UNA MINORANZA MOLTO RUMOROSA - LE PERSONE TRANSGENDER SONO TRA LO 0,5 E L'1,2% DELLA POPOLAZIONE, IN ITALIA 400 MILA PERSONE - MA DIETRO ALLA LOTTA DEI DIRITTI TRANSGENDER C'E' UN COMPLESSO AZIENDALE MULTIMILIARDARIO CON A CAPO MOLTI “RICCHI MASCHI BIANCHI” (CONSIDERATI IL NEMICO DAGLI ESTREMISTI DEL POLITICALLY CORRECT) – TRA LE AZIENDE CHE HANNO SPOSATO LA CAUSA CI SONO…

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Francesco Borgonovo per "la Verità"

TRANSGENDER

 

All' inizio del 2020, l' Università di Firenze, l' azienda ospedaliera Careggi, la fondazione The bridge, l' Osservatorio nazionale sull' identità di genere e l' Istituto superiore di sanità hanno dato il via a un' indagine chiamata Spot, cioè «Stima della popolazione transgender adulta in Italia». A che cosa serve la ricerca? Ovvio: a fare un censimento dei trans sul territorio italiano, perché ad oggi non sappiamo esattamente quante siano le persone che hanno modificato il proprio genere o sono in procinto di farlo.

 

Nel presentare l' indagine, Marina Pierdominici dell' Istituto superiore di sanità, parlando con Repubblica, azzardò una stima: «I dati della letteratura scientifica internazionale suggeriscono che la percentuale di popolazione transgender dovrebbe essere compresa tra lo 0,5 e l' 1,2% del totale. Se confermata anche nel nostro Paese, conterebbe circa 400.000 italiani».

 

attivisti lgbt

I numeri sono in aumento, soprattutto per quel che riguarda i minorenni, ma parliamo ancora di percentuali piuttosto basse. Viene da chiedersi, allora, come mai la causa trans goda di così tanta pubblicità a livello mediatico e ottenga tanto spazio nel mondo dell' intrattenimento, soprattutto quello di marca statunitense. Chiaro: una fetta di popolazione, per quanto esigua sia, ha comunque diritto a essere rappresentata.

 

Però qui si parla addirittura di approvare una legge che, come prima cosa, prevede l'autodeterminazione dell' identità di genere, idea carissima ai movimenti trans ma avversata da molti sia a destra sia a sinistra.

 

diritti transgender 1

Ci si domanda allora come sia stato possibile che temi come quello del «gender Id» siano diventati centrali nel dibattito pubblico nonostante l' evidente marginalità sul piano statistico (la quale permetterebbe, per giunta, di seguire adeguatamente e con rispetto ogni singola situazione, senza bisogno di nuove norme che impongano discutibili decostruzioni della natura umana).

 

Il ruolo di Stonewall

moti stonewall 2

La prima organizzazione a compiere un massiccio investimento sulla promozione delle istanze trans è stata la britannica Stonewall, una delle più grandi in Europa.

 

Proprio in questi giorni la Commissione per l' uguaglianza e i diritti umani (Ehrc) britannica - finanziata con denaro pubblico - ha cancellato la sua adesione al programma «Diversity champions» di Stonewall. Il motivo ufficiale è il cattivo rapporto qualità-prezzo del servizio, in realtà dietro la rottura ci sono tensioni legate soprattutto alle questioni trans, dato che Stonewall ha pubblicamente criticato l' Ehrc per il suo presunto scarso impegno sui diritti transgender.

 

diversity champions stonewall

Attualmente del programma «Diversity champions» fanno parte circa 850 aziende e istituzioni: Stonewall (dietro pagamento di una quota) offre loro consigli su come «gestire le diversità», poi emette una sorta di bollino arcobaleno. Iniziative come queste hanno contribuito a creare un patrimonio di circa 8 milioni di sterline.

 

L' associazione britannica, che dalla nascita nel 1989 si è occupata per lo più di gay e lesbiche, ha iniziato a spingere sui temi trans dopo il 2013, cioè l' anno in cui nel Regno Unito sono state approvate le unioni omosessuali.

 

stonewall trans

Come ha scritto Jo Bartosch su Spiked, «quando Ruth Hunt è stata nominata Ceo di Stonewall nel 2014, si è trovata a capo di un ente di beneficenza ricco di personale e denaro ma improvvisamente privo di una causa. Hunt ha trovato la nuova causa - e i donatori - grazie alla "lotta" per i diritti dei trans».

 

Ecco una prima risposta al quesito iniziale: la causa trans crea nuovi spazi per associazioni Lgbt molto influenti che rischiavano di esaurire, almeno in parte, la propria funzione. Queste associazioni, sostenute pure da soldi pubblici (come nel caso della britannica Mermaids che si occupa di ragazzini con varianza di genere), hanno conquistato negli anni un forte peso mediatico e politico, e lo sfruttano con furbizia e un pizzico di cinismo.

