LA PAROLA “GAS” VIENE DA “CAOS”, E OGGI CAPIAMO BENE IL PERCHÉ – FRANCESCO MERLO: “È IL GAS CHE RACCONTA IL NOSTRO TEMPO DI RIGASSIFICATORI NEGATI, DI RUBINETTI CHE SI CHIUDONO E BOLLETTE CHE RINCARANO, DEL TUBO DI ACCIAIO CHE DALLA RUSSIA, ATTRAVERSANDO LA MONGOLIA, ARRIVERÀ IN CINA” – “A RICORDARCI CHE BEN PRIMA DELLO SCELLERATO PUTIN, LA PAROLA GAS RIMANDAVA ALLA GUERRA E ALLA MORTE, C'È PRIMO LEVI…”
-Estratto dall'articolo di Francesco Merlo per “la Repubblica”
Viene da "caos" la parola gas, inventata dall'alchimista fiammingo van Helmont (1557-1644). Gli pareva, ci avverte Savinio (Nuova Enciclopedia, Adelphi), che il "vapore sottile", che sarebbe stato poi chiamato anidride carbonica, somigliasse alla sostanza imponderabile del caos, aria fissa e massa informe, il vuoto di materia che, secondo Platone, diede origine a tutte le cose.
Duemilacinquecento anni dopo, dunque, il caos della filosofia greca è il gas che racconta il nostro tempo di rigassificatori negati, di rubinetti che si chiudono e bollette che rincarano, del tubo di acciaio che dalla Russia, attraversando la Mongolia, arriverà in Cina.
Gas è il monosillabo che racchiude "un mondo in cui spaventose energie, e non parlo solo degli arsenali nucleari, dormono di un sonno leggero" scrisse Primo Levi, che era un chimico, narratore della tavola degli elementi (Il sistema periodico, Einaudi), amico dell'Idrogeno, che è il più leggero dei gas, e discendente dell'Argon, che è il più nobile dei gas. Ma, ci spiega la filologia, avendo gas e caos la stessa radice dei verbi greci dell'ottimismo, il campo semantico si allarga.
Così, al di là delle apparenze, il caos della matematica è lo stesso delle acque gassate. E l'effervescenza in bottiglia è lo stesso subbuglio delle città: caos e gas di scarico, dare gas e sentirsi gasati nel caos calmo, nel fuoco che produce gas e nel gas che diventa fuoco, anche quello delle passioni tossiche di Gianna Nannini: "Quest' amore è una camera a gas". […]
E sullo sfondo del Grande Disordine c'è sempre Pirandello che nacque nella contrada Caos, "il luogo dove avvengono i naufragi". E però, a ricordarci che ben prima dello scellerato Putin, la parola gas rimandava alla guerra e alla morte, c'è ancora Primo Levi che, nel suo memorabile ultimo articolo intitolato "Il buco nero di Auschwitz", scrisse che era stato il "gas prodotto da illustri fabbriche chimiche tedesche" a garantire l'eliminazione fisica di milioni di persone con metodo industriale. E oggi quel gas torna a dare la morte di Stato nelle prigioni della Carolina e persino in Italia dove i detenuti si suicidano sniffando le bombolette che alimentano i fornelli.
"Esplodere o implodere, questo è il problema" si chiedeva Italo Calvino (Cosmicomiche - Einaudi) facendo il verso all'Amleto: "che sia più nobile intento espandere nello spazio la propria energia senza freno, o stritolarla in una densa concentrazione interiore e conservarla ingoiandola".