A QUANTO AMMONTA L’EREDITA’ AGNELLI? - SECONDO ALCUNE FONTI, IL PATRIMONIO DI CUI DISPONEVA MARELLA CARACCIOLO ERA IMMENSO: 5,8 MILIARDI DI EURO (SECONDO I PANAMA PAPERS) PIÙ 9,2 MILIARDI DI EURO IN ORO - SI TRATTA DELL'“ORO DEL SENATORE”, CHE GIANNI AGNELLI AVREBBE RICEVUTO ALLA MORTE DI SUO NONNO E CHE RIGUARDAVA I PROFITTI DELLE FORNITURE FIAT PER LA PRIMA E LA SECONDA GUERRA MONDIALE. QUESTO PRESUNTO DEPOSITO IN LINGOTTI D'ORO AMMONTEREBBE A 138 TONNELLATE - E A GINEVRA CI SAREBBE UN…
Gigi Moncalvo per “la Verità”
Margherita Agnelli dunque ha ottenuto qualcosa e ha rinunciato a qualcos' altro. Ha ottenuto di far emergere il patrimonio all'estero che per metà era suo e di cui non era stata informata, nemmeno dalla madre. In cambio ha dovuto uscire dalla Dicembre, accettare le donazioni fatte dalla madre a John Elkann e soprattutto rinunciare al patrimonio che in futuro avrebbe potuto ereditare dalla mamma Marella Caracciolo. Con quell'accordo e con il patto successivo ha cercato la pace e sperava, ovviamente, di averla raggiunta. Gli immobili, il patrimonio, il denaro al centro di questo documento sono ignoti.
Sull'elenco di questi beni e sull'entità patrimoniale dell'accordo si possono fare solo ipotesi, essendo questi documenti segreti. Solo le autorità fiscali italiane, infatti, potrebbero accendere i riflettori su beni all'estero. C'è da pensare che si tratti di beni immobili come la villa in Corsica, l'appartamento di Parigi, la casa di St. Moritz. E, per quanto riguarda il corrispettivo in denaro, dei conguagli di quanto era stato «movimentato» da Marella subito dopo l'apertura del testamento.
Ad esempio quando aveva incaricato Sotheby' s di mettere all'asta l'appartamento di Park Avenue a New York, quadri e sculture comprese. Margherita lo seppe solo dai giornali, anche se si trattava di beni per metà suoi. «Protestai con mia madre», ricorda, «E mi accorsi che era stato tutto programmato. Qualcuno l'aveva spinta a vendere senza avvertirmi, commettendo una illegalità.
È chiaro che, dopo aver avuto notizie della vendita, io avrei protestato. Fin da allora volevano far passare la mia immagine di donna litigiosa, di figlia ingrata e avida di denaro. Mentre invece cercavo solo di far "rinsavire" mia madre chiedendole come mai non mi avesse informata e consultata, chi l'avesse consigliata a fare in quel modo assurdo».
L'accordo, infine, fissa un vitalizio a favore di Marella per l'usufrutto sia delle case in Italia sia all'estero: ogni anno Margherita verserà 7 milioni di euro a partire dal marzo 2004. Questo aspetto dell'accordo va approfondito. Gli avvocati di Marella erano riusciti ad avere questo cospicuo vitalizio per la loro assistita accampando il fatto che Marella usciva fortemente penalizzata da quella trattativa, aveva incassato una cifra di gran lunga inferiore rispetto alla figlia e quindi, poverina, andava in qualche modo indennizzata.
Era stato fissato un forfait: 7 milioni l'anno, vale a dire quasi 600.000 euro di «pensione» al mese (per l'esattezza 583.333,50 euro). Quindi, nei restanti anni 15 anni di vita e fino alla sua morte, donna Marella ha incassato dalla figlia 105 milioni di euro. L'accordo venne firmato a Ginevra e quindi per la legge italiana è nullo poiché in contrasto con il nostro diritto successorio. Ma, nel frattempo, Marella potrebbe aver fatto sparire tutto con donazioni, specie ai primi tre nipoti. A parte questo, poiché i beni di Marella si trovano all'estero, magari nascosti o «schermati» dietro fantomatici «fiduciari», come potrebbe Margherita far valere la sua «legittima»?
Se non vi fosse il famoso patto successorio, Marella sarebbe «libera» di dare a terzi solamente un quarto del proprio patrimonio, dato che la «legittima» svizzera per i discendenti, in assenza di coniuge, è del 75%. Ciò che avrà rilievo sarà la «residenza abituale» di Marella (secondo il regolamento Ue 650/2012 oggi direttamente applicabile in Italia); oppure - il che è molto simile - «l'ultimo domicilio» (come prevede l'articolo 90 della legge federale svizzera sul diritto internazionale privato del 1987). Infine, è tuttora valida giuridicamente tra Italia e Svizzera la Convenzione di stabilimento e consolare italosvizzera del 1868, che prevede la «competenza giurisdizionale» esclusiva del giudice del «luogo di ultimo domicilio» - o «residenza» - nel proprio Stato di origine, dunque l'Italia nel caso di Marella.In breve, conta solo dove Marella abbia vissuto abitualmente ovvero dove si trovasse al momento della morte.
