QUALCUNO FERMI LADY SOUMAHORO - LILIANE MUREKATETE, MOGLIE DEL DEPUTATO SINISTRATO, HA DENUNCIATO TV E GIORNALI, TRA I QUALI "STRISCIA" E "IL GIORNALE D’ITALIA", PER DIFFAMAZIONE E VIOLAZIONE DELLA PRIVACY. IL MOTIVO? AVEVANO RIPRESO (CON TANTO DI CITAZIONE) LE FOTOGRAFIE DA LEI STESSA PUBBLICATE SUL SUO PROFILO PUBBLICO DI FACEBOOK. VA DA SÉ CHE SE QUALCUNO NON VUOLE CHE VENGANO DIFFUSE LE PROPRIE FOTO NON DOVREBBE POSTARLE SUI SOCIAL, CHE SONO LA COSA PIÙ PUBBLICA CHE ESISTA…
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Lo scorso aprile la Procura di Latina ha chiuso le indagini per Liliane Murekatete, moglie del deputato di Europa Verde, Aboubakar Soumahoro, e per la suocera, Marie Therese Mukamitsindo, nell’ambito dell'inchiesta sulla gestione delle cooperative che si occupavano di migranti. Murekatete, in particolare, è accusata di “evasione dell’imposta sui redditi”.
Le presunte fatture irregolari e la memoria difensiva
La chiusura delle indagini, che di solito prelude alla richiesta di rinvio a giudizio, è datata 17 marzo. A Mukamitsindo, ha scritto La Verità, “si contestano fatture per operazioni inesistenti tra 2015 e 2016 per 2,17 milioni di euro”. I soldi sarebbero stati versati dalla cooperativa Karibu all’associazione Jambo Africa. “Nel 2017 vengono contestate fatture irregolari emesse dal Consorzio Aid Italia (anch’esso riconducibile alla famiglia della donna) per oltre 98 mila euro. Nel 2018 alla stessa ditta viene contestata una sovrafatturazione di circa 6 mila euro, mentre nel 2019 la Jambo Africa avrebbe emesso a favore della Karibu fatture per 55 mila euro”.
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La denuncia per diffamazione per aver ripreso fotografie pubbliche
Sin qui la cronaca spicciola degli eventi. Perché la riportiamo? Perché Murekatete ha denunciato televisioni e programmi, tra i quali Striscia la notizia, e molti quotidiani nazionali, tra i quali Il Giornale d’Italia (la denuncia per diffamazione ci è stata notificata oggi, giovedì 31 agosto, presso un commissariato milanese identificando il nostro direttore), per diffamazione e violazione della privacy per aver ripreso (con tanto di citazione) le fotografie da lei stessa pubblicate sul suo profilo pubblico di Facebook.
È buon uso di un giornalista correlare il pezzo con le immagini per completare la notizia. Va da sé che se qualcuno non vuole che vengano diffuse le proprie fotografie non dovrebbe postarle sui social, che sono la cosa più pubblica che esista (di più: sono fatti apposta per condividere pensieri, parole e immagini con gli utenti). Ma se vengono riprese da un giornale no, non si può. Un tempo la chiamavano censura.
Gli organi d’informazione per aver fatto mero diritto di cronaca. Una “vendetta” per la pubblicazione delle notizie in merito all’indagine. Altra questione: sulla diffamazione indagano sia la Procura di Milano, nella persona del pm Luca Poniz, sia quella di Roma. Due organi giudiziari al lavoro (con impiego di tempo e spesa di denaro pubblico) per aver ripreso alcune fotografie da un profilo di Facebook aperto. Dire che questa è l’Italia sarebbe scontato e banale. Però questa è l’Italia.