PERICOLOSE PER LA SALUTE, PAGATE IN ANTICIPO (CONTRARIAMENTE A QUANTO AVVENUTO CON ALTRI IMPRENDITORI), PER DI PIÙ CONSEGNATE QUANDO LA FASE PIÙ DRAMMATICA DELL'EMERGENZA SANITARIA DI ERA CONCLUSA. LA TARDIVA CONSEGNA È UN ALTRO ELEMENTO CHE EMERGE DAGLI ATTI DELL'INCHIESTA SUGLI 800 MILIONI DI MASCHERINE, ACQUISTATE DALLA STRUTTURA COMMISSARIALE DI DOMENICO ARCURI, ACCUSATO DI ABUSO D’UFFICIO - UNA TRATTATIVA DIRETTA CHE, PER I PM È PASSATA DALLA MEDIAZIONE OCCULTA TRA MARIO BENOTTI, INDAGATO PER TRAFFICO DI INFLUENZE (SI SAREBBE MESSO IN TASCA 11 MILIONI DI EURO)
-Valentina Errante per “il Messaggero”
Pericolose per la salute, pagate in anticipo (contrariamente a quanto sarebbe avvenuto con gli altri imprenditori), per di più consegnate quando la fase più drammatica dell'emergenza sanitaria di era conclusa. La tardiva consegna è un altro elemento che emerge dagli atti dell'inchiesta sugli 800 milioni di mascherine, acquistate dalla struttura commissariale a marzo 2020 una trattativa diretta che, per i pm è passata dalla mediazione occulta tra Mario Benotti, indagato per traffico di influenze (si sarebbe messo in tasca 11 milioni di euro), e lo stesso commissario Domenico Arcuri, al quale i pm contestano l'abuso di ufficio, dopo avere archiviato le ipotesi di peculato e corruzione.
Le mascherine irregolari erano anche state bloccate in Dogana, ma poi dalla struttura commissariale arrivò l'ordine di sbloccarle. Per i pm l'operazione avrebbe consentito a un gruppo di lucrare cifre a sei zeri sull'emergenza. Del resto, Jorge Solis un faccendiere indagato, che dall'operazione avrebbe guadagnato quasi 6 milioni di euro, al telefono diceva a un amico: «Bello, buttati con noi, col gruppo, così ti garantisci una pensione, che qua non si guadagna un c... in Italia, lavorando onestamente così».
Eppure inizialmente erano state adottate misure ferree proprio per evitare le frodi. L'ex numero uno della protezione civile, Angelo Borrelli, che prima dell'istituzione della struttura commissariale si era occupato dell'emergenza sanitaria, ha riferito a verbale che nella fase più drammatica della pandemia era stata allertata anche l'intelligence per evitare l'acquisto di materiale inidoneo.
FINE LOCKDOWN
L'emergenza non giustificherebbe le anomalie dei contratti con le tre aziende cinesi che per un miliardo e 200 milioni (cifra sulla quale pesano gli oltre 60 milioni di provvigioni incassate dagli indagati) hanno fornito i dispositivi poi risultati pericolosi e ugualmente distribuiti.
In un'informativa agli atti dell'inchiesta, gli uomini del nucleo di polizia valutaria scrivono: «L'eventuale tesi difensiva in ordine alla tempistica delle consegne di mascherine in tempi ristretti, richiesti dallo scoppio della pandemia da Covid-19 nei mesi di marzo e aprile 2020, non troverebbe riscontro con la documentazione fornita da Vincenzo Tommasi (l'imprenditore presentato ad Arcuri da Benotti ndr) alla struttura antiriciclaggio dell'organo di Vigilanza. Dal prospetto dei voli - annotano i militari - si evince che le mascherine sono arrivate dalla Cina in Italia nei mesi di maggio e giugno 2020, quando ormai l'emergenza sanitaria era nella sua fase discendente».
L'INTELLIGENCE
È stato invece l'ex numero della protezione civile Angelo Borrelli a raccontare a verbale al pm di Roma Fabrizio Tucci cosa accadde nella fase iniziale dell'emergenza e quali misure fossero state assunte per evitare le frodi: «Di punto in bianco il 22 febbraio del 2020 emerge una esigenza mostruosa di acquisire mascherine filtranti per tutto il personale sanitario. È stato un momento molto convulso - dice Borrelli - perché più paesi erano interessati a queste forniture, con le prime truffe e frodi. Noi iniziammo ad operare, provvedendo a filtrare le offerte, e strutturarci».
E spiega: «I proponenti pretendevano molto spesso il pagamento anticipato, e ciò ha costituito un problema finché non è stato autorizzato il pagamento anticipato anche dell'intera fornitura. Da quel momento abbiamo iniziato a pagare anticipi, se richiesti. Abbiamo chiesto anche il supporto dei servizi di informazioni e sicurezza (Aise ed Aisi), per una verifica dell'attendibilità commerciale dei soggetti che si proponevano. Ho chiesto a Consip di supportarci e l'ho individuato come soggetto attuatore. Il 9 marzo - aggiunge Borrelli - ho chiesto al capo di gabinetto del ministro degli Esteri di diramare una richiesta di mascherine in tutto il mondo, attraverso la rete diplomatica. Senza alcun esito, poiché i paesi produttori non autorizzavano esportazioni».
Poi, con l'arrivo di Arcuri, Borrelli fa solo da supporto: «Come Protezione Civile abbiamo intrapreso rapporti istituzionali con l'ambasciata italiana in Cina, perché da quel paese giungevano le maggiori forniture, con Steve Forziati, che si era impegnato ad individuare soggetti cinesi affidabili. L'ambasciata aveva individuato magazzini contenenti depositi di mascherine, riceveva merce ed acquisiva certificati. Abbiamo ricevuto, inoltre, donazioni». Borrelli precisa anche di non avere mai utilizzato intermediari non contrattualizzati, come sarebbe avvenuto dopo, con Tommasi.