LE MONTAGNE RUSSE? SONO ITALIANE! – IL “GRUPPO ZAMPERLA”, FONDATO NEL DOPOGUERRA IN VENETO, È TRA I PRIMI PRODUTTORI DI GIOSTRE AL MONDO. È A LORO CHE SI DEVE LA “RISTRUTTURAZIONE” DEL PARCO DIVERTIMENTI DI CONEY ISLAND, A NEW YORK, IN MENO DI 100 GIORNI – IL GIRO D’AFFARI È ENORME: UN PARCO “DISNEY” ACCOGLIE PIÙ DI 170 MILIONI DI PERSONE L’ANNO….

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Estratto dell’articolo di Marianna Rizzini per “il Foglio”

 

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L’ex attrice che lavora come cameriera in un piccolo ristorante scalcinato si aggira per Coney Island con gli occhi rivolti verso le luci grandiose delle giostre, inseguendo sogni impossibili e speranze troppo belle per poter davvero fiorire, e intanto guarda la “ruota delle meraviglie”, il cerchio magico dai colori fané simbolo e titolo del film in cui Woody Allen, nel 2017, porta una straordinaria Kate Winslet sull’orlo del viale del tramonto, della follia e della rinascita.

 

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La ruota gira, non soltanto metaforicamente, nelle vite dei quattro protagonisti del film, tra un mare dall’azzurro emaciato, i palloncini rosa, la postazione del bagnino e il vero parco giochi che dagli anni Cinquanta a oggi ha fatto un percorso a sé: prima un successo (la novità), poi il declino, infine la resurrezione del 2010, l’anno in cui una ditta italiana – la Zamperla group - The Amusement Rides Company, primi produttori mondiali di giostre – non ha fatto il miracolo in cento giorni. Poco più di tre mesi di lavoro a capofitto per ridare smalto e luce al luna park della costa di New York, racconta al Foglio l’ad e presidente del gruppo Antonio Zamperla, terza generazione alla guida dell’azienda di famiglia assieme al fratello Alessandro, sulle orme del padre e del nonno.

 

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[…] E in effetti la Zamperla group si è estesa in Slovacchia (60 persone), negli Stati Uniti (20 persone a New York), a Dubai, ad Abu Dhabi, nelle Filippine (120 persone), in Cina (20 persone), in Russia (tre persone ora ferme, vista la guerra). In ogni paese si sviluppa un aspetto della produzione e della commercializzazione, dalla parte meccanico-ingegneristica alle vendite al marketing alla progettazione-parchi anche per altri committenti.

 

E in ogni sede estera c’è un italiano che fa da “traduttore culturale”, dice Zamperla, “per portare la nostra visione di giostra e parco divertimenti in contesti ogni volta diversi, anche per aspetti apparentemente poco importanti ma che possono fare la differenza. Faccio un esempio: in Europa, dove la luce non è violenta, si prediligono per le giostre i colori pastello, mentre negli Stati Uniti, dove la luce è forte, spesso non filtrata dalle nuvole, si preferisce il rosso, il rosa acceso, il blu”.

 

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La cinepresa mentale di Antonio Zamperla corre al giorno in cui, tra due settimane, verrà dato l’annuncio della prossima “nascita” di una montagna russa altissima, rigorosamente collaudata dall’amministratore delegato in persona: “Il primo giro è sempre il mio, da quando ero bambino.

 

A parte che per gli standard di sicurezza, che sono ovviamente il primo pensiero e quindi sono oggetto di studi fatto a monte, io credo di dover essere il primo a salire su una mia giostra per poter restituire al gruppo un feedback sull’emozione che si prova. Solo così posso sapere se l’opera funzionerà. Il nostro compito è questo, io credo: ferme restando le difficoltà della vita che tutti abbiamo e che tutti incontriamo, chi come noi si occupa di industria del divertimento deve tenere presente l’importanza di un sorriso: quello che chi viene in un nostro luna park si porta a casa a fine giornata.

 

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[…] Il vero pioniere è stato infatti suo nonno, fondatore del gruppo che, da qualche parte lungo il Piave, nel secondo Dopoguerra, si era reso conto dell’enorme potenziale racchiuso in un allora piccolo investimento in quella che era la nascente industria del divertimento. “L’Italia si stava ricostruendo, e la spesa per il tempo libero è la prima voce una volta che sono stati soddisfatti i bisogni primari.

 

Questo il nonno lo aveva capito molto bene”, dice il nipote che oggi ricorda come una favola tramandata di generazione in generazione la piccola odissea veneta dell’avo che girava i paesi lungo il fiume con una prima, rudimentale giostra, procedendo per tentativi: dove c’era più richiesta ci si fermava di più, e così via via conoscendo avventori ma anche potenziali compratori di future giostre che nonno Zamperla comincia a produrre negli anni Sessanta, anni di boom e di parchi divertimenti che danno colore e forma alla voglia di leggerezza di una generazione nata con la guerra e cresciuta con la voglia di ricostruire.

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[…] Con il padre di Antonio si fa il passo successivo, quello dell’esportazione sul mercato estero, con un occhio alla dimensione della carpenteria pesante (settore montagne russe) e l’altro alla dimensione gestionale dei parchi, macchine complesse dove non si vende soltanto un giro “dalla terra alla luna”, magari a testa in giù, ma anche un’esperienza culinaria (ristoranti, bar, enoteche, bistrot che fioriscono accanto alle attrazioni) e commerciale (brand che si moltiplicano in collegamento con parchi tematici e relativo merchandising).

 

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“Se si pensa che un parco Disney accoglie più di centosettanta milioni di persone all’anno, ci si rende conto della vastità di opzioni per chi voglia investire nel campo”. E la Zamperla group investe ora in prospettiva, in direzione di un tipo di fruizione interattiva della giostra: “Chi sale su una giostra potrà sempre più creare una propria versione del viaggio metaforico, attraverso sensori e schermi con cui e su cui regolare velocità, temperatura, inclinazione, sfondo”, dice l’amministratore delegato, mettendo l’accento sulla nuova frontiera per i pionieri delle giostre: “Mi interessa capire come cambia la mentalità di chi sale su una giostra, e qual è l’emozione di volta in volta cercata”.

 

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Non c’è soltanto la ricerca della paura adrenalinica che porta chi abbia tredici o quattordici anni a desiderare, per una volta nella vita, quella sensazione bella e terrificante di trovarsi sospeso nel vuoto. C’è anche l’idea di superare un limite o di dare spazio a un altro lato di sé, magari quello meno razionale, in una terza dimensione sospesa tra virtuale (lo schermo) e reale (il vagoncino delle montagne russe). Ed è così che un progettista di giostre deve farsi anche un po’ psicologo e un po’ precursore di mode, pensieri, convinzioni, tendenze, stress e soluzioni, in un viaggio indietro nel tempo, verso epoche di esplorazione spesso ricreate dalle quinte di un luna park, e in un futuro in cui l’intelligenza artificiale parla già a chi si occupa di giostre, con materiali dai nomi astrusi per i neofiti:

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alluminio aeronautico, carbonio strutturale, e sensori capaci di analizzare il battito cardiaco e le espressioni facciali per indovinare se ti stai divertendo o stai morendo di terrore, e in base a quelle informazioni modulare il girotondo verso il cielo. Ruota delle meraviglie nel verso senso della parola, la giostra del futuro che ha in mente Antonio Zamperla è anche “attrazione integrata”: la giostra che, come si diceva, può fondersi con un’altra senza soluzione di continuità. […]

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