QUANDO BEPPEMAO RACCONTÒ: “ERO RAGAZZINO, ABITAVAMO A GENOVA, ED IL NOSTRO VICINO DI CASA ERA IL KILLER DONATO BILANCIA, AVEVA 3 ANNI PIÙ DI ME. QUANDO LA SERA STAVO FUORI MIA MAMMA MI DICEVA, ‘TORNA CON DONATO COSÌ STO PIÙ TRANQUILLA’…” - FRANCA LEOSINI: “BILANCIA POTEVA FORSE ESSERE FERMATO PRIMA. VA DETTO CON RAMMARICO, IL SUO CASO RAPPRESENTA UN INSUCCESSO SUL PIANO INVESTIGATIVO: DUE MOZZICONI DI SIGARETTA E L'ABILITÀ NEL DISEGNO DI UNA GIOVANE DONNA, VITTIMA SCAMPATA, HANNO PER BUONA SORTE CONSEGNATO ALLA GIUSTIZIA UNO DEI PIÙ SPIETATI ASSASSINI DELLA STORIA DEL CRIMINE..."
Edoardo Montolli per https://www.gqitalia.it
La trovano morta nella toilette dell’Intercity 631 La Spezia-Venezia, all’altezza della tratta Brescia-Verona. Elisabetta Zoppetti, 32 anni, doveva scendere a Milano, dove faceva l’infermiera all’Istituto dei Tumori e dove alle 22 avrebbe iniziato il turno. Era salita a Chiavari, poco prima delle 14,30, accompagnata dal marito e dalla figlia, pronti a raggiungerla a casa nella giornata successiva. Invece qualcuno le ha sparato un colpo di pistola alla nuca e l’ha lasciata lì, prima di dileguarsi.
È la Pasqua del 1998, esattamente il 12 aprile. L’episodio viene subito messo in relazione alla scia di sangue che sta gettando nel panico la Liguria da quasi duecento giorni. Anche se, fino a questo momento, si stava cercando l’assassino di alcune prostitute. Mentre qui, si tratta di una vittima scelta a caso negli scompartimenti.
Non si fa in tempo a mettere giù un piano d’azione per capire con chi si abbia a che fare, che sei giorni più tardi, un’altra donna, Maria Angela Rubino, viene uccisa nel bagno di un treno, stavolta a Ventimiglia. Prima di arrivare all’esecutore bisogna attendere così il 6 maggio. A tradirlo è un errore commesso il 24 marzo a Novi Ligure, quando ferisce al ventre la transessuale John Alberto Zambrano Idrovo, alias Lorena, che finge di essere morta a fianco dei metronotte Candido Randò e Massimo Gualillo, uccisi con una calibro 38. Sarà lei a incastrarlo in un drammatico faccia a faccia, cinque delitti più tardi.
L’assassino si chiama Donato Bilancia, 47 anni, e diverrà noto come il più feroce serial killer italiano. Confessa nel giro di pochi giorni. E confessa molto di più di ciò che gli inquirenti si aspettano. Ladro professionista, giocatore d’azzardo e viveur di casinò noto nell’ambiente con il nomignolo di Walter, ha ucciso la prima volta il 13 ottobre ’97, soffocando con un nastro adesivo Giorgio Centenaro, quando i debiti di gioco lo stavano facendo soccombere; unico omicidio per il quale non ha usato le pallottole.
Ed anche unica vittima che conosceva unitamente ai coniugi Maurizio Parenti e Carla Scotti. Le altre vittime sono state in effetti scelte a caso: una coppia di orafi, due cambiavalute, tre metronotte, quattro prostitute, un benzinaio e le due passeggere ferroviarie Elisabetta Zoppetti e Maria Angela Rubino. Nel cercare di spiegare la personalità del serial killer, si fa una gran fatica. Se ne scopre l’infanzia densa di umiliazioni, la vita carente di affetti, il trauma per il suicidio del fratello Michele nel 1987, gettatosi sotto un treno con il figlioletto in braccio.
Ma nessuno riesce a spiegare a fondo i moventi per tutti i delitti commessi da Bilancia, tanto che verrà considerato dai criminologi il serial killer italiano dalla personalità più complessa. L’omicidio di Elisabetta Zoppetti, Bilancia, il 15 maggio 1998, lo spiega infatti così: «Ho preso il treno a Genova. In uno scompartimento di prima classe c’era una donna, che io chiaramente non ho mai visto e conosciuto…Preciso che io non mi sono mica seduto con lei, ero in piedi in fondo al corridoio. Questa mi ha detto: “Mi scusi, per andare in bagno?”».
Ed è successo: «Aveva la borsa con sé quando si è alzata. Io ho aperto la porta con una chiave falsa. È una normalissima chiave a quattro, una femmina a quattro ecco. L’ho buttata via dopo il secondo episodio, e preciso che l’avevo fatta io stesso, è... una sciocchezza. Questa qua s’è messa ad urlare e io le ho messo la giacca sulla testa e le ho sparato. L’ho fatto per non vedere cosa succedeva al momento dello sparo. L’unica cosa che ho preso è il biglietto, perché spuntava lì dalla borsa e io non avevo biglietto perché avevo preso il treno così, senza mete».
