A PIGLIARE LE MAZZATE SONO SEMPRE I PIÙ INDIFESI - A TORINO RINVIATO A GIUDIZIO PER LESIONI AGGRAVATE UN POLIZIOTTO ACCUSATO DI AVER PRESO A CALCI E PUGNI UN 17ENNE CHE CON ALTRI AMICI AVEVA FATTO UNA BRAVATA, SIMULANDO UNA RISSA E CHIAMANDO LA POLIZIA - IL RAGAZZO DICE CHE SCAPPAVA "SOLO PER EVITARE LA MULTA", VISTO CHE ERA SCATTATO IL COPRIFUOCO, L'AGENTE RISPONDE CHE PENSAVA FOSSE ARMATO: "QUANDO L'HO BLOCCATO HA COMINCIATO A SCALCIARMI"

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Irene Famà per "La Stampa"

 

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«Sono scappato perché non volevo prendere la multa. Ero in giro dopo il coprifuoco con un amico, nulla di più». Giulio, all'epoca diciassettenne, fuggiva per evitare una contravvenzione in piena pandemia. E invece è stato minacciato e picchiato, preso a calci e pugni da un poliziotto.

 

La vicenda è finita in Tribunale a Torino e ieri l'agente Mirko Giovani è stato rinviato a giudizio per lesioni aggravate, falso ideologico e abuso d'ufficio. L'11 novembre 2020, intorno alle 22, Giulio esce a fare due passi con un amico per le vie del suo quartiere, tra i palazzoni popolari di Mirafiori Nord, alla periferia della città.

 

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Un gruppo di dodicenni, una decina che frequentano i giardinetti da quelle parti, li avvicina. «Volevano che facessimo uno scherzo alla polizia. Che chiamassimo, dicessimo che era in corso una rissa con bottiglie e coltelli».

 

Giulio non ha dubbi: «Una cosa del genere è fuori discussione. È di cattivo gusto». I dodicenni, però, del suo divieto non si curano. I due più grandi non lo vogliono fare? «Allora ci pensiamo noi». Così chiamano il 112.

 

La polizia arriva. Il gruppo scappa. «Scappiamo anche noi, ma in un'altra direzione. C'era il coprifuoco ed eravamo in giro, non volevamo rischiare». Un poliziotto, così racconta il giovane nella denuncia, lo rincorre. Prima urla: «Fermati, ho la pistola. Così ci facciamo del male». Poi riesce a bloccarlo.

 

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«Mi ha sbattuto sul cofano di un'auto parcheggiata nella via». Pugni sul mento, sul naso, calci al costato. «Cercavo di spiegargli che non avevo fatto nulla, ma ogni volta che parlavo prendevo botte».

 

Il ragazzo finisce in manette e viene caricato su una volante. «Continuava a dirmi che non valevo niente, che comandava lui, che dovevo stare zitto o avrei preso il resto. Che dagli sbirri non si scappa. E io provavo a spiegargli che sì, ero scappato, ma solo perché speravo di non prendere la multa».

 

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Arriva un altro agente, «più anziano», così lo descrive Giulio, che intima al collega di lasciare il giovane: «È un bravo ragazzo». Lui non ha assistito alla scena, aveva seguito il gruppo nella direzione opposta.

 

Giulio è minorenne, così viene contattata la madre: «Era sporco di sangue e spaventato». E ancora: «Quel poliziotto mi disse una frase che mi è rimasta impressa: "È già tanto che non gli ho sparato". Ha detto proprio così».

 

Giulio e la mamma tornano a casa. Lì per lì non pensano a presentare denuncia: «Chi ci avrebbe creduti?». Il giorno dopo, però, il ragazzo ha difficoltà a respirare, dolori al costato. Così va in ospedale. E il referto medico testimonia diverse contusioni.

 

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Alla fine la prognosi è di 30 giorni. Mirko Giovani, all'epoca agente scelto dell'Ufficio prevenzione generale della Questura di Torino, davanti al magistrato si difende: «Gli avevo ordinato di fermarsi. A un certo punto ha scavalcato la recinzione di un condominio ed è caduto sul marciapiede. A quel punto l'ho bloccato, ma lui ha iniziato a scalciare, a opporre resistenza».

 

L'ha picchiato? «No, non è vero niente». Una versione, la sua, che non ha convinto né la procura, che ha chiesto il rinvio a giudizio, né il gip che ieri l'ha disposto. Il resto sarà discusso a dibattimento.

 

La madre di Giulio agli inquirenti l'ha ribadito più volte: «Abitiamo in un contesto difficile, è vero. Ma mio figlio è un bravo ragazzo. Non ha mai dato alcun tipo di problema. Non è mai stato denunciato o fermato».

 

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Anzi. Quando si è trovato davanti un gruppo di dodicenni che volevano coinvolgerlo in uno scherzo alla polizia, non solo si è tirato indietro, ma anche cercato di dissuaderli. Mirko Giovani, ora trasferito a Siena, nel curriculum ha sia qualche encomio sia qualche guaio con la giustizia.

 

Lo ha dichiarato lui stesso in sede di interrogatorio: «Ho un procedimento penale pendente per lesioni, violenza privata e falso al Tribunale di Livorno. L'udienza preliminare è fissata tra febbraio e marzo 2022».

 

Su quanto accaduto quella sera a Torino non ha cambiato versione. Che suona più o meno così: «Ci hanno chiamato per una rissa. Quel ragazzo scappava, era buio, non potevo sapere se era armato o meno. Quando sono riuscito a fermarlo e a mettergli le manette, ha opposto resistenza». Giulio allarga le braccia: «Io armato? Non sono mica un delinquente. Volevo solo evitare una sanzione».