"DEVO FAR FUCILARE GALEAZZO CIANO?" - LE CONVERSAZIONI DI MUSSOLINI, IN PARTE INEDITE, CHE I TEDESCHI INTERCETTARONO DAL 1943 AL '45 - IL DUCE PARLAVA PER TELEFONO CON I SUOI COLLABORATORI, CON I CAPI MILITARI DELLA RSI, CON CLARETTA PETACCI, CON LA FIGLIA EDDA, CON I GERARCHI NAZISTI DI STANZA NEL NORD ITALIA E CON ADOLF HITLER, A CUI FU CHIESTO DI NON GIUSTIZIARE GLI ITALIANI: "NON TOLLERO DI VENIRE INFORMATO DI ESECUZIONI DI SENTENZE NEI CONFRONTI DI NOSTRI CITTADINI GIÀ AVVENUTE..."
-1 - LE TRATTATIVE, I DUBBI, LE CONTROMOSSE: IL DUCE AL TELEFONO CON IL CAPO DELLE SS
Costanza Cavalli per “Libero Quotidiano”
In un appartamento non grande e stipato di appoggi come si conviene a una persona anziana, comò con larghi ripiani, sedie, poltrone, tavoli e tavolini, cosicché non occorre che girarsi per trovare le cose all'altezza delle mani, Riccardo Lazzeri, 94 anni, vive con la sorella quasi coetanea a Desenzano del Garda, in un quartierino residenziale defilato dal centro. Era arrivato a Libero via posta un plico a sua firma che conteneva un fascio di fogli battuti a macchina e legati con una spirale da copisteria, intitolato "Storia segreta della Repubblica Sociale".
I fogli erano ingialliti e cominciavano a fare la polvere della carta vecchia: su quelli Lazzeri aveva riordinato molta parte di un archivio recuperato in decenni di ricerca, in parte ricevuto dalle mani del comandante delle SS in Italia Karl Wolff, contenente le intercettazioni da parte dei tedeschi delle conversazioni che Benito Mussolini intratteneva per telefono con i suoi collaboratori, con i capi militari della RSI, con Clara Petacci, con la figlia Edda, con i gerarchi nazisti di stanza in nord Italia, con Adolf Hitler.
Il valore storico di questo plico potrà essere verificato dagli specialisti del periodo: una parte di queste intercettazioni è nota (alcune sono comparse sul settimanale Gente nel 1959, altre sulla Domenica del Corriere nel 1973), mentre altre ci risultano inedite.
I fatti accaduti nei convulsi diciotto mesi della Repubblica Sociale, dalla sua nascita il 23 settembre 1943 al 25 aprile 1945, sono stati più volte studiati, sezionati, manipolati. Non è farne un'ulteriore versione revisionista il nostro proposito. Ma dopo aver letto poche pagine non abbiamo potuto negare che il plico che stavamo sfogliando sembrava aver preso vita per sé, grazie al ritmo dei discorsi diretti, l'uso di parole e interiezioni del vocabolario parlato.
Queste intercettazioni "intercettano" soprattutto lo spirito del momento. Per questo, dopo aver rintracciato con una certa fatica Lazzeri, che aveva dimenticato di allegare il suo numero di telefono, siamo andati a fargli visita. Sul ripiano di un grande mobile del soggiorno ha impilati e affiancati mazzetti con centinaia di fogli dattiloscritti.
Ha il buon ordine nel sangue, di mestiere è stato un contabile, dopo la guerra ha lavorato in Svizzera per una società di avvocati d'affari - «quelli che custodivano i soldi fatti uscire dall'Italia, quanti evasori» - ma intanto coltivava la passione per la ricerca storica, che lo aveva contagiato dopo un fatto drammatico avvenuto nel 1944, quando era studente in una scuola di ragioneria a Piacenza, dove nel 1943 la sua famiglia si era trasferita dalla nativa Trento: la sua giovane insegnante di Merceologia, Giovanna Capello, che non aveva ripudiato il fascismo («vestiva di nero e al bavero portava il distintivo littorio») il 12 marzo fu uccisa da un gruppo di partigiani che fecero irruzione in casa prima che si recasse a scuola.
