UNA PROTESTA AL GIORNO NON TOGLIE I FEMMINICIDI DI TORNO – IN SUD AMERICA LE DONNE SI SONO FERMATE PER 24 ORE PER PROTESTARE IN PIAZZA E RIVENDICARE IL DIRITTO ALLA PARITÀ CON GLI UOMINI, NEI SALARI, NEI POSTI DI POTERE, NEL POTER PASSEGGIARE SENZA ESSERE MOLESTATE, E SOPRATTUTTO PER DIRE BASTA AGLI OMICIDI – IN MESSICO, CHE INSIEME A CILE E ARGENTINA GUIDA LA MOBILITAZIONE, CI SONO 10 FEMMINICIDI AL GIORNO E… - VIDEO
-
Daniele Mastrogiacomo per "www.repubblica.it"
La vera sfida femminile è per oggi, il giorno dopo la tradizionale festa delle donne, l’M8 come l’hanno chiamata in tutta l’America Latina. Sarà lanciata in Messico: 24 ore senza presenza femminile sui posti di lavoro, negli uffici pubblici, nelle scuole e università, nei negozi e per le strade.
Milioni di donne, il 57 per cento della popolazione, per un giorno si concentreranno sulle loro cose, i loro problemi; rivendicheranno il diritto alla parità con gli uomini, nei salari, nei posti di guida e di potere, nel poter semplicemente passeggiare senza essere molestate, inseguite da commenti grevi, allusioni sessiste, sguardi pesanti. Senza considerare le violenze in casa, le torture fisiche e psicologiche, fino agli omicidi che in Messico sono un’emergenza, 10 al giorno di media.
“L’America Latina sarà tutta femminista”, hanno gridato in coro 125mila in Cile, 50mila in Argentina, 30mila in Colombia, 10mila in Perú, 20mila in Ecuador, 10mila in Venezuela, altre 10mila in Brasile. Fiumi di donne avvolte da fazzoletti e magliette verdi, simbolo del diritto all’aborto, e viola, colore tradizionale delle lotte femministe, tra forti tensioni con le forze dell’ordine mobilitate a difesa dei palazzi pubblici, spesso simboli di un potere incapace di rispondere alla richiesta di sicurezza e giustizia.
Ma anche sotto una pioggia battente, in mezzo ai gas lacrimogeni, le fiamme delle molotov scagliate in brevi e fugaci scontri. Mai come quest’anno l’intero continente ha visto una mobilitazione così imponente: l’ennesima dimostrazione della forza di un movimento che ha attraversato e scosso tutti i Paesi dell’America latina obbligando governi di destra e di sinistra a portare il tema delle diversità di genere al centro del dibattito politico.
MESSICO
Assieme a Cile e Argentina guida le mobilitazioni. Il grande Paese del Nord America paga un prezzo altissimo nei femminicidi. Nelle ultime tre settimane ci sono state quattro aggressioni mortali ad altrettante donne da parte di ex compagni o conviventi.
L’ultimo, il quinto episodio, ha riguardato una bambina di sette anni rapita da una coppia di balordi che l’hanno presa all’uscita di scuola, tenuta per una settimana da qualche parte, torturata, uccisa e chiusa in un sacco dell’immondizia ritrovato in un vicolo alla periferia di Città del Messico. Il tema si è imposto con cortei e proteste carichi di rabbia e frustrazione.
Per l’inerzia della polizia che agisce male e in ritardo e contro lo stesso presidente Obrador che ha cercato di minimizzare la serie impressionante di aggressioni e femminicidi dicendo che si trattava di “eccessi”, nei numeri e nelle reazioni. Oggi si replica. Ma con uno sciopero, se vogliamo chiamarlo così, tutto al femminile. Un Messico senza donne.
CILE
La protesta è stata contro il governo di Sebastián Piñera. L’ennesima di una sommossa che ha sconvolto il Paese tenuto in scacco da cinque mesi. Il cuore del grande corteo è stata la messa in scena della rappresentazione collettiva “Un violador en tu camino”, canto che denuncia la violenza sessuale creato dal collettivo Las Tesis.
