IL NORDEST E' A UN PASSO DALLA ZONA GIALLA - PER FINIRE DI NUOVO CON LE RESTRIZIONI AL FRIULI VENEZIA GIULIA BASTANO ALTRI 70 PAZIENTI OSPEDALIZZATI, ALLA PROVINCIA DI BOLZANO SOLO 15 - IN VENETO IERI SI SONO REGISTRATI 883 NUOVI POSITIVI E 7 DECEDUTI , UN NUMERO CHE NON SI INCONTRAVA DA TEMPO - IL CORONAVIRUS FA LEVA SULLE AREE DI CONFINE, SULLE CITTA' PIU0 DINAMICHE E SULLO STORICO SPIRITO ANTI-CENTRALISTA E ANTI-SISTEMA DELLE GENTI CHE ABITANO IL TRIVENETO
-Alessandro Zuin dal corriere.it
L’altro pomeriggio, in piazza Risorgimento a Pordenone, a un’anima innocente che avrà avuto sì e no 10 anni hanno messo in mano uno striscione che recitava così: «Gli occhi di Stefano come quelli di Gesù». Ormai, qui a Nordest, la deriva No pass (e No vax) ha preso sfumature mistico-religiose. Il popolo degli «anti» ha trovato il suo profeta messianico, al secolo Stefano Puzzer detto Ciccio, e lo porta in giro per le piazze trivenete come un tempo si faceva con l’immagine della Madonna Pellegrina, per impetrare la conversione degli infedeli.
Puzzer, leader dei portuali contrari al certificato verde obbligatorio sul posto di lavoro, incarna perfettamente il contributo che la sua città, Trieste, sta dando alla recrudescenza della pandemia: «Trieste è l’epicentro di questa situazione, con una rappresentazione che non fa onore a questa terra», ha ammesso malinconicamente il vicepresidente della Regione Friuli-Venezia Giulia, Riccardo Riccardi, annunciando la necessità di una manovra di riorganizzazione degli ospedali cittadini, per fare fronte al peggioramento dei contagi. «È il prezzo – ha aggiunto Riccardi – dei 70mila non vaccinati di Trieste su una popolazione di 230mila abitanti e soprattutto dei cortei di protesta: solo quello del 15 ottobre ha creato un focolaio di 200 contagi».
Negli ultimi 7 giorni, nel capoluogo giuliano si sono registrati 1.155 nuovi casi di Covid-19: non era mai accaduto dall’inizio della pandemia. È un dato completamente fuori scala, su cui incidono, per dovere di obiettività, anche i continui spostamenti transfrontalieri di uomini e merci provenienti dalla Slovenia e della Croazia, i due vicinissimi Paesi balcanici dove il virus si sta trovando a meraviglia, grazie a una percentuale di vaccinati tra le più basse d’Europa (gli sloveni immunizzati con doppia dose sono il 54% della popolazione, i croati poco più del 50%).
Si capisce bene, perciò, come mai la regione più orientale d’Italia si trovi a un passo dal rientrare in zona gialla: mancano grosso modo 70 pazienti ospedalizzati per superare la fatidica soglia. E lo stesso, con proporzioni diverse, sta accadendo in tutto il Nordest, dove il triangolo Bolzano-Padova-Trieste è diventato negli ultimi giorni l’avanguardia del Covid-19 in vista della stagione invernale.
Il bollettino di ieri, per quanto riguarda il solo Veneto, è particolarmente eloquente: nell’arco di appena 24 ore, si sono registrati 883 nuovi positivi (più di 200 soltanto in provincia di Treviso) e anche 7 deceduti a causa del virus, un numero che non si incontrava da tempo; i nuovi casi sono il doppio rispetto a quelli degli ultimi giorni (l’altro ieri erano 432); l’andamento dei ricoveri ospedalieri è conseguente, con i pazienti accolti in area non critica a quota 261 (+4) e quelli in terapia intensiva a 58 (+6).
In Friuli, nell’ultima settimana, la task force regionale coordinata dell’epidemiologo Fabio Barbone ha registrato una crescita dei contagi misurabile nel 50% rispetto al periodo antecedente, ma ciò che preoccupa anche di più è che gli accessi agli ospedali sono cresciuti del 65%.
In Alto Adige, nel loro piccolo (poco più di 530 mila abitanti in tutto), sono messi pure peggio. Qui la percentuale di vaccinati è assai bassina - la provincia di Bolzano è al penultimo posto in Italia per tasso di vaccinazione, pari al 77,2% di immunizzati tra gli over 12 -, con differenze anche molto rilevanti tra la città (a forte maggioranza pro-vax) e le valli alpine (decisamente no-vax). Qui la gestione dell’emergenza sanitaria sta rischiando di sfuggire di mano alle autorità, anche a causa dell’alto numero di medici, infermieri, operatori non vaccinati e, pertanto, sospesi dal servizio (soltanto i medici sono 250 su un totale di mille, gli infermieri viaggiano su numeri ancora più alti).
