Da “il Venerdì - la Repubblica”
Non ho mai visto una partita di calcio e neppure mio marito ne ha una grande passione: cioè non è un tifoso, non va allo stadio da anni per orrore degli striscioni e degli insulti e, proprio se restiamo in casa, guarda le partite: non ha una squadra del cuore, forse perché abitando noi a Siena abbiamo tutti e due nel cuore una contrada, ognuno la sua, immagini gli scontri in famiglia.
Però siamo rimasti di sasso insieme leggendo di quel telecronista sportivo che si è ammattito per la presenza in campo di un' arbitra donna: io non so se sia una novità o no, ma esistono ancora persone che pensano che certi mestieri sono privilegio maschile, come un tempo il medico o il magistrato? Oggi le donne sono anche generali e primi ministri: soltanto il sacerdozio è ancora loro proibito, e su questo, avendone voglia, ci sarebbe da discutere.
Lettera non firmata
Risposta di Natalia Aspesi
Forse lo stadio è rimasto l'ultimo tempio davvero maschile, dove il maschio esprime la sua primordialità, la sua violenza, la sua guerra. Ovvio che non mancano le tifose, come abbondano le calciatrici, le prime hanno il diritto a essere una costola dei maschi di casa, le seconde di giocare tra loro in un clima che forse gli uomini sentono come domestico, conventuale, non loro. Un'altra cosa insomma.
Ma la villanata del povero telecronista offeso dall'invasore femmina è più che un insulto, è un grido di disperazione per aver perso anche l' ultimo spazio interdetto a un genere che nei secoli di spazi non ne aveva ed era un servizio come un altro, sesso, prole, lavoro domestico. Questo è un momento particolare, che ovviamente passerà. Ma nella frustrazione generale, le donne stanno tornando a essere un fastidio, una usurpazione di diritti. Si guardi attorno, la guerra contro le donne è ricominciata, e non solo negli stadi.