NAPOLI, LA PIU’ MISTERIOSA DELLE CITTA’ - DAL MONACIELLO, SPIRITO DOMESTICO E DISPETTOSO, AL CULTO DEI MORTI, SOTTO IL VESUVIO IL SOPRANNATURALE E’ DI CASA - MARINO NIOLA: “NON SI TRATTA DI CREDENZE SUPERSTIZIOSE, MA DI QUALCOSA DI ETICAMENTE MOLTO PROFONDO. DI UNA NATURALITÀ DEL SOPRANNATURALE POSTA A FONDAMENTO DI UNA MORALE COLLETTIVA. È LA CAPITALE DELL'ALTRA EUROPA, QUELLA CHE IL LOGOS CARTESIANO NON PUÒ PENETRARE. E CHE FA CORTOCIRCUITARE ILLUMINISMO E BAROCCO, REALISMO E MAGIA, LITURGIA E OLEOGRAFIA. PER QUESTO NAPOLI È FACILE DA RICONOSCERE E DIFFICILE DA CONOSCERE”

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MARINO NIOLA

Marino Niola per “il Venerdì di Repubblica”

 

«Spiegaglielo tu che cosa è Napoli». È una parola, mi sono detto, quando due amici di lunga data come Paolo Sorrentino e sua moglie Daniela D'Antonio mi hanno chiesto di raccontare la città a un gruppo di giornalisti stranieri.

 

Arrivati qui lo scorso novembre su invito di Netflix per la première di È stata la mano di Dio, ora candidato agli Oscar come miglior film internazionale. Era uscito da poco un reportage sul quotidiano francese Le Figaro, infarcito dei soliti stereotipi che fanno incazzare tanto i napoletani. E lo spettro del misunderstanding era nell'aria. Soprattutto perché la pellicola attraversa temi che di solito confinano pericolosamente con il colore e con il folklore.

 

PRODIGIO DI SAN GENNARO

A cominciare da San Gennaro che gira in Rolls Royce e interviene nel quotidiano delle persone. Per finire con il monaciello, lo spirito domestico numinoso e dispettoso, a metà fra il genius loci e il demiurgo che snoda i fili delle vite. Poi la religione di Maradona, incarnazione suprema della mano di Dio. E ancora il mare, grande matrice amniotica e cartolina mitologica del golfo.

 

E infine, la pietà per i morti, che a Napoli prende la forma di una umanissima religione civile. Alimentata da un fitto e ininterrotto colloquio con i trapassati, che diventano spesso custodi delle sorti dei vivi, orientandone in un certo senso l'ethos e il pathos. Ecco perché nella complessa antropologia di Partenope, l'elaborazione del lutto si fonda su una vicinanza anche fisica con i defunti.

 

e’ stata la mano di dio.

Che fa da congedo e da viatico, trasformando il dolore in valore. E quando questa possibilità manca, allora pena si unisce a pena. La sofferenza dei viventi si riflette e si amplifica in quella di chi non c'è più.

 

E questo nodo che non si scioglie blocca i cammini dell'aldilà ma anche i destini dell'aldiquà. Come succede a Fabietto, il giovane protagonista del film, in realtà Sorrentino da ragazzo, cui viene impedito di vedere per l'ultima volta i genitori, vittime di un incidente domestico. E questo atto mancato, questo addio strozzato resta il suo grande dolore, il suo lutto in cerca di elaborazione.

MUNACIELLO

 

VELATAMENTE VANITOSA

Nella tradizione napoletana questa pietas ha dato vita ad autentici santuari della devozione popolare. Uno su tutti il Cimitero delle Fontanelle, un gigantesco ossario nello storico rione Sanità, dove sono raccolti migliaia di crani identificati con le anime di persone morte di morte violenta, sole e senza conforti. Sono il terzo stato del soprannaturale, i dropout dell'altra vita.

 

Cimitero delle Fontanelle

Venerati dai napoletani che li integrano nel loro pantheon familiare, come se fossero i loro cari. Sotto quelle gigantesche volte di tufo, i giornalisti cui facevo da Virgilio erano senza parole, folgorati, commossi da quel teatro della carità. Avevano intuito la verità profonda di Napoli. «Qui sotto la città si capisce meglio», mi ha detto Roslyn Sulcas, inviata del New York Times.

 

Cogliendo peraltro la totale assenza di folklore, di superstizione, di quella spessa coltre di kitsch che ricopre narrazioni e rappresentazioni di questa antica metropoli mediterranea. In verità il culto delle anime abbandonate si fonda su una forma creaturale di misericordia. Una compassione umanissima per quelli che il grande poeta Charles Baudelaire in un sonetto de I fiori del male, chiama i grandi dolori dei morti.

charles baudelaire immortalato da nadar

 

«Mi sono ricordato improvvisamente le scene del Viaggio in Italia di Rossellini» ha sussurrato Luis Martinez di El Mundo. Si riferiva alla sequenza in cui una Ingrid Bergman estatica e smarrita si aggira nella tenebra delle Fontanelle, per compiere la discesa agli inferi che le cambierà la vita. Facendole scoprire una se stessa migliore. E quando ho raccontato loro la leggenda di un ateo che oltraggia uno di quei crani e lo invita addirittura a cena, tutti hanno capito perfettamente che non si tratta di credenze superstiziose, ma di qualcosa di eticamente molto profondo.

 

Di una naturalità del soprannaturale posta a fondamento di una morale collettiva. Martinez, da spagnolo colto qual è, ha riconosciuto subito il nucleo sorgivo del Don Giovanni, trasformato in maschera immortale da Tirso de Molina, Molière e Mozart. A quel punto nessuno più si è sorpreso quando ho rivelato che il celebre filosofo e scrittore tedesco Walter Benjamin ha scritto Il Dramma barocco tedesco, uno dei grandi libri del Novecento, proprio a Napoli, soggiogato da questo risvolto ipogeo dell'essere, da questo metaverso della pietà, dove si incrociano la vista e la visione, il sogno e la realtà, la ragione e il simbolo.

vesuvio 2

 

E quando siamo usciti a riveder le stelle, una giovane giornalista inglese estasiata dai fiocchi di neve, dolcetti inventati da un pasticciere della Sanità, mormorava «vorrei che mio padre fosse ancora vivo per farglieli assaggiare». In realtà Napoli, come diceva Curzio Malaparte, è la più misteriosa delle città. È la capitale dell'altra Europa, quella che il logos cartesiano non può penetrare. E che fa cortocircuitare incessantemente illuminismo e barocco, realismo e magia, liturgia e oleografia.

pino daniele blues metropolitano

 

Sta anche in questa differenza il suo mistero. Impossibile da illuminare con la sola luce della ragione. Ma attraversabile con quella della visione, della partecipazione, dell'emozione. E tuttavia Partenope non è abbagliata dalla sua stessa luce, che spesso e volentieri invece abbaglia quelli che la guardano da fuori. E le sue verità segrete esposte in evidenza, i suoi fantasmi, le sue anime in pena, le sue voci di dentro, il suo sole amaro, i suoi mille colori e le sue mille paure, le usa come altrettanti emblemi di una cabbala per figure.

 

paolo sorrentino e filippo scotti

E certe volte la curiosità degli stranieri offre a questa città, velata ma vanitosissima, specchi sempre nuovi in cui moltiplicare la propria immagine. Per questo Napoli è facile da riconoscere e difficile da conoscere. Perché "Napule è tutta nu suonno (sogno). A sape tutto o munno, ma nun sanno a verità". Parole e musica di Pino Daniele. Sentiment di Paolo Sorrentino

paolo sorrentino
pino daniele