QUANDO IL GIOCO SI FA DUROV… I SERVIZI INIZIANO A GIOCARE – IL CASO DI PAVEL DUROV RUOTA ATTORNO AL CONTROLLO DELLE CHAT PRIVATE E SEGRETE DI TELEGRAM, PROTETTE DA CRITTOGRAFIA END-TO-END, SU CUI LE INTELLIGENCE OCCIDENTALI VOGLIONO METTERE LE MANI – L’APP VIENE UTILIZZATA DALLE FORZE MILITARI DI MOSCA E DI KIEV, DI HAMAS E DELLA JIHAD – INSERIRSI IN QUEI CANALI VUOL DIRE NON SOLO SPIARE IL NEMICO, MA DARE AGLI AVVERSARI FALSE INFORMAZIONI – IL DAGOREPORT: BENVENUTI AL PRIMO CASO DI UNA APP DI MESSAGGISTICA CHE DIVENTA CYBER-WAR
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Estratto dell’articolo di Claudio Antonelli per “La Verità”
Al di là delle ricadute sulla libertà di espressione tramite la piattaforma Telegram e al di là degli aspetti prettamente giudiziari (Pavel Durov ha pagato la cauzione ed è fuori dal carcere ma a disposizione degli inquirenti per reati vari di favoreggiamento) appare sempre più chiaro che il contendere è la sfera digitale. Non a caso, stando al Ft, ieri si è aggiunta pure l’Ue che vorrebbe mettere sotto scacco Durov per via del digital service act. In ballo c’è la possibilità di controllare ciò che fino a oggi è sfuggito alle intelligence occidentali.
Cioè, la capacità di accedere alle intere reti regionali della piattaforma per avviare un controllo a tappeto e in tempo reale. Premettiamo. È sempre possibile «leggere» Telegram, ma entrando dal telefono. Un trojan è in grado. Significa però spendere energie su una sola persona e non avere contezza di quanto avviene su milioni di altri telefoni con installato Telegram. Non dimentichiamo che le comunicazioni segrete tra miliziani africani avvengono sull’app di messaggistica. Idem tra Hezbollah, militari russi in Russia e in Ucraina e militari ucraini in patria.
Insomma, la guerra si è impadronita di Telegram. Dunque, non stupisce che chi vuole vincere queste guerre vorrebbe avere le chiavi d’ingresso. Non è la prima volta che la creazione di Durov è stata sotto i riflettori. Già nel 2017 da parte del Cremlino. Due anni prima era stata Pechino a chiedere di moderare e censurare dei contenuti e la risposta fu picche. L’India ci ha provato nel 2020, senza ottenere alcunché. La Germani ci ha provato nel 2021 sventolando la bandiera della lotta all’hate speech. L’anno dopo il Brasile.
Pure Recepp Tayyip Erdogan aveva chiesto a Durov di avere informazioni sui dissidenti in piazza nel 2021. E al leader turco andò bene. Telegram sganciò qualche informazione. Così come è accaduto nel 2020 in Arabia Saudita. Segno che Durov non è proprio quella roccia inscalfibile che viene raccontata dalla grande maggioranza dei media. Ma, soprattutto, quanto è successo meno di una settimana fa a Pargi con l’arresto di Durov indica un vero e letterale cambio di passo.
Quelle chat a cui sono iscritte milioni di persone evidentemente si ritiene che debbano essere espugnate. […] a scriverlo con qualche interlocuzione di troppo è addirittura l’Atlantic council. Il famoso think tank Usa lo scorso giugno ha pubblicato un lungo paper dal titolo diretto: Another battlefield: Telegram as a digital front Russia’s war against Ukraine. Non serve nemmeno tradurlo. Il dito è puntato sulla piattaforma come campo di battaglia.
Assieme a Dfrlab (Digital forensic research lab), gli analisti hanno monitorato canali e gruppi e con una combinazione di strumenti tecnologici avanzati, analisi open source (Osint) e competenze specialistiche hanno analizzato il traffico, classificato gli utenti e scaricato dati pertinenti. I metadati forniscono informazioni interessanti sui trend e sugli obiettivi politici degli iscritti.
Tanto che il report citato ha poi messo nero su bianco la lista delle chat più influenti e più seguite attorno al tema della guerra in Ucraina. I 15 canali interessati hanno avuto solo nel 2023 oltre 109 milioni di view. Non poco. Ecco perché l’Atlantic council si è concentrato sia sulle attività di informazione/propaganda sia su quelle militari. Fatte però le statistiche, fondamentalmente gli analisti sono costretti a fermarsi.
[…] Le chat private e segrete su Telegram sono protette da crittografia end-to-end, rendendo impossibile l’accesso senza il consenso degli utenti oppure consentendo un accesso solo tramite hacking. E questo non basta se si vuole avere una mappatura.
Hackerare utenti sulla piattaforma, come abbiamo detto, è possibile. Pure farlo su larga scala. Il problema è che è un’attività troppo limitata e soprattutto troppo lenta rispetto ai tempi delle guerre in corso e delle dinamiche comunicative. Il sito di analisti militari e di tecnologie avanzate www.debuglies.com con attività Osint si è spinto un po’ più in là rispetto al report dell’Atlantic council.
Ha analizzato i primi 100 canali per rilevanza politica. Tracciando le Api degli utenti e calcolando che gli iscritti attivi ai canali in questione sono circa 18 milioni. Si tratta di attivisti in Paesi come l’Etiopia, il Camerun, la Tunisia e lo Zimbabwe. Ma anche i gilet gialli francesi o gli indipendentisti catalani. Per poi arrivare alle milizie libanesi, piuttosto che siriane o libiche. Salendo ancora di interesse militare, Boko Haram, i canali di Wagner e ora Africa corps, quelli usati dagli ucraini o bielorussi (Nexta) o dei russofili del Donetsk (Typical Donetsk).
Poter inserirsi nei canali da parte dell’intelligence francese potrebbe voler dire controllare non solo i trend numerici, ma direttamente le informazioni. In caso di attività belliche agire di conseguenza (basti pensare a ciò che i mercenari russi hanno fatto sotto gli occhi dei militari francesi in Sahel, organizzando ben sei colpi di Stato) e anticipare le mosse. Infine, creare false flag. E quindi inserire comunicazioni fittizie che ingannano chi si scambia informazioni sensibili.
Aveva proprio ragione l’Atlantic council a dire che il nuovo terreno di battaglia sarebbe stato Telegram. Certo, adesso bisognerà capire che cosa succederà, come reagirà Durov e, se lo scontro tra intelligence pendesse verso Ovest, resterà da chiedersi che uso faranno i governi di questa nuova morsa. Nella lista di chat sensibili dal punto di vista politico c’è infatti di tutto. Terroristi mediorientali e nigeriani, ma anche indipendentisti catalani.
Un conto è combattere Boko Haram, un altro chi si oppone a Emmanuel Macron. Soprattutto se è Macron che dovrebbe fare il giudice. Immaginate il pericolosissimo conflitto d’interessi.