A PEZZI IL MONDO DI MEZZO – ASSOLTO ANCHE MAURIZIO VENAFRO, EX CAPO DI GABINETTO DI NICOLA ZINGARETTI: SECONDO LA CASSAZIONE NON HA CONDIZIONATO IN ALCUN MODO LA GARA D’APPALTO MILIONARIA DEL 2014 PER L’AFFIDAMENTO DEL CUP DELLA REGIONE - DOPO LA CADUTA DELL’AGGRAVANTE MAFIOSA, CROLLA UN ALTRO PEZZO DELL’INCHIESTA CHE NEL 2014 TRAVOLSE ROMA, IN ATTESA DEL NUOVO PROCESSO SU BUZZI E CARMINATI
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Giuseppe Scarpa per “il Messaggero”
Assolto. Maurizio Venafro, ex capo di gabinetto del presidente della Regione Nicola Zingaretti non ha in alcun modo condizionato la gara d'appalto milionaria del 2014 per l'affidamento del Cup, centro unico prenotazioni delle prestazioni sanitarie, della Pisana. Crolla così un altro pezzo dell'inchiesta Mondo di Mezzo che nel 2014 ha travolto la Capitale.
Ieri la Cassazione ha accolto il ricorso di Venafro, assolvendolo con formula piena: «Per non aver commesso il fatto». E così, dopo la bocciatura dell'ipotesi di mafia, sostenuta dalla procura per l'organizzazione criminale guidata da Massimo Carminati e Salvatore Buzzi, definita dagli Ermellini una semplice organizzazione a delinquere, i giudici di piazza Cavour tornano a riscrivere la storia giudiziaria di un altro capitolo di quell'inchiesta.
Cassando ancora una volta la ricostruzione dei pm capitolini. Tanto da far commentare alla difesa dell'ex capo di gabinetto: «La Procura di Roma viene ancora una volta smentita e questo verdetto della Cassazione dimostra che Maurizio Venafro è stato ingiustamente perseguitato, adesso aspettiamo di leggere le motivazioni della suprema Corte per rivelare le gravi anomalie di questo processo».
Commenta l'avvocato Maurizio Frasacco, che insieme a Giampiero Mendola, ha difeso Venafro in Cassazione. Accusato di turbativa d'asta e assolto in primo grado, Venafro era stato condannato a un anno in appello (pena sospesa).
I giudici hanno invece annullato con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Roma, la condanna a un anno e quattro mesi per Mario Monge, ex dirigente della cooperativa Sol.Co. Anche per Monge - che come Venafro ha fatto ricorso ai supremi giudici contro il verdetto d'appello del maggio 2019 - l'accusa era di turbativa d'asta. Per quella gara d'appalto, la procura ipotizzava un sistema di spartizione tra le cooperative in base all'area di riferimento politica.
NUOVI PROCESSI
Torna così in appello un altro pezzo dell'inchiesta, mentre si è in attesa della fissazione del processo del secondo grado bis, che dovrà stabilire nuove pene per Massimo Carminati, intanto tornato libero, e Salvatore Buzzi. Secondo l'accusa, Venafro aveva avuto un ruolo attivo nel pilotare la gara «attraverso la condotta di Angelo Scozzafava», nominato presidente della commissione aggiudicatrice.
Si sarebbe così assicurato «che uno dei lotti venisse attribuito a Salvatore Buzzi e sodali». L'appalto centro unico delle prestazioni sanitarie della Regione era una commessa di oltre 60 milioni di euro che, sempre secondo la ricostruzione della procura, definitivamente bocciata dalla Cassazione, sarebbe stata spartita tra tutte le coop, grazie alla presenza di Scozzafava in commissione. Venafro avrebbe «concorso a indirizzare l'aggiudicazione dell'appalto».
Avrebbe infatti segnalato il curriculum del funzionario Scozzafava - caldeggiato da Luca Gramazio - che era poi stato scelto come componente della commissione. Una nomina che era sembrata anomala. Venafro, considerato «garante degli accordi con Gramazio», invece è stato giudicato estraneo ai fatti.