MORTE A CORSO FRANCIA – “PAOLO GENOVESE MI DISSE CHIARAMENTE CHE POTEVA INFLUIRE SULLA STAMPA” – LA MAMMA DI GAIA, LA RAGAZZINA ROMANA CHE NEL DICEMBRE 2019 INSIEME ALLA SUA COMPAGNA DI SCUOLA CAMILLA È STATA TRAVOLTA E UCCISA A CORSO FRANCIA DA UN SUV GUIDATO DAL FIGLIO DEL REGISTA, PARLA DEL DOCUFILM SULL’INCIDENTE: “LA FAMIGLIA GENOVESE È MOLTO POTENTE. QUESTO DOCU LO INFASTIDISCE PARECCHIO. GIÀ LA MATTINA DOPO L'INCIDENTE, I QUOTIDIANI SI SONO SCAGLIATI CONTRO LE NOSTRE RAGAZZE SOSTENENDO CHE ERANO UBRIACHE. ILLAZIONI CHE LE PERIZIE HANNO SMENTITO” - VIDEO
Estratto dell’articolo di Francesca D'angelo per “la Stampa”
Gabriella Saracino è la mamma di Gaia: la ragazzina romana che nel dicembre 2019, in una notte maledetta, ha perso la vita insieme alla sua compagna di scuola Camilla. A ucciderle è stato un Suv, guidato a tutta velocità, lungo corso Francia, da Pietro Genovese. Il figlio del noto regista le ha falciate, sotto l'effetto dell'alcol, senza fermarsi a soccorrerle ed è stato condannato a 5 anni e 4 mesi.
La giustizia ha fatto dunque il suo corso, ma il dolore no. Anche perché, di storie come queste, sono pieni i giornali. Così, a quattro anni di distanza, le madri di Gaia e Camilla hanno accettato di prendere parte a Morte a Corso Francia: l'ultima notte di Gaia e Camilla, il docu-film in onda lunedì e martedì alle 22.55 su Crime + Investigation .
Perché ha accettato questa docu?
«Negli ultimi anni si è decuplicato il numero dei ragazzi vittime di incidenti stradali. Vogliamo sensibilizzare i giovani e le loro famiglie: sono tragedie evitabili. Inoltre, per quanto mi riguarda, ci tenevo a fare chiarezza. Già la mattina dopo l'incidente, i quotidiani si sono scagliati contro le nostre ragazze sostenendo che erano ubriache, o che avevano scavalcato il guardrail. Tutte illazioni che le perizie hanno smentito».
Giornalisti sciacalli?
«Anche. Però, se devo dirla tutta, quel giorno Paolo Genovese mi disse chiaramente che poteva influire sulla stampa»
È ancora così, visto che alla presentazione della docu, i giornalisti erano pochissimi?
«Sì. Non dimentichiamo poi che 15 giorni fa è uscito il nuovo film di Genovese e questa settimana comincia uno spettacolo teatrale: la famiglia Genovese è molto potente, al di là del regista. Penso proprio che questa docu lo infastidisca parecchio».
Perché non lo avete coinvolto nel progetto?
«La produzione ha invitato tutta la sua famiglia, ma loro si sono rifiutati. Mi spiace molto perché sarebbe stato importante se qualcuno di loro avesse detto qualcosa, anzi, qualunque cosa: a discapito o a favore. Pietro tra l'altro non ha mai chiesto scusa a noi familiari. Invece hanno mandato solo un paio di righe scritte per precisare che le ragazze non sono morte per la velocità con cui guidava Pietro. Peccato non sia così: c'è tanto di perizia che dimostra che per un secondo e mezzo di differenza, le ragazze si sarebbero potute salvare».
Lei si è mai confrontata con Paolo Genovese?
«Ci siamo incontrati nel Natale 2021. Si scusò anche se, a modo suo, cercava di fare valere le proprie ragioni: ripeteva che Pietro è sempre stato sfortunato, che lui si assumeva la responsabilità di essere stato un padre assente e che sua moglie era molto fragile».
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Non credo che un carcere punitivo possa riportare sulla retta via un ragazzo che sta male, invaso da alcol, droga e rabbia. Al contempo non sono neanche felice che la condanna sia stata ridotta, e di molto. Il giudice chiese il massimo, ossia 12 anni, ma per via del rito abbreviato e della legge Cartabia, è scesa a 5 anni e 4 mesi. Pietro ha inoltre passato un anno e 7 mesi agli arresti domiciliari che però sono coincisi col lockdown, quando tutti eravamo bloccati a casa… e lui faceva pure i festini».
Sua figlia è morta, il suo ex marito è su una sedia a rotelle dopo un incidente in moto e lei lavora, da 21 anni, in Aci. Non si sente un po' presa in giro dal destino?
«No. Ho fede e sono convinta che c'è un disegno più grande per ognuno di noi».