MOLTI FURTI, MOLTO ONORE - RAID, SEGRETI, REGOLE MILITARI DELLA BANDA DI GEORGIANI CHE SVALIGIAVANO LE CASE DEL NORD ITALIA - LA LORO BASE ERA A REGGIO EMILIA - RIUSCIVANO A SCASSINARE LE SERRATURE IN MODO "INVISIBILE" E PER CAPIRE SE GLI APPARTAMENTI ERANO INCUSTODITI METTEVANO SOTTILI FILI DI COLLA ALL'USCIO - UNO DEI CAPI RIMPROVERO' UN SOTTOPOSTO PER AVER RUBATO IL SALVADANAIO DI UN BIMBO: "DOBBIAMO ESSERE AUTOREVOLI"
-Alessandro Fulloni per il "Corriere della Sera"
Banditi georgiani con uno strano «dna» plasmato tra le ruvidezze dell'ex Unione Sovietica e composto da metodicità e persino una specie di rigore (criminale), con codici comportamentali che ruotavano attorno a questa parola - «autorevolezza» - ascoltata spesso nelle intercettazioni. Come base operativa, la città di Reggio Emilia, definita più volte - sempre nell'ascolto fatto dagli investigatori - «la nostra patria».
Tutti erano dediti a un'unica attività criminale: quella del furto in casa. Ma condotto con serialità e maniacale scrupolosità, badando a non lasciare tracce, a partire dalla serratura dell'uscio spesso scassinata senza che nemmeno il proprietario dell'abitazione se ne accorgesse.
È il quadro che emerge da una monumentale indagine condotta dalla Squadra mobile di Reggio che ha portato all' arresto di 62 persone, tra cui cinque donne. I fermi (quasi tutti per associazione a delinquere finalizzata al furto) sono stati condotti anche in Francia e Spagna in collaborazione con l'Interpol.
Nelle carte giudiziarie si racconta di razzie avvenute soprattutto nell'Italia del nord, Modena, Piacenza, Ravenna, Padova, Genova, Bologna. Oltre cento i colpi messi a segno a partire dal 2016 da ladri «criminologicamente unici nel loro genere».
Così li definisce il procuratore di Reggio Marco Mescolini, parlando di «clan verticistici strutturati nelle prigioni staliniane ed esplosi dopo il crollo dell'Unione Sovietica. In avversione alle pene pesantissime inflitte per reati minori hanno dato vita a un codice d'onore tutto loro nel quale primeggia il furto, attività di culto».
Nelle intercettazioni compare spesso la frase «dobbiamo essere autorevoli» e c'è uno dei capi che rimprovera un sottoposto per aver rubato anche il salvadanaio di un bimbo. E ancora: vietato sposarsi per non mettere a repentaglio i segreti della banda e meglio evitare, in caso di controversie, di «picchiarsi dando nell'occhio davanti a persone o telecamere».
L'imperativo per tutti era quello di tenere un «basso profilo», mimetizzandosi - con impieghi stabili, lavorando per esempio come operai, colf, badanti - tra i circa mille georgiani della comunità che vive nella cittadina emiliana.
I corsi di aggiornamento erano continui. Come insegnanti c'erano i ladri più esperti che, manuali e schede alla mano, «spiegavano come clonare chiavi e aprire casseforti senza lasciare tracce» raccontano Giuseppe Ferrari e Guglielmo Battisti, questore e capo della squadra mobile di Reggio Emilia.
Un clan di sette ucraini, anche loro in manette, provvedeva a fornire i canali per il riciclaggio del bottino - «impossibile da stimare, è come se fosse sparita un'immensa gioielleria» dicono gli investigatori - che in genere finiva all'Est. Molti della banda avevano doppie identità con cui da tempo vivevano in Italia usando passaporti, patenti e documenti falsi nelle normali pratiche amministrative e persino nelle assunzioni.
Gli appartamenti da svaligiare erano scelti con cura, dopo accurati sopralluoghi condotti tramite la «tecnica della colla», quella mostrata dai filmati allegati agli atti dell'inchiesta. Si vedono i ladri fissare sulle porte d'ingresso sottili fili di colla o delle cartine. «In questo modo, tornando sul posto e trovando il filo intatto, potevano esser certi che i proprietari dell'appartamento fossero via, in vacanza» spiegano Ferrari e Battisti.
I due poliziotti ora suggeriscono anche alcuni consigli utili per trincerarsi davanti a questi furti. Il primo è appunto quello di controllare l'uscio, prima di entrare in casa. «Se dallo stipite cadono cartine mai viste o se sullo zerbino si vedono gomme da masticare, polveri, filamenti collosi è il segno che un malintenzionato può aver fatto una verifica».
Poi le «difese passive» come «porte blindate e antifurti». Non fornire «indicazioni su viaggi e vacanze serve di certo» e in caso di partenze «è importante chiedere a familiari e persone di fiducia di passare a casa, dando l'impressione che non sia vuota».
Per il questore resta però decisiva la chiamata al 112 in caso di sospetti: «In quest'indagine sono stati importanti i controlli attivati dopo che in un palazzo ci hanno detto del passaggio insolito di gente mai vista».