NO MASK? NO WORK! - IL GIUDICE DEL LAVORO DI VENEZIA DICHIARA "CORRETTO E LEGITTIMO" IL LICENZIAMENTO DI UNA CASSIERA DI UN SUPERMERCATO DI TREVISO PERCHE’ SI RIFIUTAVA DI INDOSSARE LA MASCHERINA DURANTE I TURNI DI LAVORO – LA VICENDA RISALE A SUBITO DOPO LA FINE DELLO STATO DI EMERGENZA E LA DONNA ERA STATA RICHIAMATA E SANZIONATA DIVERSE VOLTE PRIMA DEL SILURAMENTO...
-Estratto da www.ilfattoquotidiano.it
Si rifiuta di indossare la mascherina chirurgica durante i turni di lavoro, e per questo viene prima richiamata e sanzionata, e infine licenziata. Il protocollo del supermercato Pam, infatti, prevede l’utilizzo della mascherina, applicato anche dopo la fine dell’obbligo di legge sull’utilizzo delle mascherine, e per questo il ricorso della dipendente è stato rigettato.
La vicenda è stata ricostruita da Il Giorno […] L’impiegata, trovatasi senza lavoro, aveva impugnato il licenziamento per illegittimità, chiedendo danni e arretrati. Il giudice del lavoro di Venezia, Chiara Coppetta Calzavara, ha però dichiarato corretto e legittimo il provvedimento aziendale.
La vicenda si svolge dopo la fine dello stato di emergenza, con la cessazione dell’obbligo di legge di indossare le mascherine. Restava in vigore però il protocollo condiviso di regolamentazione delle misure di contrasto e contenimento del Covid negli ambienti di lavoro, […]che prevedeva che il datore di lavoro potesse introdurre l’obbligo di mascherina. […]
La donna, secondo datori di lavoro e giudice, si era sempre rifiutata sia di indossare la mascherina, nonostante i ripetuti inviti della direzione, sia di allontanarsi dal posto di lavoro in caso contrario. Di fronte al ricorso presentato dalla dipendente, assistita dall’avvocato Ignazio Ardito, l’azienda si è costituita con gli avvocati Mario Scopinich e Alberto Checchetto.
Per il giudice, mentre “la scelta del datore di lavoro è proporzionata e risponde al criterio di precauzione”, dalla parte dell’ex dipendente “il rifiuto si è caratterizzato per una provocatoria pervicacia che si è manifestata nel volere rimanere presente senza mascherina pur sapendo di non poter lavorare, nel riprendere gli altri colleghi e nell’aver convocato un gruppo di conoscenti che hanno creato scompiglio riprendendo lavoratori e clienti”. Il giudice non ha quindi ritenuto che l’azienda “abbia adottato un atteggiamento persecutorio o discriminatorio” nei confronti della donna […]