"E' NATO NEL CORPO SBAGLIATO" - LIA CELI PARLA DEL COMING OUT DEL FIGLIO, ROMAN GRASSILLI, NATO FEMMINA CHE SI IDENTIFICA COME MASCHIO: "E' STATA UNA PERDITA E UN'ACQUISIZIONE, UN LUTTO E UNA NASCITA. QUANDO MI FECE 'IL DISCORSO' TUTTO SI SAREBBE ASPETTATO TRANNE IL MIO SGUARDO SBIGOTTITO. PER ME LO CHOC NON È STATO TANTO QUEL CHE INTENDEVA FARE DEL SUO CORPO, QUANTO..."
-
Estratto dell'articolo di Lia Celi per “La Stampa”
La vita da genitori di ragazzi e ragazze trans inizia con una raffica di domande angosciose, da «dove abbiamo sbagliato?» a «gli farà male?», passando da «come lo spieghiamo alla nonna?». Soprattutto se la disforia di genere si presenta in un figlio o una figlia ancora adolescenti, quando la loro salute e il loro benessere sono ancora in carico a noi – ma la loro felicità no, non più. […]
Ma forse lo spettro più destabilizzante di tutti è un figlio o una figlia che non si sente più a suo agio nel corpo col quale l'abbiamo fatto o fatta, non si riconosce più nel nome che gli o le abbiamo dato. […]
E il figlio o la figlia adolescente trans non ha né la maturità né la pazienza per rendersi conto che, quando fa «coming out» con babbo e mamma, non gli sta chiedendo solo di accettarlo e accompagnarlo nel suo percorso di transizione, ma di affrontarne una loro stessi, rispetto alla quale sono meno pronti e spesso meno informati di lui o di lei. […] Deve mettere d'accordo testa, cuore e viscere nell'elaborazione di un complessissimo evento che per un padre e per una madre è nello stesso tempo una perdita e un'acquisizione, un lutto e una nascita.
Non è cosa né breve né facile, nemmeno per genitori aperti e disponibili. Anzi, più crediamo di essere aperti e disponibili, più rischiamo di fare figure patetiche – e qui parlo per me, madre di un ragazzo trans, Roman, che quando mi fece «il discorso» tutto si sarebbe aspettato tranne il mio sguardo sbigottito, le mani che si aggrappavano al tavolo e l'espressione di chi già immagina chirurghi-Frankenstein che tagliano qualcosa lì e aggiungono qualcos'altro là.
[…]Non capiva, e forse non può capirlo nemmeno ora, che per me lo choc non è stato tanto quel che intendeva fare del suo corpo (era maggiorenne e responsabile delle sue scelte), quanto il dover cambiare di colpo me stessa, il mio sguardo, la mia narrazione e il mio discorso riguardo a lui. […]
E non posso essere stata la buona madre che credevo, perché non ho capito, non ho intuito, anzi, con ingenuo autocompiacimento materno, interpretavo quel disagio per eccentricità, anticonformismo, allergia agli stereotipi di genere: tutte mie proiezioni. […]
Attraverso il Mit di Bologna sta completando la sua transizione e a marzo potrà cambiare i documenti d'identità. Ed era già Roman per il professore con cui in novembre si è laureato. Vedere finalmente un figlio sereno è una soddisfazione per qualunque genitore. Ancora di più se è studioso, bello come il sole e fidanzato. Però io ho una soddisfazione supplementare: finalmente non sbaglio più pronomi e desinenze. Segno che anche la mia transizione sta procedendo bene.