OLTRE IL VIRUS, LA BEFFA – NELLE PIEGHE DEL DECRETO ‘CURA ITALIA’ C’È UN PASSAGGIO CHE SA DI FREGATURA: A FRONTE DI UNA SOSPENSIONE DI SOLI DUE MESI DI TUTTE LE ATTIVITÀ DI RISCOSSIONE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE, CONCEDE AGLI UOMINI DEL FISCO UNA ESTENSIONE DI DUE ANNI AI TERMINI DI ACCERTAMENTO E PRESCRIZIONE
-
Michele Di Branco per “il Messaggero”
«Non c'è alcuna intenzione di colpire i contribuenti, si tratta di un rinvio tecnico». Fonti dell'Agenzia delle Entrate negano che il fisco, in una fase così delicata, voglia accanirsi con gli italiani alle prese con problemi tributari. Ma è un fatto che un passaggio del decreto Cura Italia faccia discutere e produca un certo malumore.
In poche parole, il provvedimento, a fronte di una sospensione di soli due mesi di tutte le attività di riscossione dell'Agenzia, concede agli uomini del fisco una estensione di due anni (da 5 a 7) dell'attività di caccia agli evasori fiscali. Detta in breve, vengono prorogati di due anni i termini di accertamento e prescrizione (in deroga all'articolo 3 comma 3 dello Statuto del Contribuente, quindi con effetto retroattivo) applicando di netto l'articolo 12 del Decreto 159/2015 che dispone «misure per la semplificazione e razionalizzazione delle norme in materia di riscossione».
FINO A SETTE ANNI
In particolare, secondo quell'articolo «i termini di prescrizione e decadenza relativi all'attività degli uffici degli enti impositori, degli enti previdenziali e assistenziali e degli agenti della riscossione aventi sede nei territori dei Comuni colpiti dagli eventi eccezionali per i quali è stata disposta la sospensione degli adempimenti e dei versamenti tributari, che scadono entro il 31 dicembre dell'anno o degli anni durante i quali si verifica la sospensione, sono prorogati, in deroga alle disposizioni, fino al 31 dicembre del secondo anno successivo alla fine del periodo di sospensione».
Un lungo giro di parole per dire che, ad esempio, il fisco ha tempo fino al 2022, per effettuare controlli, accertamento, riscossione e contenzioso nei confronti di un contribuente che, alla fine del 2020, poteva considerarsi in salvo rispetto a controlli per imposte relative all'anno 2015. Di fatto la prescrizione relativa agli accertamenti, che normalmente è quinquennale, potrà come detto arrivare fino a sette anni.
LA RECESSIONE
Insomma, mentre disponeva la sospensione dei versamenti su tutto il territorio nazionale, almeno per alcune categorie produttive, il governo ha ritenuto di far scattare praticamente in automatico una norma relativa alle situazioni di calamità naturale, come i terremoti, che però si verificano in porzioni limitate di territorio. Stavolta invece siamo in presenza di un evento di portata più vasta che - soprattutto - determinerà una recessione probabilmente senza precedenti non solo in Italia ma in tutta Europa e probabilmente in buona parte del mondo.
LE CRITICHE
L'intervento legislativo ha comunque suscitato forti perplessità in quasi tutte le forze politiche ed è ora possibile che sia modificato in sede di conversione parlamentare del decreto oppure con il secondo provvedimento atteso per il prossimo mese di aprile. In quell'occasione saranno con tutta probabilità ulteriormente prolungati i termini per il versamento delle imposte (ora si arriva a fine maggio) visto che difficilmente tra un paio di mesi l'emergenza potrà dirsi terminata.
«È una norma indecente» attacca senza mezzi termini Enrico Zanetti. Secondo l'ex viceministro dell'Economia, «il provvedimento espone il governo a critiche giuste senza alcun beneficio dal punto di vista del miglioramento dell'attività di riscossione. È assurdo prosegue Zanetti che si colga a pretesto un momento così difficile per operare un giro di vite insensato nei confronti dei contribuenti. Si tratta di una ulteriore prova del fatto che chi ha in mano la penna e legifera non si rende assolutamente conto delle difficoltà che attraversa il Paese».