 

Il miliardario George Soros

Ma dietro l' exploit trans non ci sono soltanto associazioni Lgbt particolarmente scaltre. Ci sono anche organizzazioni dotate di notevole potere economico, ad esempio la solita Open society foundations di George Soros.

 

Kelly Riddell Sadler - giornalista, già consulente per la comunicazione di Donald Trump alla Casa Bianca - calcolò che tra il 2013 e il 2016 Soros avesse finanziato associazioni come la Gay straight alliance (100.000 dollari nel solo 2013) o la Gate (Global action for trans equality, 244.000 dollari nello stesso periodo).

 

SOROS OPEN SOCIETY

Tutto alla luce del sole, ovviamente. Del resto basta farsi un giro sul sito di Open society per trovare più di un articolo in cui si sostiene che è tempo di «dare all' attivismo trans il supporto di cui ha bisogno». Come farlo? Ad esempio sostenendo iniziative come l' International trans fund, che riunisce attivisti da tutto il mondo.

 

La svolta improvvisa

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Le sigle arcobaleno hanno cominciato a ottenere maggiori donazioni già all' inizio degli anni Duemila. Ma se fino al 2013/2014 - lo scrive sempre Open society - le associazioni trans potevano contare su budget che in media si aggiravano intorno ai 10.000 dollari l' anno, da quel momento le cose hanno iniziato a cambiare. E se la situazione è mutata lo si deve molto all' attività di Arcus, una Ong fondata e curata da Jon Stryker, ricco magnate dell' industria sanitaria.

 

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Come ha documentato la giornalista e attivista Jennifer Bilek (i cui articoli sono stati ben sintetizzati da Feministpost.it), «tra il 2016 e l' aprile 2021 Arcus ha investito quasi 74 milioni di dollari in promozione della giustizia sociale. La maggior parte dei suoi beneficiari avevano a che vedere con l' ideologia dell' identità di genere».

 

Arcus è stata una delle principali promotrici della causa trans a livello globale. Finanzia associazioni Lgbt storiche e potenti come Ilga (una sorta di sigla ombrello che riunisce tantissimi gruppi arcobaleno di tutto il mondo), la quale guarda caso ha da poco espulso dalla sezione europea le femministe di Arcilesbica, considerate «trans escludenti».

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Arcus ha sovvenzionato anche la britannica Stonewall: ben 142.000 dollari versati «appena prima che ampliasse il suo mandato per coprire le questioni transgender». Nel 2013, Arcus ha scelto come direttore del programma internazionale per i diritti umani Adrian Coman, proveniente dalla Open society foundations.

 

Nel 2015, invece, la Arcus ha raccolto 20 milioni di dollari per la New global trans initiative in collaborazione con una fondazione chiamata Novo, che si occupa anche di sostenere Black lives matter e altri movimenti analoghi.

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Sapete chi l' ha fondata? Peter Buffett, figlio di Warren Buffett.

 

Secondo Jennifer Bilek, dietro l' esplosione delle istanze trans ci sarebbero principalmente «uomini, bianchi, estremamente ricchi e con un' enorme influenza culturale», tra cui il già citato Soros, Jennifer Pritzker (imprenditore trans con un patrimonio da due miliardi di dollari circa); l' attivista, imprenditrice e transumanista orgogliosa Martine Rothblatt, l' imprenditore Tim Gill (il primo gay dichiarato nella lista dei 400 ricchissimi di Forbes). In effetti, tutti costoro risultano finanziare e spalleggiare a vario titolo i movimenti transgender.

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Le grandi corporation

Non sono i soli. La causa trans gode del sostegno, se non altro mediatico, di alcune tra le più grandi aziende del mondo. Nel settembre 2020, Stonewall ha organizzato un grande evento a sostegno della causa trans intitolato «Trans rights are human rights».

 

Lo hanno sostenuto 136 grandi aziende tra cui Amazon, Aviva, Citi, Google, Deliveroo, Deloitte, Microsoft, JP Morgan, Disney, Visa, P&G, Zurich All' inizio di maggio, un altro centinaio di corporation hanno firmato un documento di protesta contro gli Stati americani che avevano approvato leggi «anti Lgbtq», con particolare attenzione alle norme riguardanti «i giovani transgender».

 

In sostanza queste aziende (così spiegano in una dichiarazione congiunta) si sono schierate politicamente per bloccare «le leggi che influenzerebbero l' accesso alle cure mediche per le persone transgender, i diritti dei genitori, i servizi sociali e familiari, gli sport studenteschi o l' accesso a strutture pubbliche come i bagni».

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Tra queste ci sono Apple, Airbnb, Dell, Facebook, Hilton, Ibm, Ikea, Nike, Pepsi, Pfizer, Uber, Unilever, Wells FargoNulla di illegale. E nessun complotto, per carità. Però quando si parla di persecuzioni, discriminazioni e ingiustizie, beh, forse conviene un po' abbassare i toni.