Solo a Santiago sono sfilate in 125 milasecondo i dati ufficiali dei Carabinieri. Anche qui tanti fazzoletti verdi e molte magliette e bandiere viola. Con una caratteristica delle femministe cilene: le maschere rosse a coprire il volto, nuovo simbolo della lotta per la parità di genere. Ci sono stati degli scontri ma sporadici e senza gravi conseguenze.
ARGENTINA
Scenderà in piazza anche oggi sul tema: autonomia del nostro corpo e contro i fondamentalismi religiosi. La battaglia ruota tutta attorno alla legalizzazione dell’aborto che milioni di donne inseguono da sempre. Il presidente Alberto Fernández ha annunciato la presentazione di un disegno di legge che superi quella attuale sull’interruzione di gravidanza, oggi consentita solo se è a rischio la vita della madre, se il feto ha malformazioni, se c’è stato stupro.
Ma il Paese è diviso. La Chiesa e la parte più conservatrice fanno blocco e impediscono il varo di un provvedimento che depenalizzi l’aborto. Il governo ci proverà anche se rischia l’ennesima bocciatura al Senato.
COLOMBIA
Scendono in piazza soprattutto le giovani e le giovanissime. Con gli stessi colori verde e viola, i corpi dipinti, spesso a seno scoperto. Per un Paese conservatore come la Colombia è stato un vero shock. L’obiettivo dei cortei è l’aborto libero, sostenuto dalla sindaca di Bogotá, prima donna alla guida della capitale e ufficialmente gay. La Corte Costituzionale era stata investita sul tema. Si chiedeva di vietarlo in modo assoluto. Ma ha preferito lasciare i divieti previsti dall’attuale legge, in vigore da 14 anni, tranne in tre casi: rischio per la madre, malformazione del feto, presenza di violenza sessuale.
PERÚ
Anche qui scendono in piazza le più giovani. Sono quelle più colpite da una violenza di genere che ha scosso il Paese soprattutto negli ultimi mesi. Il tema proposto nella manifestazione era eloquente: lavoratrici sì, sfruttate e violentate no. In testa al corteo, le giornaliste che si battono contro la violenza, i familiari di donne vittime di femminicidi o scomparse.
ECUADOR
Con meno partecipazione ma sempre con cortei combattivi migliaia di donne sono scese in piazza a Quito e a Guayaquil. Il Paese registra forti ritardi nella parità di genere e negli squilibri dei salari tra donne e uomini. L’universo femminile, secondo l’Istituto di Statistica, rappresenta una forza lavoro che contribuisce con il 14,5 per cento al Pil. Un peso che non viene riconosciuto nella distribuzione dei redditi.
VENEZUELA
Le donne qui hanno scelto di vestirsi di nero e hanno marciato con lapidi di cartone. Sopra indicati i nomi delle tante ragazze uccise e scomparse: 44 in questo inizio del 2020. Invece degli slogan ha dominato il silenzio: un corteo funebre inseguito dalle battute ironiche e pesanti della polizia che lo considerava politico e quindi da arginare lungo un percorso ben preciso. In Venezuela la crisi è generale, così la violenza contro le donne è sottostimata. Viene sommersa dalla tragedia che colpisce tutti, soprattutto i più poveri.
BRASILE
Il Paese paga il grande sconvolgimento ambientale. Mai come questa estate è caduta tanta pioggia. Il corteo delle femministe è sfilato così sotto una cascata di acqua ma è riuscito a proporre i grandi temi diventati ancora più stridenti con il governo Bolsonaro: il razzismo, la diversità di genere, i gay, gli omicidi degli attivisti sociali. Spiccava in testa nella manifestazione di San Paolo una grande foto di Marielle Franco, uccisa tre anni fa in un agguato che sfiora, per complicità, la famiglia del presidente.