Davide Frattini per il Corriere della Sera - Estratti
La gigantografia sul grattacielo a Times Square invoca l’intervento della sceicca Moza, protettrice delle belle arti a Doha, e anche degli israeliani ancora tenuti a Gaza nella speranza degli attivisti che hanno pagato lo spazio pubblicitario. La madre dell’emiro Tamim bin Hamad al-Thani di sicuro non partecipa ai negoziati, ma nella famiglia reale è quella più attenta alle apparenze sulla scena globale.
Le trattative vanno avanti e una delegazione guidata da Ismail Haniyeh, il leader che vive all’estero negli agi offerti dal Qatar, è arrivata al Cairo, anche se una fonte nell’organizzazione avverte subito «di non aspettarsi una svolta». Le distanze restano troppo grandi, mentre le truppe israeliane riducono quelle con Rafah e i chilometri quadrati della Striscia verso il confine con l’Egitto.
Yahya Sinwar in fuga nei tunnel di hamas
Gli ultimi riservisti sono stati ritirati da Gaza, il segnale che lo stato maggiore si prepara a terminare l’offensiva a Khan Younis. Da dove — scrive il giornale digitale saudita Elaph — sarebbe fuggito Yahya Sinwar dall’altra parte della frontiera assieme al fratello Mohammed attraverso i tunnel. Nel Sinai egiziano il pianificatore dei massacri del 7 ottobre avrebbe portato con sé alcuni ostaggi.
Quelle aree della penisola sono state militarizzate dal presidente Abdel Fattah Al Sisi fin dal 2014 e sembra improbabile che il capo di Hamas possa evadere i controlli dell’esercito e soprattutto molto improbabile che gli egiziani trattengano gli eventuali rapiti.
Gli Stati Uniti hanno per la terza volta posto il veto a una proposta di cessate il fuoco, al giorno 137 di conflitto, presentata dall’Algeria al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. «Avrebbe messo a rischio la mediazione adesso che il nostro inviato Brett McGurk sta tornando nella regione», commenta John Kirby, il portavoce del consiglio per la Sicurezza nazionale alla Casa Bianca.
Gli americani restano i più ottimisti sulla possibilità di un accordo per una pausa nei combattimenti e lo scambio tra il centinaio di ostaggi ancora in vita e detenuti palestinesi. Sono ottimisti anche sul fronte nord — «non prevediamo uno scontro totale con l’Hezbollah libanese — mentre gli Houthi continuano dallo Yemen gli attacchi contro i mercantili internazionali.
Nel governo israeliano alcuni ministri sono ancora più intransigenti del premier Benjamin Netanyahu sull’eventualità di un’intesa con Hamas: «Riportare a casa i rapiti, non è l’obiettivo più importante dell’operazione militare», proclama Bezalel Smotrich, ministro della Finanze e ultrà della destra messianica
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