PUTIN CHIUDE I RUBINETTI - ALLA FINE "MAD VLAD" HA FATTO LA PRIMA MOSSA: GAZPROM HA MESSO IN ALLERTA L'EUROPA SULLA QUANTITÀ DI GAS INVIATA ATTRAVERSO IL NORD STREAM 1, IL GASDOTTO CHE TRASPORTA 200 MILIONI DI METRI CUBI AL GIORNO (TRE VOLTE PIÙ DEL SECONDO), ANNUNCIANDO UN TAGLIO DEL 40 PER CENTO - A RENDERE POSSIBILE LA MOSSA È IL FATTO CHE MOSCA HA INCASSATO IL 90 PER CENTO IN PIÙ DI ENTRATE FISCALI A CAUSA DELL'AUMENTO DEI PREZZI: E PUÒ DUNQUE PERMETTERSI, AL MOMENTO, DI LIMITARE LE FORNITURE ALL'EUROPA, PER VENDICARSI DELLE SANZIONI...
-Federico Fubini per www.corriere.it
«La probabilità che sia Mosca a fare la prima mossa sta aumentando», aveva detto pochi giorni fa Alexandra Prokopenko, ex funzionaria della Banca di Russia e attuale collaboratrice del Carnegie Endowment for International Peace.
E la «prima mossa» è arrivata, oggi. Un segnale, al momento. Certificato da un comunicato — tutt'altro che asettico — firmato da Gazprom.
La compagnia statale russa ha messo in allerta l'Europa sulla quantità di gas inviata attraverso il Nord Stream 1, il gasdotto che trasporta 200 milioni di metri cubi al giorno (tre volte più del secondo), annunciando un taglio del 40 per cento.
Gazprom indica anche quella che considera la ragione della riduzione: «Siemens, che ha smesso di operare in Russia, non ha inviato i pezzi di ricambio» necessari: «Al momento, dunque, solo tre compressioni possono essere utilizzati alla stazione di Portovaya, e ciò che possono fare è pompare 100 metri cubi di gas al posto dei 167 programmati».
In altre parole: la Russia sostiene che il taglio delle forniture è causato dalle sanzioni occidentali.
A rendere possibile — per le casse russe — un «taglio» di questo tipo è il fatto che Mosca ha incassato il 90 per cento in più di entrate fiscali a causa dell'aumento dei prezzi: e può dunque permettersi, al momento, di limitare le forniture all'Europa, per vendicarsi delle sanzioni.
Come indicato qui, solo nei primi 4 mesi dell’anno le entrate del bilancio russo sono aumentate del 34% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, dell’equivalente di 43,8 miliardi di euro (il 3,3% del prodotto lordo del Paese); e il gettito da petrolio e gas è salito appunto del 90% rispetto allo stesso periodo del 2021, con un balzo equivalente a 27 miliardi di euro.
Se Mosca riuscisse a mantenere lo stesso ritmo durante tutto il bilancio in corso — ipotesi non irrealistica, dato l’impatto ritardato delle sanzioni europee sul petrolio — le entrate in più basterebbero a finanziare quasi tutta la spesa militare e dell’apparato repressivo da circa 100 miliardi di euro per il 2023 - anche nel caso di un embargo totale di tutti i Paesi del mondo sull’energia russa dal gennaio prossimo.
Non solo: questo «tesoro» consente anche a Putin di aumentare le misure per mantenere il consenso sociale (in primavera il presidente russo ha potuto far approvare un bonus una tantum equivalente a sette miliardi di euro per famiglie con figli fra gli otto e i 16 anni e un adeguamento delle pensioni all’inflazione da 25 miliardi di euro per quest’anno e il 2023) — e di «vendicarsi» con l'Europa, tagliando le forniture come annunciato oggi.
«Osserviamo la situazione e verifichiamo lo stato delle cose», ha detto un portavoce del ministero dell'Economia tedesco, garantendo — «al momento» — la sicurezza degli approvvigionamenti.
Ma la reazione dei mercati è stata immediata: ad Amsterdam le quotazioni del gas sono salite a 91 euro al Mwh (+9,1%), a Londra a 170 penny al Mmbtu (+ 10,60%).