"ABBIAMO PORTATO NOI LA DROGA DELLO STUPRO A CASA DI LUCA MORISI" - UNO DEI DUE ESCORT RUMENI, ALEXANDER, SVELA ALTRI DETTAGLI SULLA NOTTE A CASA DEL SOCIAL-GURU: "MORISI SI È COMPORTATO IN MODO CORRETTO, NON HA SBAGLIATO NIENTE. E NOI NON SAPEVAMO CHI FOSSE - E' STATO IL MIO AMICO NICOLAS A CHIAMARE I CARABINIERI PER COLPA DELLA DROGA CHE AVEVAMO PRESO. ERA FUORI, NON RAGIONAVA - TUTTO È SUCCESSO IL 14 DI AGOSTO E NON SIAMO STATI NOI A PARLARNE CON QUALCUNO - DA QUANDO SUL GIORNALE 'LA VERITÀ' HANNO PUBBLICATO IL MIO NOME, LA MIA FACCIA E OGNI COSA DI ME, SONO ALL'INFERNO" - LA DANDOLO ANTICIPAZIONE SUL GHB E IL MONDO ESCORT MILANESE....
SIAMO SICURI CHE LA DROGA DELLO STUPRO FOSSE DI LUCA MORISI? - ALBERTO DANDOLO: "CHI LA NOTTE LA CONOSCE BENE SA CHE A MILANO CI SONO SOLO 3 O 4 NUMERI A CUI (E CON MOLTO ANTICIPO) CI SI PUÒ RIVOLGERE PER RACCATTARE IL GHB. E GUARDA CASO SONO SOLO NUMERI DI TELEFONO A CUI RISPONDONO VOCI RUMENE - E CON LORO NON SI SCHERZA E BISOGNA RISPETTARE I PATTI PRESI. MAI TENTARE DI FARE I FURBETTI CON LORO. PERCHÉ NON SONO MOLTO DOCILI E SOPRATTUTTO GODONO DI PROTEZIONI AD ALTISSIMI LIVELLI ESSENDO, SI VOCIFERA, FIDATI E STORICI INFORMATORI DI PIÙ DI QUALCHE 'DIVISA'"
Grazia Longo Niccolò Zancan per "la Stampa"
«Sì, siamo stati noi. Siamo stati io e Nicolas a portare la droga dello stupro a casa di Luca Morisi». Sono le quattro di pomeriggio. Da un appartamento di Milano, zona Milano Centrale, risponde al telefono un ragazzo in lacrime e piangendo, con le sue parole, pone fine al lato giudiziario del caso Morisi. «La mia vita è distrutta, ho pensieri brutti, non reggo, ho bisogno d'aiuto». Lui è Alexander, nome d'arte. È l'escort che ha preso accordi con Luca Morisi per passare insieme la notte del 13 agosto, dopo aver ricevuto queste raccomandazioni: «Basta che siate seri, non mi prendete in giro».
Ha 21 anni, è arrivato dalla Romania quando era un ragazzino. Ha fatto le scuole in Italia: «Lavoravo in un bar. È stata la pandemia a stravolgere la mia esistenza. Non avevo più soldi per vivere e nemmeno soldi da mandare a casa. Io mantengo tutta la mia famiglia».
Conoscevate già Luca Morisi, il responsabile della comunicazione sui social della Lega e l'inventore della «Bestia» al servizio di Matteo Salvini?
«No, era la prima volta che lo vedevamo. E non sapevamo nulla di lui, di quello che faceva, del suo ruolo politico. Niente di niente, né io né Nicolas. Abbiamo capito solo in questi giorni».
Con Nicolas siete amici?
«Certo, siamo amici, ci conosciamo da tanto. Eravamo a letto insieme, qui a casa mia, quando Morisi ci ha contattato».
Voi avete portato la droga dello stupro, lui ha ammesso di avere consumato della cocaina: in casa sono stati sequestrati 0,31 grammi. Perché avete chiamato i carabinieri il pomeriggio del 14 agosto?
«Non sono stato io a chiamarli. Quello che posso dire è che Morisi con noi è stata una brava persona. Si è comportato bene. Non ha sbagliato niente. E neppure noi abbiamo sbagliato niente».
