PARENTI SERPENTI – SHABBAR ABBAS, CONDANNATO ALL’ERGASTOLO PER L’OMICIDIO DELLA FIGLIA 18ENNE, SAMAN, PUNTA IL DITO CONTRO IL FRATELLO, DANISH, CHE È STATO CONDANNATO A 14 ANNI, E I CUGINI NOMANHULAQ NOMANHULAQ E IKRAM IJAZ, A SUO DIRE PRESENTI LA SERA DEL DELITTO A NOVELLARA: “VOGLIO SAPERE CHI HA UCCISO MIA FIGLIA, DANISH SA TUTTO” - LA REPLICA DEI LEGALI DEI CUGINI: “SHABBAR CONTINUA A NEGARE LE PROPRIE RESPONSABILITÀ, NON FA ALTRO CHE..."
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Estratto da www.corriere.it
Continua a negare di aver anche solo pensato di uccidere insieme alla moglie la figlia Saman. Dice di voler giustizia per lei. E accusa suo fratello (e zio della ragazza) Danish Hasnain, invitandolo a «dire la verità» e i cugini Nomanhulaq Nomanhulaq e Ikram Ijaz, a suo dire presenti la sera del delitto a Novellara.
I SOSPETTI DEL PADRE SUI TRE PARENTI
Il 19 aprile, prima del deposito delle motivazioni della sentenza della Corte di assise di Reggio Emilia che ha condannato lui e la moglie Nazia Shaheen all'ergastolo, lo zio Danish a 14 anni e assolto i cugini, Shabbar Abbas ha chiesto di parlare con gli inquirenti di Reggio Emilia, dal carcere, per fare nuove dichiarazioni spontanee: il verbale è stato depositato, in vista anche degli atti di appello. «Voglio sapere chi ha ucciso mia figlia», […]
Shabbar ha detto di sospettare dei tre parenti: «Quando ho sentito in Pakistan che loro erano scappati tutti e tre, allora io capito che sono stati tutti e tre, non ci sono dubbi». Ha detto però di non sapere chi ha fatto cosa: «Perché non dice la verità Danish? Lui sa tutto», ha detto Shabbar.
IL PADRE DI SAMAN: ZIO E CUGINI DOVEVANO PICCHIARE IL FIDANZATO
Su quanto successo la sera del 30 aprile 2021, […]ha spiegato di essersi sentito al telefono con il fratello Danish Hasnain, con l'idea che arrivasse il fidanzato di Saman, Saqib, a prendere la ragazza. Il piano era quello di dare una lezione al giovane: a Danish «ho detto di non picchiarlo così forte da far venire un'ambulanza, ma di picchiarlo per spaventarlo». E Danish gli avrebbe confermato che se ne sarebbe occupato insieme ai cugini, Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq.
Shabbar quindi uscì di casa con Saman e la moglie Nazia Shaheen, poi andò avanti solo la moglie con la figlia, perché la 18enne non avrebbe voluto che il padre vedesse chi la veniva a prendere, ha detto. Poi Shabbar ha spiegato di non aver più visto né sentito nulla e di aver saputo della morte della figlia solo quando era già in Pakistan, partito il primo maggio. Perché a quel punto non è tornato in Italia, gli è stato chiesto di precisare dai suoi legali? Shabbar ha risposto di aver avuto minacce da parte di un parente del cugino Ikram e di temere per l'altro figlio, rimasto in Italia.
I LEGALI DEI CUGINI: SHABBAR FACCIA I CONTI CON LA REALTÀ
«Probabilmente è proprio con la realtà che Shabbar (o la sua difesa) non riesce a fare i conti, purtroppo però (anzi per fortuna) la realtà, come si legge sempre in sentenza, "per sua indole, tende sempre a riaffermare sé stessa"». Gli avvocati Luigi Scarcella e Mariagrazia Petrelli, legali difensori di Nomanhulaq Nomanhulaq e Ikram Ijaz, i cugini, assolti e scarcerati nel processo e nuovamente chiamati in causa dal padre di Saman con dichiarazioni spontanee, rispondono così a Shabbar Abbas.
«Tralasciamo per il momento - dicono i legali - non senza nascondere l'estremo imbarazzo, le questioni tecniche sulle modalità con cui sono state acquisite le dichiarazioni. È prevedibile, perché voluto, che si scatenerà, come già successo in passato, molto rumore per nulla. Il contenuto delle dichiarazioni corrisponde a quanto già esposto dai difensori di Shabbar in sede di arringa e poi ribadito dallo stesso Shabbar in udienza. Continua a negare le proprie responsabilità, non fa altro che aggiungere ulteriori pensieri e deduzioni (proprie o dei suoi difensori), riguardo a quanto sarebbe accaduto alla povera Saman. Seppure sollecitato ribadisce sempre che nulla ha visto e nulla di specifico ha appreso». […]