«Questo fatto mi colpì nel profondo. Appena mi fu possibile, cominciai a cercare che cosa era davvero successo in quegli anni in cui ero troppo giovane per farmi un'idea personale».
L'INCONTRO
Lazzeri ha scritto alcuni libri, "La scuola italiana durante la Rsi", "Economia e finanza nella Repubblica sociale italiana", e nelle pause che il lavoro di contabile gli concedeva si mise "in caccia" dei testimoni in vita che potessero aiutarlo a chiarire di prima mano i fatti del passato.
La terra che ha smosso ha dato vari frutti: negli anni Settanta è entrato in contatto e poi in confidenza con Wolff, che incontrò in Baviera, a Chiemsee, dove visse i suoi ultimi anni. Wolff era un generale fedelissimo a Hitler, perlomeno fino agli ultimi mesi. Nel 1943 era stato nominato governatore militare nel nord Italia e comandante supremo delle SS dal numero due del Reich Heinrich Himmler. Wolff, che Lazzeri ha indicato come la fonte materiale di molte delle trascrizioni che leggerete, ebbe un ruolo di spicco nell'ultima parte della guerra.
Probabilmente avendo capito che era perduta, all'insaputa di Hitler fu uno dei protagonisti delle trattative di resa con gli angloamericani, attività che gli fruttò il proscioglimento a Norimberga. Fu però condannato a 15 anni nel 1962 per aver avuto parte nella deportazione di 300mila ebrei al campo di concentramento di Treblinka. Dopo sei anni fu scarcerato per motivi di salute e visse in Baviera fino alla morte, nel 1984.
L'anno precedente aveva incontrato, con l'intercessione di Lazzeri, il giornalista Luciano Garibaldi, al quale in un'intervista di quattro puntate sul settimanale Gente, raccontò gli stessi fatti che riscontrerete nelle intercettazioni, nonché la vicenda che lo vide incaricato da Hitler di fare prigioniero Papa Pio XII, cosa che Wolff non voleva assolutamente fare, per cui traccheggiò finché gli sviluppi del conflitto non distrassero il Führer dal suo intento.
Un secondo contatto diretto Lazzeri lo ebbe con il tenente delle SS Franz Spögler, che al tempo di Salò era l'ufficiale di collegamento fra Mussolini e il comando tedesco, nonché l'attendente personale di Clara Petacci. Spögler dalla fine del 1944 fu il responsabile del servizio intercettazioni telefoniche a villa Maria Elisabetta, a fianco del Grand Hotel Fasano di Gardone Riviera che era adibito a ospedale militare tedesco, e dopo la guerra tornò alla sua attività di albergatore a Longomoso, in Alto Adige.
Nelle pagine che oggi e che nei prossimi giorni pubblicheremo potrete "leggere la voce" di un Mussolini indebolito ma non privo di un suo seguito, a tratti ancora "capo di governo", in cerca fino all'ultimo giorno di una soluzione, stretto fra tedeschi allo sbando e le convulse trattative incrociate per la resa, a volte tagliato fuori dagli avvenimenti, in altri momenti ribelle e orgoglioso; leggerete anche di un uomo che in Clara Petacci ha un'amante "vivace" con la quale spesso battibecca.
Nella drammatica conversazione notturna con Wolff in cui Mussolini chiede consiglio all'ufficiale tedesco, l'unico di cui pensava di potersi fidare, su che cosa fare della vita di Galeazzo Ciano (ne sono uscite varie versioni, Lazzari afferma che questa è la trascrizione originale), emerge tutta l'incertezza dell'uomo; ma anche che, al contrario di quanto da più parti sostenuto, i nazisti non ebbero parte diretta nella questione né fecero pressioni, cosa che secondo Lazzari dimostra l'indipendenza della Rsi dagli alleati tedeschi, che pure lo sorvegliavano da vicino.
