NON C’È DUE SENZA TRE: QUANDO ARRIVERÀ LA TERZA ONDATA? E SOPRATTUTTO, COSA DICONO I DATI? – MILENA GABANELLI E LE PROIEZIONI DEL MATEMATICO EPIDEMIOLOGO STEFANO MERLER: L’INCIDENZA DEI CASI E L’INDICE RT DA SOLI NON BASTANO – CI SONO TRE PILASTRI DA TENERE IN CONSIDERAZIONE: L’INCIDENZA TOTALE È IL NUMERO GIORNALIERO DI CASI CONFERMATI. POI C’È L’INCIDENZA DI CASI SINTOMATICI, E INFINE QUELLA DEI…
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Milena Gabanelli e Simona Ravizza per il "Corriere della Sera"
È una domanda che ci facciamo ormai da un anno ed è ancora più importante oggi che l' Italia è in zona gialla per evitare la terza ondata e gli errori dell' estate scorsa: quali sono gli indicatori dai quali non si può prescindere per misurare l' andamento di una pandemia e prevederne l' evoluzione?
Sulla base di quali numeri devono nascere i decreti che allentano o stringono le misure di contenimento del Covid? Gli scontri politici sui calcoli ci confondono: bisogna guardare l' Rt o l' incidenza totale? Che cosa dicono i numeri che programmano la nostra vita, come vengono calcolati, e quali sono i pro e i contro di ogni singolo indicatore, lo spiega per la prima volta Stefano Merler, il matematico epidemiologo della Fondazione Bruno Kessler che fa i conti per l' Istituto superiore di Sanità e il ministero della Salute dal febbraio del 2020. E li ha azzeccati tutti.
Un' analisi accurata su cui prendere decisioni politiche si basa su tre pilastri: incidenza, trasmissibilità e indicatori di gravità della malattia. È su questi valori che dallo scorso autunno vengono fatte le proiezioni, finora inedite, che portano ai Dpcm di ottobre e novembre. Senza restrizioni, al 20 novembre in Italia avremmo avuto 38.600 casi sintomatici al giorno (contro i 9.900 che ci sono stati), 5.250 malati in Terapia intensiva (invece di 3.750) e 50 mila ricoverati (contro i 34 mila osservati).
L' incidenza totale è il numero giornaliero di casi confermati con tampone molecolare e, dal 15 gennaio, anche antigenico (rapido). Questo dato serve prevalentemente per conoscere il carico di lavoro del sistema di tracciamento dei contatti: il contact tracing è in grado di reggere - cioè di risalire a «chi può avere contagiato chi» e fare scattare le misure di isolamento - solo sotto i 50 casi settimanali ogni 100.000 persone.
Più questi numeri si alzano e meno si riesce a individuare gli asintomatici. Durante la prima ondata si trovava un infetto su 10 (9,4%), in estate 1 su 4 (24,5%), da ottobre la stima è più incerta: tra il 20% e il 40%. È il motivo per cui l' incidenza totale è poco utile per definire l' andamento dell' epidemia.
Poi c' è l' incidenza di casi sintomatici (presenza di problemi respiratori o febbre sopra i 37,5 gradi), che rappresentano il 30% dei positivi. È un numero che aiuta di più a quantificare l' andamento del virus perché chi ha la febbre cerca sempre assistenza medica. Infine, c' è l' incidenza dei casi ospedalizzati: quanti ogni giorno entrano in ospedale.
I criteri di ricovero sono sufficientemente costanti nel tempo e, dunque, il dato è particolarmente valido. Anche qui, però, più la curva sale e più ci avviciniamo alla saturazione dei posti letto, maggiore è il rischio di non riuscire a ricoverare dei malati che invece dovrebbero esserlo, e quindi di avere un calcolo dei casi al ribasso, facendo venire meno la capacità di monitoraggio dell' andamento dell' epidemia.
Questo valore è indispensabile anche per stabilire la tenuta del sistema ospedaliero. Questi tre indicatori, comunque, dicono poco sul presente, perché fotografano cosa è successo 12 giorni prima, ovvero il tempo che mediamente passa fra l' entrata in contatto con il virus e la diagnosi. Pertanto, una politica di interventi basata solo sull' incidenza è destinata a fallire in molte circostanze.