Dunque, muovere la nonna nel luogo e nel tempo più opportuno potrebbe essere stata la strategia qualora un suo nipote avesse voluto neutralizzare e «spuntare» qualsiasi arma nelle mani di Margherita. Tenendo presente tale unica arma, è la legge italiana che potrebbe annullare il patto successorio del 2004.La questione è molto complessa e affonda nel tema di diverse norme applicabili della giurisdizione sul caso (il tribunale competente a decidere una eventuale controversia), e del cosiddetto «rinvio» di una legge a un'altra.
Vanno incrociati il Regolamento Ue, il vecchio trattato consolare del 1868, e la legge svizzera. Ecco i vari scenari.1 Marella è morta in Italia ed è residente in Svizzera. In questo caso si applica la legge italiana - perché la successione si apre in Italia - legge che altro non è che il Regolamento dell'Ue: esso rinvia immediatamente alla legge svizzera come luogo di «residenza abituale».
Dunque, come legge applicabile alla successione di Marella, si avrà quella Svizzera. In tal caso, Margherita «perde» (e il patto successorio resta valido). 2 Se invece Margherita dimostra che Marella non aveva come residenza abituale la Svizzera ma l'Italia, oppure dimostra in tribunale che (citando il Regolamento Ue) «in via eccezionale dal complesso delle circostanze del caso concreto risulta chiaramente che, al momento della morte, il defunto aveva collegamenti manifestamente più stretti con uno Stato diverso da quello la cui legge sarebbe applicabile ai sensi del paragrafo 1 (ossia l'Italia, ndr), la legge applicabile alla successione è la legge (italiana, ndr)». In tal caso, Margherita «vince», e sarebbe nullo il patto successorio tra lei e sua madre.
C'è un altro aspetto da non dimenticare: quello fiscale. Prima di tutto si applica la legge fiscale sulla base della residenza fiscale del defunto al momento della morte. Essendo Marella venuta a mancare come residente in Italia, si applica su tutti i beni l'imposta di successione italiana (aliquota al 4% con una franchigia di 1 milione di euro). In più, ma solo in teoria, c'è l'imposta di successione svizzera sui beni presenti in territorio elvetico. Oltre a eventuali imposte estere su beni situati in altri Paesi, ad esempio Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna.
Secondo alcune fonti, il patrimonio di cui disponeva Marella era immenso: 5,8 miliardi di euro (secondo i Panama Papers) più 9,2 miliardi di euro in oro. Si tratta dell'«oro del Senatore», quello che Gianni Agnelli avrebbe ricevuto nel 1945 alla morte di suo nonno e che riguardava i profitti derivanti dalle forniture Fiat per la prima e la seconda guerra mondiale. Questo presunto deposito in lingotti d'oro ammonterebbe 138 tonnellate d'oro con un volume di 71.254 litri, pari al carico di due autocisterne medio grandi.
Tale oro, dopo essere spostato da Basilea, dove lo custodiva il nonno, ora sarebbe nel Free Port dell'aeroporto di Cointrin a Ginevra, che certamente riesce a contenere senza difficoltà un simile quantitativo. In quel magazzino sono presenti oro e opere d'arte per un valore di almeno 100 miliardi di dollari. Certo l'ipotesi è molto romanzesca. Il punto è: come potrebbero gli eredi a entrare in possesso di questa montagna d'oro? Sarebbe necessario presentarsi con il documento di legittimazione. Se fosse vero che c'è l'oro, Free Port avrà certo identificato, al momento in cui è avvenuto il deposito, un legittimario.
Tale «legittimario» può essere venuto a mancare, e allora in tal caso sarebbero i suoi «aventi causa» ad avere la possibilità entrare e «avere le chiavi», ad esempio un erede, un procuratore, insomma un avente titolo. Se questa storia fosse vera, tuttavia, gli esperti immaginano che l'oro sarebbe stato conferito in qualche trust (magari con i soliti protectors) oppure donato a qualcuno con passaggi vari in modo che il controllo effettivo sia oggi nelle mani di colui o coloro che l'Avvocato voleva lo avesse.
È chiaro che se Margherita diventasse unica erede di Marella e, per caso, quell'oro fosse intestato a Marella o ad altri enti che alla fine riconoscevano in Marella il beneficiario finale, ragionevolmente Margherita potrebbe entrarne in possesso. Bisogna dire, però, che tutta la vicenda dei trust, dei protector, di Alkyone (la fondazione di Agnelli a Vaduz), delle stiftung e delle anstalt, nonché l'apparente leggerezza con cui Gianni Agnelli avrebbe conferito enormi poteri ad alcune persone, fa pensare che la famiglia potrebbe aver perso il controllo su questi asset.
«Come dico sempre ai miei clienti», mette in guardia un esperto, «prima di fidarsi di chicchessia, fiduciario, trustee, protector o altri, bisogna veramente pensarci mille volte. E spesso accade che per privare qualcuno di un bene, si finisce per fare del male a sé stessi, perdendone il controllo a favore di eventuali malintenzionati».(10. Fine)