2 - «DEVO FAR FUCILARE GALEAZZO CIANO?»
Da “Libero Quotidiano”
NOTTE TRA IL 9 E 10 GENNAIO 1944
M. Camerata Wolff, perdonate se la disturbo a quest' ora. Tramite mia moglie ho ricevuto una lettera da mia figlia Edda. Ne conoscete il contenuto?
W. Sì, Duce. Lo conosco ed è per questo che ho provveduto al suo inoltro a lei.
M. Che ne dite?
W. Sono desolato, ma non ho niente da dire. Si tratta di una faccenda privata della famiglia Mussolini ed ho ordini precisi da Hitler di non immischiarmi in questa faccenda. Anch' egli la considera una questione prettamente interna che riguarda l' Italia.
M. Che cosa mi consigliate?
W. Duce. Le ho già detto di aver avuto le più severe istruzioni dal Führer di non occuparmi affatto della questione, essendo competente esclusivamente per questioni puramente militari e di sicurezza, ma non sono autorizzato a darle consigli in una questione eminentemente intima e familiare. Me ne duole immensamente, abbia comprensione. Ripeto mi dispiace per lei, sono scosso dal contenuto della lettera, ma non posso darle alcun suggerimento.
M. Camerata Wolff, abbiamo lavorato così bene insieme e siete stato per me un giovane aiutante comprensivo, quando persi il potere. La prego, non mi abbandoni. Comprendo che lei adesso si trova in un conflitto di coscienza, tra me e gli ordini di Hitler. Ma a lui va certamente meglio di me ed io mi trovo in una terribile situazione, perché i figli di Ciano sono i miei nipotini ed inoltre la mentalità italiana è diversa da quella tedesca.
W. Lo so benissimo ed è appunto per questo, che mi guardo bene dal darle dei consigli.
M. Ma non potete dirmi qualcosa o aiutarmi in modo che io possa prendere una decisione più giusta e migliore?
W. Duce, lei sa come io la Veneri e soprattutto ora non voglio deluderla o abbandonarla in quest' ora difficile. Non posso agire apertamente contro un ordine del Führer, ma dinanzi alla mia coscienza le faccio una proposta. Se ben comprendo è importante per lei di sapere quali ripercussioni un' esecuzione della sentenza od una grazia avrebbero su Hitler, comandante supremo del popolo tedesco e su Himmler.
M. Le sono grato, vedo che lei intende aiutarmi. Camerata Wolff, mi rivolgo a lei, privatamente, come ad un amico. Che cosa si aspetta Hitler da me? Che io faccia fucilare Galeazzo o che lo faccia fuggire? Ditemelo.
W. Hitler non crede ad una esecuzione della sentenza.
M. Camerata Wolff, se non faccio eseguire la sentenza il mio prestigio presso il Führer ne risentirebbe?
W. Francamente sì. D' altra parte non pretende da lei che prenda una decisione contraria ai sentimenti del popolo italiano.
M. E che cosa ne penserebbe Himmler, il Reichsführer SS?
W. Duce, vuol conoscere la verità?
M. Sì, naturalmente, per questo lo chiedo, perché è molto importante per me.
W. Il Reichsführer crede e spera - questa è la pura verità - che lei tragga la logica conseguenza degli errori del passato e che lei possegga la vera grandezza, come padre della patria, di anteporre la "res publica"ad ogni altro interesse umano e familiare, affinché il popolo possa convincersi che Mussolini è ancora il duce ed antepone gli interessi dell' Italia a quelli della propria famiglia. Himmler ritiene, che Galeazzo Ciano, una volta all' estero, passerebbe al nemico, consegnando i diari per motivi venali.