I dati ufficiali dell’Istituto superiore di Sanità registravano la scorsa settimana in Alto Adige il più alto tasso di occupazione ospedaliera nei reparti ordinari (era all’11,6%) e, a conti fatti, potrebbero essere sufficienti appena 15 ulteriori ricoveri per far scattare l’allerta gialla. Qui, al confine Nord del Paese, il tema della diffidenza verso i provvedimenti dell’autorità centrale assume connotazioni per così dire antropologiche: la maggioranza della popolazione, quella di lingua tedesca, vive male per riflesso automatico qualsiasi limitazione che promani da Roma, compreso il Green pass.
Nelle valli, per dire, gli abitanti stanno organizzando in autogestione numerose scuole parentali per mandarci i propri figli. Però anche da queste parti il cerchio si sta stringendo: ai mercatini di Natale (questo vale anche per Trento), che qui sono un’autentica istituzione, si potrà accedere soltanto indossando un braccialetto che dimostri l’avvenuta vaccinazione o, in alternativa, il tampone nasale negativo; appena di là dal confine, i «fratelli» austriaci hanno appena dato un potente giro di vite, proibendo ai non vaccinati (che fino all’altro ieri erano tanti) di entrare nei negozi e nei ristoranti.
Sotto il profilo della renitenza al vaccino, c’è un sottile filo rosso che tiene insieme tutto il Nordest d’Italia, soprattutto nella fascia d’età più critica per la diffusione del virus, quella rappresentata dalla popolazione lavorativamente attiva, fra i 30 e i 50 anni. Sia il Veneto che il Friuli Venezia Giulia, secondo i monitoraggi effettuati a ottobre dalla Cabina di regia tra ministero della Salute e Istituto superiore della Sanità, viaggiavano sotto la soglia nazionale in questo cruciale segmento anagrafico.
Certo, quando parliamo di No vax, intendiamo pur sempre una frazione assolutamente minoritaria della popolazione. Però, l’abbiamo visto tutti, è una minoranza motivata, organizzata e sostenuta da una notevole determinazione, come dimostrano i ripetuti cortei di protesta che, nelle ultime settimane, hanno invaso il centro di molte città.
Questa situazione è stata resa possibile innanzitutto da un fattore «storico»: in Veneto, la galassia degli anti-vaccino ha radici di molto antecedenti al Covid, era già decisamente attiva, sia pure in forme spesso semi-clandestine, contro le vaccinazioni obbligatorie dei bambini, ed è stata in grado di esprimersi anche nelle forme del movimento politico e di opinione, arrivando infine a presentare, l’anno scorso, un candidato alla presidenza della Regione: il veterinario padovano Paolo Girotto, presentatosi agli elettori sotto il simbolo delle 3V (sigla che stava per «Vaccini vogliamo la verità»), dopo che, per più di vent’anni, aveva parlato di questi argomenti tutti i santi giovedì dai microfoni della controinformazione di Radio Gamma 5. Per la cronaca, Girotto ha portato a casa 21.679 voti (lo 0,88%), che sono un’inezia elettorale ma un significativo segnale della vitalità delle truppe che, un anno più tardi, abbiamo ritrovato nelle piazze con lo scopo dichiarato di sovvertire l’ordine sanitario costituito.
«Il punto sta qui - ha avvertito Giovanni Diamanti, docente di marketing politico all’Università di Padova e amministratore di Quorum-You Trend, in un’intervista al Corriere del Veneto -: la vaccinazione oggi è “sistema” e chi è contro il “sistema” va contro i vaccini e qualunque altro obbligo imposto dalla crisi pandemica». Quanto a soggetti anti-sistema, il Nordest vanta una lunga e nutrita collezione di personaggi, che oggi si ritrovano, fisicamente o idealmente, nelle piazze No vax e No pass: «Forconi» riciclati e ringalluzziti da nuovi obiettivi; vecchie glorie del venetismo indipendentista che considerano il governatore Luca Zaia troppo morbido verso le imposizioni sanitarie del governo centrale (per questo, Zaia è stato anche ripetutamente minacciato dai No vax); complottisti e diffusori di teorie «alternative» purchessia; leghisti che del «sistema» fanno parte, magari perché siedono in Parlamento, ma che non perdono occasione per strizzare l’occhio all’elettorato «anti»; persino attivisti disillusi provenienti dalle associazioni dei truffati dalle banche. Un crogiolo di antagonismo che ha trovato nel vaccino (e nel Green pass) il nemico perfetto.