MORIRE DIETRO LE SBARRE – LA PROCURA HA CHIESTO IL RINVIO A GIUDIZIO PER SILVANA SERGI, LA DIRETTRICE DEL CARCERE DI REGINA COELI DI ROMA DOVE SI È IMPICCATO IL 22ENNE VALERIO GUERRIERI: IL RAGAZZO ERA STATO CONDANNATO A QUATTRO MESI DI CARCERE PER RESISTENZA E LESIONI, MA CONTESTUALMENTE ERA ARRIVATO IL PROVVEDIMENTO DI REVOCA DELLA DETENZIONE PER TENDENZE SUICIDE – PER DIECI GIORNI IL PROVVEDIMENTO È RIMASTO DISATTESO E…
-Giulio De Santis per il “Corriere della Sera - ed. Roma”
Si è impiccato nella sua cella, dove si trovava «senza titolo» perché il giudice ne aveva disposto il trasferimento in una Rems in quanto soggetto a rischio suicidio. Di eseguire il provvedimento avrebbe dovuto occuparsi la direttrice del carcere di Regina Coeli, Silvana Sergi, per la quale la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio con l'accusa di morte come conseguenza di altro delitto, limitazione della libertà personale e omissione d'atti d'ufficio.
Le stesse accuse sono contestate a Grazia De Carli, dirigente dell'ufficio VI della direzione generale detenuti del Dap (dipartimento amministrazione penitenziaria). Anche per lei c'è la richiesta di rinvio a giudizio. In precedenza il pm aveva sollecitato l'archiviazione della posizione delle due imputate. Istanza respinta due volte dal gip che, nell'ottobre del 2020, ha ordinato l'imputazione coatta di entrambe.
La tragedia risale al 24 febbraio del 2017. Quello è il giorno in cui viene trovato morto con una corda al collo Valerio Guerrieri, 22 anni, condannato dieci giorni prima dal Tribunale a quattro mesi di carcere per resistenza e lesioni con rito abbreviato. Contestuale alla sentenza del 14 febbraio di quattro anni fa è il provvedimento di revoca della detenzione in carcere.
Decisione motivata dalle tendenze suicide riscontrate dal perito nominato dal giudice. Perché in quei dieci giorni il provvedimento sia rimasto disatteso, è l'interrogativo cui dovrà dare una risposta il gup ed eventualmente il Tribunale.
«Valerio era un ragazzo problematico. Ma se fosse rimasto in vita avrebbe potuto essere curato», dice l'avvocato Claudia Serafini, difensore fin dal 2014 di Guerrieri e ora legale della famiglia del ragazzo. Il coinvolgimento della direttrice del carcere è l'ultimo atto di un dramma che ha già coinvolto sette agenti della penitenziaria di Regina Coeli e un medico, accusati di omicidio colposo, per non aver effettuato i controlli previsti sul ragazzo sottoposto alla misura «della grande sorveglianza».
Nel 2016 Valerio, incappato in guai giudiziari fin da minorenne, viene arrestato per resistenza e lesioni. Durante il processo, il giudice Anna Maria Pazienza nomina un perito per sottoporre il giovane a una perizia psichiatrica. L'esito è chiaro: «Il paziente è ad alto rischio suicidario». La conclusione spinge in ogni modo il giudice a disporre, oltre alla condanna, il trasferimento in una rems. Il 14 febbraio, però, Valerio torna in carcere. Dove rimarrà «senza titolo» fino alla morte.