I NUOVI SCHIAVI DELL'E-COMMERCE – LO SCIOPERO CONTRO AMAZON ATTIRA L’ATTENZIONE SULLE CONDIZIONI DI LAVORO DEI DIPENDENTI DELLE SOCIETÀ DI CONSEGNA – PERSONE CHE FANNO TURNI MASSACRANTI DETTATI DAGLI ALGORITMI PER CONSEGNARCI PACCHI IN UN GIORNO – HANNO UNO STIPENDIO A 1600 EURO, NON HANNO GARANZIE E SI DEVONO PAGARE PURE LE MULTE…
-1 – TURNI MASSACRANTI E ZERO GARANZIE ECCO I NUOVI SCHIAVI DELL'E-SHOPPING
Caterina Soffici per “la Stampa”
Sono i nuovi schiavi, ma nessuno lo sa. Come quando il mondo scoprì, pensa strano, che le merci cinesi costavano così poco perché prodotte da donne, uomini e bambini sfruttati, che lavorano in condizioni da fabbrica dickensiana.
Lo sciopero dei corrieri per boicottare Amazon durante i giorni del Black Friday, quando il colosso americano dello shopping online ammazza il tacchino più grasso dell' anno, forse non sarà un grande danno economico per Jeff Bezos, ma servirà almeno ad attirare l' attenzione su un fenomeno di cui ancora troppo poco è stato raccontato. Ossia le condizioni di lavoro dei corrieri che vi portano il pacco a casa.
Te ne stai lì bello tranquillo al computer, senza neppure dover uscire di casa che piove, a selezionare e mettere nel carrello tanti bei regali di Natale con lo sconto, e neppure ti immagini cosa c' è dietro quel pacchetto che ti arriva il giorno dopo a casa. (Chissà poi perché tutti vogliono la consegna veloce, che fretta avete, tutti quanti? Ma questo è un altro argomento).
Dietro quel pacco celere, pensa strano, ci sono lavoratori costretti a lavorare in condizioni da catena di montaggio fordiana. Di come funzioni il sistema degli algoritmi dentro i magazzini di Amazon si è già scritto e pare - dico pare - che le cose siano un po' cambiate. Nulla invece si sa di cosa succede da quando il pacco esce dal magazzino fino a casa vostra.
Andatevi a vedere «Sorry, we missed you», il film di Ken Loach, presentato a Cannes e già uscito nelle sale inglesi, che arriverà in Italia il 2 di gennaio, giusto in tempo per guastarvi il fegato già provato dai bagordi di Capodanno. Che ti aspetti da Ken Loach, l' ultimo regista comunista, se non un film di denuncia sociale, potreste obiettare? Infatti. Proprio questo fa. Vi costringe a guardare dove non vorreste, nella vita dei corrieri che consegnano i pacchi.
E a scoprire un mondo inimmaginabile, fatto di lavoratori che hanno il peggio dei due mondi: non hanno le garanzie dei dipendenti, ma neppure le libertà degli autonomi. Sono fornitori esterni, senza garanzie (è tutto a carico loro: multe, assicurazione, danni in caso di incidente, lo stesso mutuo per l' acquisto del furgone), ma con gli obblighi di prestazione di un dipendente, e quindi turni massacranti, domeniche obbligatorie, tempi di consegna tassativi, pena multe da pagare e perdita dell' appalto.
«Sorry, we missed you» - che tradotto letteralmente suona «Scusa, ti abbiamo mancato» - è la cartolina che i corrieri lasciano nella buca delle lettere quando in casa non trovano nessuno. Racconta il brutale disfacimento della famiglia di Ricky, ex muratore rimasto disoccupato dopo la crisi del 2008, che nell' acquisto di un furgoncino e nella possibilità di mettersi in proprio vede la possibilità di un riscatto sociale ed economico. Non lo sarà affatto, ma non vi voglio rovinare il film. Vi dico solo che è basato su fatti veri e su informazioni raccolte da Ken Loach e dal suo team sul campo, con interviste e infiltrati sotto copertura.
E che, dopo averlo visto, non potrete non domandarvi se è giusto punire Amazon e compagnia consegnante non facendo più acquisti online. Oppure se così facendo non si peggiora la situazione per i nuovi schiavi dell' e-shopping, che senza consegne perdono il lavoro. Un bel dilemma.
