OLIMPIADI OPACHE: TROPPI ARBITRAGGI "DISONESTI" - NON SONO SOLO GLI ITALIANI A LAMENTARSI, MA ANCHE GLI AMERICANI - LA TENNISTA STATUNITENSE COCO GAUFF, ELIMINATA DAL SINGOLARE FEMMINILE, PROTESTA CONTRO I GIUDICI DI GARA A CAUSA DI UNA "CHIAMATA" SBAGLIATA: "NON SONO STATI ONESTI" - MALAGÒ ALZA LA VOCE E FA INCAZZARE IL COMITATO OLIMPICO. IL PRESIDENTE DEL CONI ACCUSA I DUE GIUDICI ASIATICI CHE HANNO FREGATO LA VITTORIA ALLO SCHERMIDORE MACCHI - TUTTI GLI ERRORI ARBITRALI DALLA BOX ALLA SCHERMA AL JUDO
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1- A PARIGI PROTESTA ANCHE LA GAUFF, 'ARBITRAGGIO DISONESTO'
(ANSA) - Non piangono solo gli italiani, che pure nella classifica della protesta olimpica per il momento gareggiano per l'oro. Adesso è un pezzo grosso dello sport mondiale, la portabandiera Usa Coco Gauff a lamentarsi degli arbitri.
"Non sono stati onesti con me", ha detto dopo l'eliminazione dal singolare femminile. Nel match perso contro la croata Donna Vekic in due set (7-6 6-2), la Gauff (testa di serie numero 2) aveva protestato a lungo con il giudice di sedia per una chiamata di linea nel sesto gioco del secondo set.
2 - GEOPOLITICA E SOSPETTI ITALIA CONTRO GLI ARBITRI I GIOCHI COME IL CALCIO
Giuliano Foschini per “La Repubblica”
Abbiamo cominciato con la boxe: sconfitta di Abbes Aziz Mouhiidine. Continuato con il judo (Odette Giuffrida) e proseguito con la scherma: Arianna Errigo prima e Filippo Macchi dopo. Parigi 2024 è cominciata per l’Italia con un segno molto “calcistico” e poco olimpico: la protesta contro gli arbitri.
Abbiamo subito torti evidenti (boxe e Macchi su tutti) ma a colpire sono state le modalità con cui sono state avanzate le proteste: ad alzare la voce non è stato il singolo presidente di una federazione, come in passato spesso è accaduto, anche in maniera molto scenografica. Ma direttamente il presidente del Coni, Giovanni Malagò, che è anche membro del Cio. E che quindi in qualche maniera ha protestato contro sé stesso.
«Ultimamente — ha detto, sarcastico, Malagò — andiamo meglio negli sport in cui si va con il centimetro e con il cronometro».
Il caso Macchi si diceva è stato quello più clamoroso dove, come ha ricostruito minuziosamente Repubblica, a penalizzare l’Italia è stata soprattutto l’inesperienza e la cattiva comunicazione dei due arbitri prescelti: Huang Hao Chih di Taipei e il coreano al Var (sorteggiato e non designato) Suh Sang Won. Ma al di là dell’irritualità, a far irritare il Cio sono state le motivazioni che Malagò direttamente ha utilizzato per contestare la scelta.
«C’è un errore di fondo che mina la credibilità di questo sport», ha detto il presidente, che parlando di “credibilità” non ha certo usato una scorciatoia. «C’erano due giudici, uno di Taipei e uno della Corea per una finale tra un italiano e un atleta asiatico. I giudici sono sorteggiati: se il primo è di Tapei, il secondo si prende dal Lussemburgo, dagli Usa, non si prendono gli unici 2 giudici asiatici».
La prossimità geografica come peso di favore a una nazione piuttosto che un’altra è un concetto nuovo nel mondo dello sport (in particolare in un’Olimpiade che si disputa in tempo di guerre, tra paesi confinanti) tanto che il portavoce del Cio, Mark Adams, ha gelato le dichiarazioni di Malagò con questa frase: «È un concetto interessante». Ma fuori dalla battuta, un membro del Cio, facevano notare ieri, che parla di «credibilità di uno sport minata» nel mezzo di un’Olimpiade è un’enormità. Per di più in uno sport che ieri ha regalato un oro all’Italia: la credibilità è minata solo quando perdiamo?
