TRA LE OMBRE DEL DELITTO DI VIA POMA C'È ANCHE IL COLPO DI CARMINATI AL CAVEAU DELLA BANCA DI ROMA – TRA LE CASSETTE DI SICUREZZA RAZZIATE C'ERA ANCHE QUELLA DELL'AVVOCATO DEI MISTERI, FRANCESCO CARACCIOLO DI SARNO, IL CUI NOME È AL CENTRO DELLE INDISCREZIONI SUL DELITTO DI SIMONETTA CESARONI, AVVENUTO NELL'UFFICIO REGIONALE DEGLI OSTELLI IN VIA POMA DI CUI L'AVVOCATO (SCOMPARSO) ERA PRESIDENTE. IL SUO ALIBI E’ STATO SMENTITO DALL’ASSISTENTE. FORSE C'ENTRAVA QUALCOSA CON L'OMICIDIO DELLA GIOVANE SEGRETARIA. OPPURE SI ERA ADOPERATO AFFINCHÉ… - IL RUOLO DEL GENERO DELL'ALLORA CAPO DELLA POLIZIA PARISI
-Giacomo Galanti e Andrea Ossino per “la Repubblica - Roma”
Tra le ombre di via Poma c'è anche il colpo messo in atto da Massimo Carminati, detto "Er Cecato", al caveau della banca di Roma dentro alla città giudiziaria. Sì, perché nella lista delle cassette di sicurezza da svaligiare c'era anche il nome dell'avvocato dei misteri, Francesco Caracciolo di Sarno.
Di cassette ce ne sono ben 900, ma Carminati, orchestratore dell'operazione datata 16 luglio 1999, ordina ai complici di forzarne 147. Tra i proprietari ci sono magistrati, cancellieri, avvocati, notai e altri nomi di alto profilo del mondo giudiziario. Alcuni legati a doppio filo ai più grandi misteri d'Italia. La storia è nota: "Er Cecato" avrebbe architettato quello che alcuni definiscono «il colpo del secolo» per poter ricattare i soggetti a cui avrebbe trafugato documenti scottanti.
Cosa custodisse la cassetta di Caracciolo non è dato sapere. Di certo, dopo le ultime indiscrezioni sul delitto di Simonetta Cesaroni, avvenuto il 7 agosto 1990 nell'ufficio regionale degli Ostelli in via Poma di cui l'avvocato era presidente, sarebbe interessante saperlo. Indiscrezioni che mettono in crisi l'alibi di Caracciolo e sottolineano la stranezza di alcuni suoi comportamenti dopo il delitto. Forse c'entrava qualcosa con l'omicidio della giovane segretaria. Oppure si era adoperato affinché occhi indiscreti non guardassero troppo tra i suoi affari, compresi quello dell'ufficio di via Poma.
Di sicuro la procura, che ha aperto un fascicolo per omicidio volontario contro ignoti, starà facendo i suoi accertamenti. Ma il tema appare più nelle corde della Commissione parlamentare d'inchiesta che dovrebbe partire entro maggio. Commissione che non avrà davanti a sé un lavoro semplice. Dal 7 agosto 1990 infatti, quando Simonetta viene massacrata con 29 coltellate, le carte dell'inchiesta sono cresciute a dismisura, riempiendo una decina di faldoni. Si tratta di migliaia di verbali, appunti, informative, intercettazioni che per certi versi contengono tutto e il contrario di tutto.
E che con gli anni hanno così ingarbugliato il caso. Già la notte in cui viene ritrovato il cadavere di Simonetta succede qualcosa di inconsueto. Tra i tanti agenti che corrono a bordo delle loro gazzelle davanti al palazzone di via Poma c'è anche Sergio Costa. Si tratta di un agente dei servizi segreti ed è il genero di Vincenzo Parisi, l'allora capo della Polizia di Stato. In quel momento Costa, come spiegherà lui stesso, era stato distaccato dal Sisde alla sala operativa della Questura di Roma.
E quella sera era di turno, tutto qua. La circostanza rimane tuttavia controversa. Infatti nei rapporti delle varie volanti presentati al magistrato e inseriti nel fascicolo dell'inchiesta il nome di Costa all'inizio non si trova. Ma intanto, nei mesi a seguire, l'agente continuerà a informarsi con gli investigatori sull'andamento delle indagini. In particolare sulla posizione del portiere Pietrino Vanacore. Per poi ritornare nell'ombra e far perdere le proprie tracce. Il palazzo Il condominio di via Poma 2 dove è stata assassinata Simonetta Cesaroni.