M. Grazie, camerata Wolff. Mediterò su quanto sentito. Le auguro una buona notte, nel caso lei possa ancora dormire.
IL DUCE A WOLFF, FEBBRAIO 1945
M. Generale, le devo parlare.
W. Posso venire anche subito.
M. Molto bene, caro generale. Dobbiamo trattare della parte militare di un discorso che terrò sabato al Vittoriale dobbiamo rispondere ai cantastorie britanni ci. Un' Inghilterra vittoriosa - ammettiamo per ipotesi assurda - non mi perdonerebbe le difficoltà geo strategiche che ho loro riservato nel Mediterraneo.
W. Non sono affatto convinto della saggezza dei piani inglesi.
M. parlavo appunto di assurdità e sono certo delle nuove armi del Führer.
W. Certo. Anch' io ne sono sicuro. La tesi di Morgenthau non si realizzerà. Nello stesso modo con il quale la Russia cesserà di essere il granaio dell' Europa.
M. Chi vivrà, vedrà, caro Wolff la prego di venire presto.
WOLFF A MUSSOLINI, APRILE 1945
W. Duce, i miei servizi di sicurezza (SD) mi informano che da qualche tempo in qua diramate dal vostro quartier generale delle disposizioni che non corrispondono agli accordi stipulati.
M. Caro generale, il Gauleiter Rainer ha iniziato una politica filo-slovena che, a priori, non corrisponde affatto ai nostri accordi. Si è messo apertamente contro il comando della Decima Mas W. Rainer ha dovuto tirare le redini al Comandante della Decima Mas. Non è proprio tempo di piccole diatribe. D' altronde le varie divergenze sono state chiarite. Tanto più che sulla "Linea Gotica" sono in corso enormi sforzi per arginare gli attacchi angloamericani.
M. ritengo giuste le misure adottate dal Comandante Borghese, che ha sempre dimostrato la sua disponibilità ad una leale collaborazione W. Il Feldmaresciallo Kesselring si trova al fronte, cosicché sono il responsabile: esigo ubbidienza e disciplina.
M. Scusate generale, ma non potete garantire nemmeno la vostra sicurezza, come potete assumere la nostra? Qualora la lenta ritirata si dovesse trasformare in fuga disordinata, chi potrebbe sventare il pericolo di "terra bruciata"?
W. Le ho assicurato che abbiamo rinunciato alla distruzione di fabbriche, comunicazioni ferroviarie, ponti e strade.
Ho delle riserve solo per quanto riguarda il porto di Genova che esula dalla mia sfera di competenza.
M. Speriamo che sia così. La prego di venire da me, è necessario uno scambio di vedute.
W. Bene Duce, le va domani mattina alle 9?
M. Grazie, l'attendo
IL COMMIATO, APRILE 1945
W. Duce, io parto per Berlino dove sono atteso dal Führer. È un viaggio pericoloso per diversi motivi, il cui risultato rivestirà, grande importanza anche per lei, Duce, credetemi. Sarò assente 5 o 6 giorni e mi permetto ricordarle la sua parola d' onore: fino al mio ritorno non deve allontanarsi da qui per nessun motivo. Sono al corrente dei suoi contatti con il Cardinale Schuster e la sconsiglio di proseguire per questa via.
M. Generale Wolff, qui è tutto finito non so se il suo viaggio a Berlino sfocerà nel risultato sperato. La mia fiducia vacilla se dovessero presentarsi delle possibilità anche per me non posso e non voglio ignorarle e tantomeno respingerle W. Duce, di queste possibilità ne parleremo al mio ritorno. Questo fu l'ultimo colloquio tra Mussolini e Wolff. Il 17 pomeriggio il Duce lasciava Gargnano per recarsi a Milano.
3 - «COSA FACCIAMO DOPO L'ATTENTATO DI VIA RASELLA?»