Supponiamo che per qualche motivo i decisori politici abbiano fissato la soglia di intervento a mille casi settimanali e oggi stiamo a 500. Dev' essere chiaro a tutti che molto dipende da quanto tempo impieghiamo ad arrivare ai mille casi. Consideriamo due possibili situazioni per passare da 500 a 1.000 casi settimanali e precisamente: a) 6 mesi e b) una settimana.
Nel primo caso la situazione può essere considerata relativamente tranquilla, mentre nel secondo è destinata a diventare drammatica. Gli interventi, a parità di soglia sull' incidenza, devono essere più incisivi in b) rispetto ad a). Di conseguenza, per sapere cosa succede in futuro bisogna prendere i valori dell' incidenza e confrontarli con quelli della settimana precedente.
Qui entra in gioco la trasmissibilità, rappresentata dal famoso Rt. L' interrogativo a cui risponde è: un infetto quante persone contagia? L' Rt minore di 1 vuol dire che ogni persona ne contagia in media meno di una e l' epidemia sta diminuendo, a 1 l' epidemia è costante, mentre se l' Rt è maggiore di 1 l' incidenza cresce, e tanto più rapidamente al suo aumentare.
È, dunque, la misura più appropriata per capire la crescita o diminuzione del numero di casi nel tempo. In pratica, l' Rt viene calcolato in base ai nuovi contagi della settimana A rispetto a quelli della settimana precedente, B. Se nella settimana A ci sono 20.000 casi e nella precedente B 10.000, l' Rt è uguale 2. Quello che ci viene comunicato dal ministero della Salute è calcolato sui casi sintomatici considerati, come abbiamo visto, meno sensibili alle oscillazioni dei tamponi.
La prima ondata è stata caratterizzata da un Rt di circa 3. Poiché il tempo tra una generazione di casi e l' altra è di circa 6,6 giorni, vuol dire che ogni 3 giorni il numero dei casi raddoppia. A seguito del lockdown la trasmissibilità cala sotto 1 (circa 0,6) per poi ricominciare a salire in estate con le riaperture associate alla fase 2, con un picco di 1,5 a cavallo di Ferragosto.
A settembre la trasmissibilità cresce in modo marcato, con un Rt di circa 1,8, che corrisponde a un raddoppio dei casi di poco superiore alla settimana.
A seguito dei Dpcm di ottobre e novembre, delle varie ordinanze regionali, poi dei provvedimenti di Natale, l' Rt scende nuovamente sotto 1. Con un Rt a 0,5 i casi si dimezzano dopo una settimana.
Anche in questo caso, però, una politica basata solo sull' Rt che non considera l' incidenza dei casi è destinata a fallire. Il Veneto, per esempio, a Natale ha un Rt sotto 1 (0,97) ma l' incidenza è di 5 mila casi al giorno, quindi devono scattare le misure di contenimento.
In sostanza, una efficace pianificazione degli interventi può scaturire solo dalla combinazione dei due indicatori.
Se l' incidenza di questa settimana è di 10.000 casi e Rt=2 allora ci si può attendere 20.000 nuovi casi la settimana prossima, 40.000, 80.000 e 160.000 nelle settimane successive. Se l' Rt fosse 0,5 ci si potrebbe attendere rispettivamente 5.000, 2.500, 1.250 nuovi casi settimanali.
Manca ancora un dato importante: quello relativo alla clinica dei casi, ossia la probabilità di ricovero in ospedale, di finire in Terapia intensiva e addirittura di morire. Sono stime che possono essere ricavate dal contact tracing : sapere «chi ha incontrato chi» permette di comprendere le caratteristiche di chi si ammalerà più o meno gravemente.
Per dire, le pubblicazioni scientifiche sulla Lombardia che si riferiscono alla prima ondata (le uniche al momento pubbliche) ci dicono che il tasso di mortalità a seguito dell' infezione cresce con l' età: 0,43% negli under 70 e 10,5% negli over 70, molto più alto nei maschi (14% fra gli over 70) che nelle femmine (8,3% over 70). Indicano che la probabilità di sviluppare una malattia critica è inferiore all' 1% sotto i 50 anni, mentre è del 18,35% negli over 80.
Queste indagini, basate sull' analisi di tanti indicatori, fornendo stime del numero atteso di casi ospedalizzati e ammessi in terapia intensiva, permettono di avere un' idea chiara sul futuro dell' epidemia, almeno quello prossimo. Sta poi alla politica fare la sintesi più giusta, in considerazione degli interessi che provengono dalle diverse componenti della società.