QUANDO I CASAMONICA SI SENTIVANO COSI’ FORTI DA SFIDARE IL COMUNE DI ROMA: “SE DEMOLITE LE VILLE PAGHERETE I DANNI” - LA LETTERA DI LUCIANO, NIPOTE DEL BOSS VITTORIO, ALL’EPOCA DELLA CONFISCA DELLE ABITAZIONI ABUSIVE AL QUADRARO (NOVEMBRE 2018) - LE CASE SONO STATE ABBATTUTE, MA LA RICHIESTA È STATA LASCIATA CADERE…
-Giulio De Santis per www.roma.corriere.it
«Spett.le Comune di Roma Capitale». Comincia così la sfida lanciata dal clan Casamonica il giorno dopo il blitz del 20 novembre 2018, disposto dal Campidoglio per confiscare otto villette abusive in via del Quadraro. Abitazioni costruite negli anni 90 senza permessi. Ventiquattro ore dopo l’operazione, dallo studio dell’avvocato di Luciano Casamonica, Tiziano Gizzi, parte una lettera in cui si minaccia il Campidoglio di chiedere il risarcimento danni in caso di demolizione delle case.
L’iniziativa del nipote di Vittorio - il boss omaggiato col funerale spettacolo dell’agosto del 2015 - è, in quelle ore, una sfida alle istituzioni. Innanzitutto perché le ville confiscate sono abusive, e il clan è pronto nella stessa zona a costruirne altre. Ma poi c’è un secondo motivo a chiarire i contorni della provocazione: nel corso di quel 20 novembre in via del Quadraro sfilano le principali autorità cittadine e del Paese, dalla sindaca Virginia Raggi all’allora ministro dell’Interno, Matteo Salvini, fino al premier Giuseppe Conte.
Ed ecco il passaggio cruciale della missiva scritta dall’avvocato Gizzi su richiesta di Casamonica: «V’invito a sospendere la demolizione delle case in via del Quadrato 110 sino alla pronuncia dell’autorità amministrativa competente, avvertendo che in caso contrario sarò costretto a richiedere il risarcimento di tutti i danni patiti e patendi del mio assistito». L’abbattimento delle case, tuttavia, viene completato in una settimana. La sindaca Raggi - indifferente alla lettera - pubblica il 28 novembre di due anni fa sulla sua pagina Facebook la diretta della demolizione dell’ultima villetta.
La missiva appare l’inizio di una guerra legale con il Comune. Poi, però, i costi del ricorso davanti al Tar, prospettati dal legale, convincono Casamonica, 63 anni, a desistere. E ora una delle conseguenze di quell’operazione disposta nei confronti della famiglia sinti è la chiusura indagini per Luciano Casamonica con l’accusa d’incauto acquisto, perché in una delle abitazioni demolite le forze dell’ordine hanno trovato 7 tablet, 12 smartphone e 23 orologi di provenienza, secondo l’accusa, non giustificata.