Il caso, inevitabilmente, è diventato immediatamente politico. Dal judo hanno risposto con un comunicato durissimo: «Le accuse dell’Italia sono completamente infondate. I nostri arbitri sono riconosciuti per professionalità e onestà». La storia è rimbalzata sui più importanti media internazionali. Per dire, come ha raccontato persino il New York Times, Pizza Hut di Hong Kong ha pubblicato una pizza all’ananas infilzata da uno schermitore, per prendere in giro le proteste italiane.
[…] Ma allora, se la linea è quella, perché un’uscita così scomposta sul tema arbitraggi? Gli amici e i detrattori del presidente all’interno del Coni (sono tanti entrambi: in gioco c’è la sua riconferma per un biennio o un quadriennio alla guida del Comitato, comunque forzando i regolamenti) davano una lettura concorde. Da un lato il Coni aveva bisogno di fare la voce grossa proprio per bloccare le polemiche che già erano partite: i nemici, in maniera strumentale, leggevano quelle decisioni sfavorevoli come uno scarso peso del Coni. E non banalmente come una decisione di campo, cosa che è un pezzo dello sport.
Dall’altro lato, all’interno del Comitato olimpico italiano c’è anche la paura di aver sparato troppo alto nel conto delle possibili medaglie che la gestione Malagò ha sempre indicato come il metro del successo: se ne mancherà qualcuna, speriamo di no, si potrà sempre dare colpa agli arbitri. E ai paesi confinanti.
3 - MONTA LA PROTESTA ITALIA DOPO MACCHI LA RABBIA PER IL VERDETTO DI TESTA
Estratto dell'articolo di F.Van. per il “Corriere della Sera”
Siamo un popolo di poeti, santi e navigatori. Ma anche di protestanti, nel senso di quelli che nello sport si inalberano e reclamano? Pare che vogliano appiopparci questa etichetta dopo le arrabbiature e le lamentele di questi giorni tra judo, boxe e scherma. L’ultima è quella di Irma Testa, la nostra campionessa del pugilato, sconfitta dalla cinese Zichen Xu. Pare quasi che i colpi della nostra iridata e bronzo a Tokyo non siano stati visti né giudicati. Anche questo fa parte di quei verdetti che lasciano basiti. E che pongono interrogativi.
Perché la judoka Odette Giuffrida s’è ritrovata a essere giudicata dalla rumena Joana Babiuc che forse non sta nelle sue corde? E perché una situazione analoga si è presentata nella scherma, visto che sia nell’assalto costato a Errigo l’eliminazione a opera della statunitense Sgruggs, sia in quello della finale del fioretto persa da Filippo Macchi, che si vorrebbe passare alla storia come la madre di tutti i furti, l’arbitro addetto al video era il coreano Su Sang Won? […]
Tornando alle proteste, la boxe è insorta per il verdetto che ha tolto di mezzo il peso massimo Aziz Abbes Mouhiidine, una delle maggiori speranze della spedizione olimpica italiana. Defraudato della vittoria contro l’uzbeko Mullojonov: è tornato il leit-motiv che perseguita il campano, già bidonato nelle finali degli ultimi due Mondiali.
«È una vergogna, pensavo che il Cio tutelasse i pugili da certe nefandezze del passato. Ma mi sbagliavo» ha tuonato il presidente federale Flavio D’Ambrosi. Il suo collega del judo Domenico Falcone dopo che Manuel Lombardo ha fatto la stessa fine della Giuffrida, buttato a sua volta fuori da tre sanzioni, non l’ha toccata piano: «Stanno ammazzando il nostro sport, i ragazzi hanno paura a salire sul tatami: parlerò con la federazione internazionale».
È quello che ieri ha fatto Paolo Azzi, capo della Federscherma, prendendo carta e penna come anticipato nel dopo-match di Macchi: la protesta ufficiale per quanto accaduto è stata consegnata a Emmanuel Katsiadakis, reggente ad interim della Fie. Giovanni Malagò, che deve alternarsi tra gare olimpiche e gatte da pelare, ha dato il supporto del Coni. «Il giorno dopo, a freddo — è la riflessione di Azzi — abbiamo lo stesso sentimento: non cambia il giudizio su quanto è successo. Il verdetto non sarà modificato, ma scrivere alla Fie era un atto dovuto». […]