Condannato a tredici ergastoli per 17 omicidi, dall’isolamento in una cella della prigione di Padova nell’aprile 2001 scrive una lettera al settimanale Cronaca Vera offrendo 500mila lire al mese a qualsiasi donna che abbia voglia di andare a trovarlo una volta al mese: “poi non si sa mai, potrei diventare anche molto più generoso, abitando a Genova Cogoleto, le sarà facile fare un breve sondaggio e scoprire che in effetti sono sempre stato molto generoso. Quest’insolita richiesta è dovuta alla figura che i media hanno fatto voler credere, e che mi ha determinato un totale abbandono da parte di tutti”.
È il primo tentativo del serial killer di aprire un rapporto con i mass media. Tempo più tardi, rilascerà alcune interviste, una anche televisiva a Paolo Bonolis, annunciando rivelazioni sui suoi delitti e l’esistenza di complici nel duplice omicidio Scotto e Parenti, tali da poter chiedere la revisione del processo. Non gli hanno creduto. A gennaio 2012 la Procura di Genova chiede l’archiviazione.
Negli ultimi anni si torna a parlare di lui. Accade quando Beppe Grillo porta il Movimento 5 Stelle in politica. Vien fuori che i due, da ragazzi, erano vicini di casa. Scherzerà il comico: «Ero ragazzino, abitavamo a Genova, ed il nostro vicino di casa era il killer Donato Bilancia, aveva 3 anni più di me. Quando la sera stavo fuori mia mamma mi diceva, “torna con Donato così sto più tranquilla». In carcere il serial killer non sta fermo. Si mette a studiare.
E nel 2016 si diploma ragioniere con 83 centesimi. Poi tenta la sorte chiedendo la commutazione dell’ergastolo in 30 anni, sostenendo di non aver potuto chiedere il rito abbreviato in quanto soppresso all’epoca dei suoi processi, ma rimesso in gioco da una sentenza della Corte di Strasburgo. Ci fosse riuscito, sarebbe stato un primo decisivo passo verso la richiesta di benefici carcerari. Ma, ne dà notizia la Gazzetta del Mezzogiorno, prima il tribunale di Padova, e poi, a maggio 2017, la Cassazione, respingono la sua richiesta.
DONATO BILANCIA E QUELLA CIECA FOLLIA FERMATA TROPPO TARDI
Franca Leosini per “la Stampa”
Nella vicenda giudiziaria di Donato Bilancia, responsabile di 17 omicidi soprattutto di giovani donne, per lo più dedite al piu antico mestiere del mondo, pesa un "troppo tardi". Morto ieri a 69 anni per Covid nel carcere di Padova, Bilancia sarà consegnato alla storia criminale di questo Paese come "il mostro dei treni" e "il serial killer delle prostitute". Per la cadenza quasi rituale degli omicidi, avvenuti tra il '97 e il '98, nonché per la loro tipologia, Bilancia poteva forse essere fermato prima.
Quando parlo di tipologia pressoché rituale dei delitti intendo riferirmi alla scelta delle vittime, nonché alla realtà ambientale nella quale Bilancia dava sfogo alla sua furia omicida. Con il dovuto rispetto per gli inquirenti, per le forze dell'ordine, va detto che nel caso di Donato Bilancia esiste un "troppo tardi": un "troppo tardi" nell'individuazione della mano omicida. Di contro, se da una parte ci si rammarica per quel "troppo tardi" (17 delitti in sei mesi), dall'altra, si plaude, per rigore della magistratura, al mancato riconoscimento a Bilancia di una possibile infermità mentale, vale a dire nessuna forma di attenuante che potesse ridurre i termini della condanna.
Donato Bilancia, stava infatti scontando la pena definitiva di 13 ergastoli più un'aggiuntina di 16 anni per un tentato omicidio. Una indubbia devianza mentale, quella di Bilancia, suggerita dalla tipologia ricorrente e ossessiva dei suoi delitti: vittime infatti sempre giovani donne, giovani prostitute. Nel caso di Bilancia, al quale non é stata saggiamente riconosciuta in sede processuale l'attenuante dell'infermità mentale, si deve fare riferimento a un individuo che uccideva perché dominato da un'ossessione insopprimibile. Ossessione che trova riscontro anche nel comportamento che ha fatto seguito al suo arresto per l'omicidio della giovane prostituta nigeriana.
La confessione di Bilancia, avvenuta a due giorni dall'arresto, più che un'ammissione di colpa appare quasi uno sfogo al pm che nel raccogliere le sue parole veniva a conoscenza anche di chi fosse il responsabile di delitti rimasti fino ad allora senza autore. A conferma dell'orrifica confessione di Bilancia, anche l'identikit perfettamente aderente tracciato agli inquirenti da una vittima fortuitamente mancata.
La scaltrezza diabolica del killer, ha sicuramente pesato sulle indubbie carenze delle indagini. Bilancia, va detto con rammarico, rappresenta infatti un insuccesso sul piano investigativo: due mozziconi di sigaretta e l'abilità nel disegno di una giovane donna, vittima scampata, hanno per buona sorte consegnato alla giustizia uno dei più spietati assassini della storia del crimine. Breve l'arco di tempo in cui hanno avuto luogo i delitti, a cavallo tra il 1997 e il 1998.
É dell'aprile del 1998, sull'Intercity La Spezia-Venezia il più efferato dei suoi omicidi: per raggiungere la vittima prescelta, come sempre una giovane donna, Bilancia sfonda addirittura la porta del bagno del vagone e con un colpo di pistola la uccide. Nel caso di Donato Bilancia, va riconosciuta alla magistratura una sentenza di massimo equilibrio: nessuna apertura per una possibile nonché richiesta infermità mentale. Per lui nessuno sconto per tante colpe senza remissione.