QUAL È IL COLMO PER LA CINA? ACCUSARE QUALCUNO DI BOICOTTARE UN PRODOTTO SENZA “MOTIVAZIONE” – IL DRAGONE HA MESSO NEL MIRINO CALVIN KLEIN E TOMMY HILFIGER: LE DUE AZIENDE HANNO DECISO DI NON COMPRARE PRODOTTI NELLO XINJIANG DOVE SI SFRUTTA LA MANODOPERA DI GRUPPI ETNICI COME GLI UIGURI - E I CINESI HANNO REAGITO APRENDO UN’INDAGINE E ANNUNCIANDO POSSIBILE RITORSIONI COME AVEVANO FATTO IN PASSATO CON H&M CHE…

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Estratto dell’articolo di Ch. Bar. per il "Corriere della Sera"

 

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Discriminare chi viola i diritti umani. L’accusa che sembra un paradosso arriva dalla Cina ed è ai danni di Pvh, il gruppo statunitense che detiene marchi come Calvin Klein e Tommy Hilfiger. La colpa è quella di «boicottare il cotone prodotto nello Xinjiang», la regione del Nordovest della Cina in cui vivono diverse minoranze etniche tra cui quella degli uiguri, e di farlo «senza alcuna motivazione fattuale».

 

pvh ck tommy hilfinger pvh ck tommy hilfinger

Ad annunciare le possibili ritorsioni è stato il ministero del Commercio di Pechino […] che sta facendo di tutto per combattere gli sforzi occidentali orientati a evitare di comprare prodotti da zone del Paese che sfruttano la manodopera gruppi etnici.

 

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Le autorità cinesi hanno aperto un’indagine nel corso della quale a Pvh sarà consentito di instaurare un contraddittorio con 30 giorni di tempo per fornire la documentazione a sostegno della propria difesa. Il ministero del Dragone sta valutando se inserire il gruppo nell’elenco degli «enti inaffidabili», ed è considerata a tutti gli effetti una parziale risposta alla decisione del presidente degli Stati Uniti Joe Biden di limitare l’accesso cinese al proprio mercato. […]

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Nel 2021 era stato il marchio svedese H&M a interrompere il proprio approvvigionamento di tessuti dallo Xinjiang.

 

Punito con la cancellazione da ogni sito di ecommerce cinese, era stato poi reintegrato 16 mesi dopo. Lo Xinjiang è un’area in cui viene coltivato il cotone: qui il Partito comunista ha richiuso gli uiguri in quelli che definisce «centri di formazione professionale». Di fatto si tratta di veri e propri luoghi di detenzione e di lavoro forzato che hanno il pretesto di combattere il terrorismo di matrice islamica.

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