PERCHÉ MASSIMO ADRIATICI PEDINAVA YOUNS EL BOUSSETTAOUI? – LA PROCURA DI PAVIA STA REGISTRANDO UNA “COINCIDENZA QUANTOMENO ANOMALA” NEL CASO DI VOGHERA: DALL’ANALISI DEI FILMATI DELLA CITTÀ SI VEDE SPESSO, E SEMPRE NELLE SOLITE ZONE, L’ASSESSORE LEGHISTA CAMMINARE DIETRO AL VAGABONDO MAROCCHINO – CERTO, LUI POTRÀ DIRE CHE ERA SUO COMPITO DI AMMINISTRATORE VIGILARE, CONTROLLARE E STARE IN MEZZO AI CITTADINI. MA OLTRE ALLE RONDE (ARMATE), ADRIATICI PRETENDEVA DI INSEGNARE A POLIZIA E CARABINIERI IL MESTIERE. CONVOCAVA SPESSO DIRIGENTI E UFFICIALI E… - VIDEO
-IL VIDEO DELL'AGGRESSIONE DI YOUNS EL BOUSSETTAOUI A MASSIMO ADRIATICI
Andrea Galli per il "Corriere della Sera"
L'assessore leghista alla Sicurezza di Voghera Massimo Adriatici ha pedinato la futura vittima Youns El Boussettaoui. In un'inchiesta delicata, sottoposta fin dall'inizio a diversificate pressioni, ogni azione e ogni sua descrizione diventano dirimenti: ma nell'analisi dei filmati delle prime telecamere sparse per Voghera, la Procura di Pavia sta registrando una «coincidenza quantomeno anomala».
Ovvero la presenza, nei medesimi tratti cittadini, dell'avvocato di 47 anni Adriatici e del vagabondo e molestatore seriale 39enne, ammazzato da un proiettile. E sempre, in quei filmati, chi camminava davanti (pare ignaro della presenza alle spalle) era El Boussettaoui, seguito da Adriatici che forse, con quella attività di monitoraggio (e pare non da una posizione distante) voleva appurare eventuali nuove scorrerie del marocchino.
Ma con quale fine ultimo? Inchiesta delicata, abbiamo detto. Come anticipato dal Corriere , il pm Roberto Valli, uno dei magistrati diretti dal procuratore aggiunto Mario Venditti, ha chiesto al gip l'incidente probatorio per cristallizzare due delle tre testimonianze di clienti del bar «Ligure» di piazza Meardi, fuori dal quale, alle 22.14 dello scorso martedì 20 luglio, dalla pistola con il colpo in canna e senza sicura Adriatici aveva sparato in direzione di El Boussettaoui che lo aveva aggredito con un improvviso pugno in volto.
Quei due testimoni, entrambi stranieri, potrebbero non sostare a Voghera fino all'inizio del processo; potrebbero sparire (o venire «consigliati» di andarsene). Ma (forse) soprattutto, potrebbero modificare ancora la versione. Uno di loro, che peraltro si era presentato di sua volontà nella caserma dei carabinieri a verbalizzare quanto visto, due giorni dopo aveva alterato il resoconto.
Per quale motivo? Si scoprirà più avanti. Insieme al resto che manca. Quando dovrà rispondere, Adriatici, ai domiciliari dopo la convalida per eccesso colposo di legittima difesa, potrà replicare che non si trattava di pedinamenti bensì dell'attività da assessore. Vigilare, controllare. Che lui fosse in effetti in mezzo ai cittadini, instancabile e senza limiti di orario, è un fatto notorio che legittima la sua concezione del fare politica.
Ma oltre a quelle ronde armate, aveva l'abitudine di convocare dirigenti di polizia e ufficiali dei carabinieri per spiegare come si dovesse lavorare sulla sicurezza: frequenti sollecitazioni, queste, riportate dai vertici delle forze dell'ordine e dalla Prefettura alla sindaca, con l'obiettivo di spingere all'adozione di misure preventive, proprio per anticipare degenerazioni puntualmente avvenute. Dal Comune, mai niente.
Quarantotto ore prima di perdere la vita a causa delle lacerazioni di parte dell'addome e del rene destro raggiunti dal proiettile calibro 22, El Boussettaoui, un pluripregiudicato, aveva infastidito i clienti di un altro locale, dalla parte opposta di piazza Meardi. Il titolare aveva informato Adriatici, il quale ha in ogni modo escluso di aver raggiunto il bar «Ligure» con la certezza di trovarci El Boussettaoui e «punirlo».
Avesse voluto uccidere, ha detto, avrebbe esploso più colpi in sequenza, in virtù dell'addestramento (è stato un agente). Eppure, si legge nell'0rdinanza del gip, esperienza o meno Adriatici non ha «saputo governare la concitazione e lo stress di una situazione critica».