SCIOPERANO I CORRIERI CHE LAVORANO PER RECAPITARE GLI ORDINI DEL COLOSSO DELL'E-COMMERCE: "LA VELOCITÀ È TUTTO, COSÌ IL CARICO DI LAVORO È DISUMANO"
Giuseppe Bottero e Andrea Bucci per “la Stampa”
“Lavoro per Amazon. Consegno 130 pacchi al giorno e sono schiavo di un algoritmo». Area industriale di Brandizzo, mezz' ora da Torino. Walter Ghiron, rappresentante sindacale della Uil Trasporti, trent' anni da compiere, gli ultimi tre e mezzo passati a fare su e giù per la città con un furgone, oggi si è fermato. E assieme a lui almeno cento colleghi. Sono corrieri, gli uomini «dell' ultimo miglio».
Quelli costretti a sfidare il traffico infernale con in tasca il contratto di una delle tante ditte esterne a cui si affidano i signori dell' e-commerce. I figliastri del boom 2.0: un click, una corsa. Si parte presto, racconta Ghiron, che ha un contratto a tempo indeterminato con una società di trasporti, «tra le 7,45 e le 8 devi essere in azienda, in questo caso a Brandizzo dove ha sede il polo logistico da cui partono i viaggi. Prima di mettermi al volante ricevo dal nostro responsabile le consegne affidate da Amazon.
Quando salto sul furgone, però, l' applicazione che ognuno di noi ha sul telefonino in dotazione controlla il nostro percorso, ma il software informatico non tiene assolutamente conto degli imprevisti: il semaforo rosso, il traffico e la macchina che ti si spegne davanti con il "nonnino" alla guida. Ma tu devi consegnare e basta» Ghiron si ritiene fortunato, perché la rotta è sempre la stessa: precollina e Gran Madre. E' una vita frenetica, per 1600 euro al mese. Con l' incubo delle multe, che abbattono gli stipendi.
«Una consegna, una seconda e un' altra ancora senza guardare dove parcheggi: in doppia fila, sul marciapiede o in divieto di sosta.
Mi capita di non allacciare nemmeno la cintura perché perderei troppo tempo tra una consegna e l' altra. Tra uno stop e l' altro prendo dal cassone del furgone il pacco per la prossima consegna e me lo metto nel sedile a fianco. Non dovrei farlo, ma così guadagno ancora qualche minuto. Non hai nemmeno il tempo per fermarti e andare in bagno».
Qualcuno dei suoi colleghi s' è attrezzato: bottigliette nel cofano, e i bisogni sono sistemati. Pausa pranzo? «Mai fatta. Ordino per telefono un toast al bar più vicino, lo mangio davanti al cliente mentre consegno il pacco. Certi clienti non li vedo nemmeno, soprattutto quelli che vivono nei condomini perché per velocizzare la consegna lascio il pacco in ascensore». La grande rincorsa finisce alle sette di sera: «Torni a casa e non riesci a smaltire lo stress». E allora è nata questa protesta, proprio nei giorni del Black Friday. Con una manifestazione davanti al polo logistico. «Perché la nostra vita è a repentaglio tutti giorni, e non vengono riconosciuti gli straordinari».
È una ricostruzione che da Amazon contestano. «Il numero dei pacchi da consegnare è assegnato ai corrieri in maniera appropriata e si basa sulla densità dell' area nella quale devono essere effettuate le consegne» spiega il colosso. E i turni? «Circa il 90% degli autisti termina la propria giornata di lavoro prima delle 8 ore e 45 minuti come previsto dal contratto Trasporti e Logistica. Nel caso in cui venga richiesto straordinario, viene pagato il 30%. E chi lavora la domenica ha diritto al riconoscimento del riposo compensativo e alla maggiorazione del 50% dello stipendio».
Ghiron, è sufficiente? L' uomo delle consegne si confronta con gli altri, dopo una lunga assemblea. E alla fine si vota una protesta che non s' era quasi mai vista. Si va avanti, ma d' ora in poi rispettiamo le norme imposte da Amazon, spiega: rispetto del codice della strada, firma del cliente da apporre sul ritiro del pacco. Tutto secondo le regole. A scapito della velocità.