PERCHE' PER MESI NESSUNO HA AVVERTITO MASSIMO GILETTI SULLE FRASI CONTRO DI LUI DEL BOSS GRAVIANO? - IL CONDUTTORE: “CHE IO DEBBA SCOPRIRE DI ESSERE MINACCIATO LEGGENDO "REPUBBLICA" A METÀ LUGLIO MI SEMBRA GRAVE. LE AUTORITÀ COMPETENTI AVEVANO TUTTI GLI ELEMENTI DA FINE MAGGIO. NON SI SONO COMPORTATI IN MODO SERIO. SI VA AVANTI. POSSO DIRE CHE MI HA CHIAMATO IL MINISTRO BONAFEDE. NE PRENDO ATTO E RINGRAZIO. MA LA MIA RIFLESSIONE NON CAMBIA”
-Michela Tamburrino per “la Stampa”
Non è tanto la minaccia che gli ha lanciato contro un boss mafioso a rattristare Massimo Giletti perché, come ripete oramai a mò di mantra, «chi fa il mio mestiere e lo fa in un certo modo, non può cadere dalle nuvole quando scopre di dare fastidio a chi attacca».
Quello che invece non va proprio giù a Massimo Giletti, giornalista e conduttore di Non è l'Arena su La7, dove se la prende con i corrotti e i malavitosi ma anche contro i furbetti del cartellino o chi non rinuncia a prebende, è invece il fragoroso silenzio delle istituzioni su un fatto tanto grave.
Giletti riassumiamo l'accaduto. Il boss mafioso Filippo Graviano (lo stesso delle stragi del '92-'93), sapendosi intercettato, ha detto rivolto al boss della 'ndrangheta Maurizio Barillari: «Quell'uomo... di Giletti e quel... di Di Matteo stanno scassando la minchia...il ministro Bonafede, invece, fa il suo lavoro». E questo perché, nel suo caso, lei si era occupato in trasmissione della scarcerazione di 300 boss mafiosi suscitando un giusto putiferio.
Minaccia bella e buona. Paura?
«Sono abituato alle minacce, faccio inchieste giornalistiche su temi delicati, sarebbe sciocco non metterle in conto. Certo, ora è più faticoso».
Dunque?
«Si va avanti. Posso dire che mi ha chiamato il ministro Bonafede. Ne prendo atto e ringrazio. Ma la mia riflessione non cambia».
Parla dell'assenza di comunicazione immediata all'indomani dell'intercettazione?
«Che io debba scoprire di essere minacciato leggendo Repubblica a metà luglio mi sembra un fatto grave. Le autorità competenti avevano sulla scrivania tutti gli elementi utili da fine maggio. Non mi sembra si siano comportati in modo serio».
Il ministro nella sua telefonata le ha parlato dell'ipotesi scorta?
«Le minacce sono pesanti ma su questi aspetti logistici non entro e comunque non se ne è parlato. Sinceramente avrei voluto rivolgergli altre domande. Del resto se ti immergi in certe dinamiche e alzi l'asticella, ti deve anche aspettare che i rischi siano commisurati».
Dalle istituzioni però avrebbe voluto qualcosa di diverso.
«Mi aspettavo che quella parte dello Stato in cui credo si sarebbe comportata in modo diverso. Tutto qui».
Lei era in vacanza?
«Ero fuori ma sono tornato a casa».
Proseguirà nel suo lavoro come prima o apporterà dei cambiamenti?
«Io non sono mai stato abituato a restarmene in mezzo al guado, ho sempre preso una posizione precisa e mai la più comoda.
Leggendo quella frase lanciata contro di me dal boss mafioso ho capito parecchie cose, anche il valore che bisogna dare alle cose, al fatto di non tentennare mai. Ma nulla cambierà».
Perciò si va avanti...
«La strada è sempre piena di buche e di asticelle. Bisogna cercare di non cadere nelle buche e di saltare le asticelle. E combattere sempre, l'unica risposta possibile»