Paolo Salom per il “Corriere della Sera”
LIBRI DI SCUOLA RITIRATI IN CINA
Mao sosteneva che fosse sufficiente «colpirne uno per educarne cento». Ora, il Partito comunista cinese ha superato il suo fondatore e, pur senza arrivare alle punizioni estreme in uso durante la Rivoluzione culturale (1966-1976), dopo un'inchiesta durata tre mesi, ha redarguito e rimosso 27 dipendenti (tra i quali il responsabile aziendale del Pcc) della Casa editrice scolastica del popolo.
La loro colpa? Aver pubblicato una serie di testi di matematica per la scuola elementare corredati di immagini «pornografiche, vergognose e contrarie all'estetica nazionale». Si tratta di fumetti - molto simili nei tratti ai manga giapponesi - che mostrano bambini e bambine impegnati in giochi e discussioni (ovviamente la parte del leone la fanno i numeri) che, ai nostri occhi, probabilmente appaiono del tutto innocenti.
LIBRI DI SCUOLA RITIRATI IN CINA
Ma a guardarli bene, in effetti, i fumetti destinati ai bambini del primo ciclo hanno superato un confine invisibile ma ancorato nella tradizione anche nella Cina delle aperture e delle riforme e mostrano scolari «occidentalizzati».
I disegni infatti rappresentano - con una certa accuratezza - giovani che potrebbero appartenere a qualunque società avanzata. Dunque i loro abiti, colorati, spesso riportano disegni che richiamano la bandiera americana a stelle e strisce; fanno gesti come mostrare la lingua e chiudere le tre dita centrali tipiche dei rapper; si inseguono e si afferrano senza troppo preoccuparsi di dove volino le gonne, talvolta mostrando le mutande; e, infine, uno sembra avere addirittura un tatuaggio sulla caviglia mentre la bandiera cinese è disegnata con un errore marchiano: le stelle gialle su campo rosso sono sulla destra del drappo, invece che sulla sinistra.
Lo scandalo è esploso la scorsa primavera, quando i nuovi libri hanno cominciato a circolare su Weibo, il Twitter cinese, suscitando commenti durissimi. «Ma è vero o no che certa gente, abituata da tempo a inginocchiarsi e mettersi in sudditanza, non si vergogna di nulla e si è dimenticata della propria patria?», scrive uno dei tanti anonimi critici.
Come la questione è arrivata nei corridoi del ministero dell'Istruzione, a Pechino, è subito scattata l'indagine che ha portato a un'inevitabile conclusione: «Quei disegni non riflettono gli standard educativi della Repubblica popolare cinese e non diffondono un'immagine positiva dei nostri ragazzi».
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La Casa editrice, la più grande della Cina, ha subito pubblicato le proprie scuse, annunciando il ritiro dei testi e la sostituzione di tutte le immagini. Ma questo naturalmente non è bastato: tutti i funzionari e i disegnatori coinvolti nel progetto sono stati richiamati e hanno perso il posto.
D'altro canto, in un Paese che, sotto la guida del presidente Xi Jinping, si sta trasformando in una Potenza globale, difficilmente si poteva immaginare come fumetti «americani» potessero arrivare nelle classi dei più piccoli. «Dobbiamo fornire ai nostri giovani esempi virtuosi tratti dalla millenaria tradizione cinese», ha scritto il Global Times , il giornale di regime che per primo ha dato la notizia. E infatti, i nuovi fumetti rappresentano bambini dai tratti delicati e vestiti con pudicizia: i maschi non fanno la linguaccia, mai, mentre le femmine portano le trecce. Perché, da sempre, nel Celeste Impero, la fantasia (collettiva) deve imporsi sulla realtà.
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