TRA IL GOVERNO E ABDULLAH OCALAN, IL LEADER DEL PKK, CHE DAL CARCERE HA EVOCATO LA FINE DELLA LOTTA ARMATA (PROBABILMENTE IN CAMBIO DELLA SUA LIBERTA’) – ERDOGAN PUNTA ALL’APPOGGIO DEI CURDI PER MODIFICARE LA COSTITUZIONE E POTERSI CANDIDARE ANCHE NEL 2028. MA ORA…
-LA TURCHIA IDENTIFICA UN ATTENTATORE COME MEMBRO DEL PKK
(ANSA) - Uno degli attentatori che ha partecipato ieri all'attacco contro la sede del'Industria Aerospaziale, vicino ad Ankara, era un membro del Pkk. Lo ha annunciato il ministro dell'Interno, Ali Yerlikaya, facendo sapere che è stata completata l'identificazione del corpo, dopo che l'uomo è stato ucciso durante l'attacco, che ha provocato la morte di 5 persone.
"È stato determinato che il traditore era Ali Orek, nome in codice Rojger, un membro dell'organizzazione terroristica Pkk", ha scritto su X Yerlikaya, in riferimento al Partito dei Lavoratori del Kurdistan. "Proseguono gli sforzi per identificare l'altra terrorista", ha aggiunto.
TURCHIA: OCALAN, POSSIBILE LA FINE DELLA LOTTA ARMATA
(ANSA) - Il leader del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk), Abdullah Ocalan, ha fatto riferimento a un possibile abbandono della lotta armata da parte del suo gruppo, da 40 anni in conflitto con l'esercito turco.
"Se ci sono le giuste condizioni, ho il potere teorico e pratico per spostare questo processo dal terreno del conflitto e della violenza al terreno legale e politico", ha affermato Ocalan, come riferiscono vari media turchi, in un messaggio affidato a un deputato del partito filocurdo Dem, e parente, che lo ha visitato ieri nel carcere sull'isola di Imrali, a sud di Istanbul, dove è rinchiuso dal 1999 per l'ergastolo.
LE BOMBE CHE STOPPANO IL PATTO SEGRETO CON OCALAN SUL FUTURO DI ERDOGAN
Estratto dell’articolo di Gabriella Colarusso per “la Repubblica”
Il presidente turco Erdogan era volato in Russia, a Kazan, per incassare i dividendi del suo equilibrismo politico, broker astuto tra Occidente e Oriente, ideologico o pragmatico a seconda della bisogna: l’obiettivo è entrare nei Brics, assicurando capitali cinesi alla affaticata economia turca, ma senza perdere la centralità di alleato Nato.
Grande mediatore nel conflitto Russia-Ucraina, si è ritrovato con la guerra in casa, d’improvviso un leader esposto a choc interni sulla questione che ha segnato tutta la sua lunga carriera politica: la guerra e la pace con i curdi.
In un’altra Kazan, quartiere operaio alla periferia Nord della capitale Ankara, un commando del Pkk, il partito dei lavoratori del Kurdistan – ha confermato il ministro della Difesa Yasar Güler – dava l’assalto al gioiello dell’industria bellica turca, la Tusas, che produce aerei da combattimento e droni usati dalla Turchia anche contro le postazioni del gruppo armato in Siria e nel Nord dell’Iraq.
[…] A ottobre dello scorso anno i curdi accusarono l’esercito turco di aver usato armi chimiche contro un loro campo nel nord dell’Iraq. I raid sono frequenti, assidui al punto da aver spinto i militanti a una resistenza sotterranea, nei tunnel, come quella di Hamas a Gaza, con cittadelle scavate nella roccia delle montagne irachene.
Il Pkk, considerato un’organizzazione terroristica dalla Turchia, dagli Stati Uniti e dall’Unione europea, è in guerra da 40 anni con lo stato turco. Agli inizi della sua carriera, tra il 2005 e il 2009, Erdogan provò prima a far entrare la Turchia in Europa e poi a negoziare la pace con il Partito dei lavoratori del Kurdistan. Entrambe le trattative fallirono, e lui scelse il pugno duro con i curdi cercando alleanze a Oriente.
Ma proprio due giorni fa c’era stata una improvvisa, apparente svolta nelle posizioni della coalizione di governo guidata dal Rais. Il suo alleato nazionalista, Devlet Bahceli, ha evocato un possibile discorso al Parlamento di Abdullah Ocalan, il leader del Pkk in carcere dal 1999, in cui avrebbe dovuto dichiarare l’abolizione del Pkk e la fine della lotta armata, ottenendo in cambio la libertà.
[…] da settimane si parla di contatti segreti e indiretti con i curdi e con Ocalan, per i quali avrebbe fatto da tramite anche un parlamentare dell’altra forza politica curda - il pacifista Partito democratico dei popoli (Hdp) - condannata anche dalla Corte europea dei diritti umani e il cui leader Selahattin Demirtas è in carcere con una sentenza monstre di 42 anni.
L’Hpd ha smentito, ma la strategia del duo Erdogan-Bahceli è chiara: cercare un accordo rapido con il Pkk per ottenere l’appoggio dei curdi a una modifica costituzionale che consenta a Erdogan di restare al potere. Il presidente turco infatti non può candidarsi alle prossime elezioni presidenziali del 2028. Ha due opzioni: cambiare la costituzione o far chiedere al Parlamento elezioni anticipate, ma non ha abbastanza voti per fare nessuna delle due cose.
[…] E così «Erdogan sta cercando una soluzione diretta in modo che il partito curdo possa sostenere i suoi sforzi per rimanere al potere a vita ma dubito che funzionerà», osserva l’analista Gonul Tol. Dopo l’ultima elezione vinta di misura e con il Paese spaccato, Erdogan guida un governo bloccato, che non è riuscito a risanare l’economia e a fare fronte a disoccupazione e criminalità crescenti, con una crisi migratoria aggravata ora dal conflitto in Libano e tutto questo mentre la classe intellettuale e imprenditoriale turca ha sempre meno fiducia nel funzionamento delle istituzioni.
La carta Ocalan potrebbe dare al presidente la possibilità di chiudere un conflitto storico aprendogli le porte per un altro mandato, sebbene Demirtas, che è il vero protagonista della politica curda in Turchia - l’Hdp è il terzo partito in Parlamento - resta in prigione. Dalla Kazan turca ieri è arrivato un messaggio che sarà possibile decifrare a pieno solo nelle prossime settimane e dirà se Erdogan ha qualche possibilità di intestarsi un accordo storico o se sceglierà la via della forza, chiamando il Paese all’unità contro il terrorismo.