"L'IMPATTO AMBIENTALE? È VERO CHE VIAGGIARE FA DANNI, MA FA ANCHE UN GRAN BENE" - TONY WHEELER, CHE INSIEME ALLA MOGLIE MAUREEN HA CREATO LA GUIDA TURISTICA "LONELY PLANET" RACCONTA I SUOI 50 ANNI PASSATI IN GIRO PER IL MONDO - "DOBBIAMO RIFLETTERE DI PIÙ SUI VIAGGI CHE FACCIAMO E NON LIMITARCI A CORRERE UNO O DUE GIORNI DI QUA E DI LÀ PER L'EUROPA" - "NON VOGLIO CHE IL VIAGGIO DIVENTI SOLO UNA COSA DA RICCHI MA CI SIAMO TROPPO ABITUATI AL FATTO CHE SIA ECONOMICO. SE NON SI TROVANO LAVORATORI IN QUESTO SETTORE SIGNIFICA CHE FORSE NON ERA SOSTENIBILE…"

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Elisabetta Pagani per “la Stampa”

 

L'anno prossimo potrebbe imbarcarsi su una nave in Giappone e attraversare il Pacifico fino agli Stati Uniti. «Così completerei il tragitto». Avrebbe circumnavigato la Terra. Non d'un fiato ma spicchio dopo spicchio, in un viaggio lungo 50 anni. Tony Wheeler è un esploratore dei nostri tempi. Verrebbe da immaginarlo con un aspetto hippie, la parlantina sciolta, l'aneddoto pronto. Invece è un signore inglese riservato, molto garbato, che appare più concreto che sognatore.

 

Milioni di viaggiatori hanno scoperto il mondo con lui nello zaino, sfogliando quelle pagine che descrivono itinerari e vaccini, valute e cultura locale, una bussola per sentirsi il meno spaesati possibile all'estero. «Ne sono molto lusingato - ammette Wheeler -. Sono riconoscente a tutte le persone che incontro e che mi dicono quanto siano stati importanti per loro questi libri».

 

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Questi libri cioè le guide Lonely Planet, nate dopo il primo, avventuroso viaggio dall'Inghilterra all'Australia che lui e la moglie irlandese Maureen fecero lungo la "rotta hippie". Era il 1972 e arrivarono nell'emisfero australe in sei «magici» mesi di macchina, aereo, autostop, treno, autobus, barca.

 

«Ci ritrovammo con tante informazioni di viaggio e volevamo passarle ad altre persone. Non immaginavamo che sarebbe nato tutto questo, non c'era un motivo commerciale». Nel 1973 ecco la prima agile guida, Across Asia on the cheap (Attraverso l'Asia con pochi soldi): 1500 copie stampate in un seminterrato di Sydney, cartine disegnate a mano, rilegatura casalinga.

Era nata la Lonely Planet.

 

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La coppia non è più proprietaria della casa editrice (venduta nel 2007 alla Bbc e dal 2020 della società Red Ventures con uffici negli Usa e a Dublino, mentre la sede originaria di Melbourne è stata chiusa allo scoppio della pandemia), ma Tony Wheeler, 75 anni, continua a viaggiare e festeggia il mezzo secolo della "sua" creatura, che in Italia da 30 anni è pubblicata da Edt.

 

A cosa corrisponde, oggi, la rotta hippie?

«È un modo di intendere il viaggio, e io credo fermamente nell'importanza per i giovani di scoprire così il mondo. Le grandi traversate sono ancora possibili. Solo 5 anni fa ho percorso la Via della Seta attraverso la Cina, il Sudest asiatico, i vari "stan", l'Iran, la Turchia, l'Europa. Quattro mesi di esperienze fantastiche».

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Il ricordo più indelebile del viaggio di 50 anni fa?

«La sensazione di spostarci da un mondo a un altro, di attraversare il Bosforo e trovarci in Asia con un breve tragitto in traghetto. Transizioni straordinarie. E poi il Sudest asiatico.

Bali mi sembrò davvero "il mattino del mondo"».

 

Viaggi e cambiamento climatico, come si combinano?

«Potremmo semplicemente smettere di spostarci, ma se è vero che viaggiare fa danni, è vero anche che fa un gran bene: diffonde la nostra ricchezza da primo mondo nei Paesi in via di sviluppo, crea contatti tra popoli diversi. Quindi? Dobbiamo riflettere di più sui viaggi che facciamo e non limitarci a correre uno o due giorni di qua e di là per l'Europa».

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È l'estate delle agitazioni dei lavoratori delle compagnie aeree low cost. Questo tipo di turismo è sostenibile?

«Non voglio pensare che il viaggio diventi solo una cosa da ricchi ma allo stesso tempo ci siamo troppo abituati al fatto che sia assurdamente economico. Forse dobbiamo imparare a pagare di più perché se non si trovano lavoratori in questo settore significa che forse non era sostenibile».

 

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C'è ancora posto per le guide nel mondo di internet?

«Io le uso, più spesso nel formato digitale rispetto a quello cartaceo. Sono ancora il modo più conveniente di avere accesso a informazioni che ti ci vorrebbe una vita a riunire. E raccolte da un esperto».

 

 C'è qualcosa del viaggio che si è perso per sempre?

«Sappiamo così tanto di tutto che è facile pensare che non ci sia più niente da scoprire. Invece io mi stupisco sempre. Quest' anno la mia sorpresa è stata il Ciad, un Paese con una topografia meravigliosa e un'incredibile arte rupestre».

 

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Quanti Paesi ha visitato?

«Bisogna intanto chiedersi: cos' è un Paese? Ci sono 193 Stati membri dell'Onu ma Taiwan non è tra loro e quindi per alcune persone non è un Paese. E che dire dell'Antartide? È un intero continente ma non un Paese? E la Polinesia francese, che ha tutti i requisiti che secondo alcuni servono per essere un Paese - una moneta, una birra, una compagnia aerea - ma tecnicamente è un sobborgo di Parigi? Detto questo, sono stato in 154 Paesi membri dell'Onu e in altri 29 che non lo sono, tra cui i 3 citati».

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Non va mai in vacanza senza viaggiare?

 «Ho da poco passato tre giorni in Inghilterra con un gruppo di amici visitando giardini, mangiando, bevendo, nuotando».

 

Un consiglio di lettura per chi ama viaggiare?

 «Tanti, ma forse Full Tilt: Ireland to India with a bicycle, il classico di Dervla Murphy».

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