E allora perché quella chiamata ai carabinieri, parlando di soldi o forse di un furto?
«È stato Nicolas a telefonare. Per colpa della droga che avevamo preso. Non ragionava bene, era fuori. Diceva cose assurde».
Vi siete più cercati con Morisi?
«No, mai. Ma lo ripeto: Morisi non ha fatto niente di male nei nostri confronti».
Perché sta piangendo?
«Perché sto male, sono senza una lira e nessuno mi vuole più incontrare. Non lavoro. È tutto finito. La mia vita è distrutta. Da quando sul giornale La Verità hanno pubblicato il mio nome, la mia faccia e ogni cosa di me, io sono all'inferno. Prima quei giornalisti si erano finti clienti e mi hanno chiesto anche il codice fiscale per il pagamento, e poi».
Poi cosa?
«Quando mi hanno detto chi erano davvero, io li ho richiamati in lacrime. Li ho pregati di non mettere il mio nome, li ho scongiurati di non mettere la foto con la mia faccia. Ho detto che mi sarei ammazzato. Ma loro se ne sono fregati. Adesso non mi chiama più nessuno. Non ho manco i soldi per fare la spesa».
La riconoscono?
«Anche dieci minuti fa, qui sotto al bar. Tutti mi chiedono di Morisi. Scherzano, ma è una tragedia. Nessuno si fida più di me. Il telefono non squilla più. Mi chiamano solo giornalisti che si fingono clienti. Ma fate caso: noi non avevamo detto nulla di quella serata, non eravamo andati noi in giro a raccontare. Quella cosa è successa il 14 di agosto e non siamo stati noi a parlarne con qualcuno: né io né Nicolas».
La notizia non è uscita da voi. Perché vuole rimarcarlo?
«Perché hanno scritto cose troppo brutte, hanno scritto cose false e tremende. Il nostro lavoro si basa sulla discrezione. Ora siamo distrutti».
Ha parlato con il suo avvocato?
«Ne sto cercando uno. Ma sono senza soldi anche per avere un avvocato, spero di poterlo avere gratuitamente per confrontarmi e capire come uscire da questo incubo».
Come si sente?
«Malissimo. Penso alla morte, ho bisogno di uno psicologo. Questo è un lavoro brutto e difficile, non è che uno lo fa per per comprarsi la roba di Louis Vuitton».
Lei perché lo fa?
«Per soldi. Per necessità. Io lo faccio per vivere e per mantenere tutta la mia famiglia».
Dove avete comprato la droga dello stupro?
«Di questa parlerò con il mio avvocato, se ne troverò uno».
Ha bisogno d'aiuto?
«Ho bisogno di fare la spesa».
Non ha niente da parte?
«Zero. Tutto quello che ho guadagnato è stato per vivere. Vivere qui a Milano e fare vivere la mia famiglia in Romania».
Alexander ci congeda con una frase di questo tipo: «Per favore, mi sono fidato di voi». In procura, a Verona, presto sarà chiamato anche lui. Anche se ufficialmente non risulta fra gli indagati. Perché quella mattina del 14 agosto aveva tenuto un ruolo defilato. Lo stesso che avrebbe voluto tenere sempre. La droga dello stupro era nella bottiglietta di succo di frutta infilata nello zaino di Nicolas, la cocaina su un ripiano della libreria al secondo piano dell'appartamento di Luca Morisi. Così come Morisi stesso ha indicato ai carabinieri.
Entrambi i quantitativi sono minimi. Non tali da presupporre il reato di spaccio e probabilmente neanche quello di cessione di sostanze stupefacenti. La procuratrice di Verona, Angela Barbaglio, non vuole commentare questa inchiesta: «Non intendo alimentare con pezzi e bocconi questioni di altro genere. L'incarico è affidato al pm Stefano Aresu. Farà tutti gli accertamenti del caso, su cui noi non diremo neanche una parola. Tireremo le somme alla fine». Un vicenda privata divenuta pubblica per il ruolo politico ricoperto da uno dei suoi protagonisti. Tre vite messe a nudo per un reato minimo o forse inesistente.