"C'È IL SERIO PERICOLO DI UN TRATTAMENTO INUMANO E DEGRADANTE" PER I MIGRANTI - NON SI PARLA DI LIBIA MA DI ITALIA! È IL MODO IN CUI CI VEDONO I TEDESCHI, IN UNA SENTENZA NELLA QUALE I GIUDICI DEL NORDRENO VESTFALIA HANNO DECISO DI NON ESPELLERE UN MALIANO E UN SOMALO: NON AVREBBERO CASA E CURE NEL NOSTRO PAESE, DOVE GIÀ È DIFFICILE TROVARE UN LAVORO SE SEI ITALIANO - LA MANCANZA DEL DIRITTO DI ALLOGGIO È COLPA DEL DECRETO SALVINI DEL 2018, CHE POI È STATO RIFORMATO, MA...
-Uski Audino per "La Stampa"
L'accusa è di quelle pesanti: in Italia c'è «il serio pericolo di un trattamento inumano e degradante» per i migranti. È questa la motivazione in base alla quale il tribunale amministrativo superiore del Nordreno Vestfalia ha deciso di non rimandare in Italia due richiedenti asilo, un maliano e un somalo, e di accogliere il loro ricorso.
I due avevano visto respinta la loro richiesta di rimanere in Germania nelle istanze di primo livello. Il tribunale di Muenster invece ha dato loro ragione. Nel caso di un rientro in Italia, sostengono i giudici, queste persone «per un lungo periodo di tempo non avrebbero né un alloggio né un lavoro» e in più «non avrebbero accesso alle relative cure», si dice nel riassunto della sentenza del tribunale superiore di Muenster.
La motivazione non è generica ma circostanziata. Si fa riferimento alla perdita del diritto all'alloggio per i migranti in Italia dopo un certo periodo di tempo. «Non hanno più diritto all'alloggio in Italia», scrive il tribunale, e la spiegazione è che «il cosiddetto decreto-Salvini del 2018, che limitava i diritti dei richiedenti asilo e dei beneficiari di protezione in Italia, è stato riformato nel dicembre 2020 - ricorda il tribunale - tuttavia, le norme che regolano la perdita del diritto all'alloggio in un centro di accoglienza continuano ad essere applicate, nonostante la riforma».
Trovare un posto dove dormire non è facile per chi non ha disponibilità economiche su cui contare e «i rifugi per i senzatetto o i ricoveri d'emergenza non sono disponibili in numero sufficiente», fanno presente i giudici di Muenster.
A questa ragione si sommano le condizioni non semplici del mercato del lavoro in Italia per tutti, anche per gli italiani, che rendono particolarmente difficile trovare un'occupazione se si è giovani e soprattutto se non si parla bene la lingua, sostengono ancora le toghe tedesche.
Alla luce di tutto questo il tribunale di seconda istanza ha rigettato la richiesta delle autorità tedesche - in un caso del Bamf (Ufficio federale per la migrazione) e nell'altro di un tribunale di primo livello - di rimandare indietro i due migranti, secondo il dettato del regolamento di Dublino, che prevede la presa in carico del procedimento d'asilo da parte del paese di primo approdo.
Non è la prima volta che accade in Germania del resto. Già lo scorso gennaio lo stesso tribunale per un motivo analogo aveva rifiutato il trasferimento in Grecia richiesto dalle autorità tedesche dell'Ufficio federale per la migrazione.
Al netto di tutte le considerazioni, la sentenza di ieri di Muenster è un pesante atto d'accusa al sistema italiano di gestione della migrazione. Se ora la polemica si dovesse concentrare solo sull'uso degli aggettivi «inumano» e «degradante" sarebbe un'occasione persa per colmare lacune la cui notorietà ha ormai varcato i confini nazionali.