Da “Libero Quotidiano”
Ecco una delle conversazioni tra Benito Mussolini e Guido Buffarini Guidi, ministro dell'Interno della Repubblica Sociale Italiana. È il 23 marzo 1944, il giorno prima dell'eccidio delle Fosse Ardeatine attuato dai tedeschi in risposta all'attentato partigiano di via Rasella, a Roma. Si discute delle decisioni dei tedeschi e del ruolo del comandante della SS, Karl Wolff
23 MARZO 1944
M. C'è qui da me Bevilacqua (sottosegretario del ministro interni). Perché non siete venuto voi stesso? La questione è troppo importante e soprattutto delicata.
B. Non potevo venire subito. Se voi lo desiderate, vengo ora.
M. Sì, è necessario. Sto preparando una dettagliata relazione per Berlino. Siamo costretti, in un modo o nell'altro di prendere posizione sull'attentato di Roma. Non possiamo farne a meno. Con un colloquio telefonico con Himmler non possiamo considerare chiusa la faccenda. Soprattutto perché nessun Comando tedesco in Italia vuole intervenire. La Wermacht passa la cosa alle SS, queste a sua volta allo SD, l'SD alla polizia e così via.
B. Molto indicativo. In altri casi tutti vogliono considerarsi competenti, i Comandanti militari, i Plenipotenziari. E Wolff?
M. Naturalmente anche lui.
B. L'ho sempre detto, Duce. Wolff si comporta a seconda dei casi: come "lupo" o come "volpe".
M. Nel caso in questione anche gli altri si comportano così. Del resto conoscete la mia opinione su Wolff. Per l'Italia, per la mentalità italiana e per la nostra collaborazione è l'uomo giusto, perché non è solamente un rigido militare ma anche un diplomatico.
B. Diplomatico, questo si! Lo dimostra il suo comportamento instabile in molte occasioni. Una nuova prova sono le mie supposizioni, che prendono sempre più consistenza dei suoi rapporti con il Vaticano
M. Buffarini, sapete molto bene in che conto io tenga delle supposizioni. E proprio voi continuate a parlare di sospetti. Portatemi delle prove, prove! Attenetevi una volta per tutte a questa regola!
B. Le prove le porterò certamente
M. Alla fin fine le porterete forse ma ricordatevi: solo quando avrò delle prove in mano potrò agire. Vi attendo quindi subito. B. Sono subito da voi, Duce.
4 - «IL DUCE A HITLER: NON FUCILATE GLI ITALIANI»
Costanza Cavalli per “Libero Quotidiano”
Continuiamo la pubblicazione delle intercettazioni che riportano le conversazioni telefoniche di Benito Mussolini durante i mesi della Repubblica sociale raccolte in ricerche durate decine di anni e consegnate a «Libero» da Riccardo Lazzari. Si tratta delle trascrizioni, tradotte in italiano, dei documenti stenografati dal servizio di intercettazioni tedesco, che era dislocato al Grand hotel Fasano di Gardone Riviera, sul lago di Garda.
Oggi riportiamo le conversazioni che il duce ebbe in tedesco con Adolf Hitler fra il 1944 e il 1945, dalle quali emerge che, per quanto tenesse alla stabilità dell'alleanza, nei confronti del collega tedesco non avesse alcuna riverenza, tanto che a tratti Hitler, per rassicurare Mussolini sulle sue intenzioni, sembra nascondersi dietro la figura del suo vice Heinrich Himmler. Nella telefonata del 2 agosto 1944 Hitler sogna ancora di ribaltare le sorti del conflitto, e sembra confortato dalla consistenza dell'esercito della Repubblica Sociale, che in quel momento conta circa duecentomila soldati comandati dal generale Rodolfo Graziani.
Ma in una conversazione dell'ottobre 1944 Mussolini è contrariato per i rastrellamenti di cittadini italiani da parte delle SS, che avvengono senza che egli ne sia informato, e pretende di aver voce in capitolo soprattutto quando si tratta di decidere pene capitali, anche quando si tratta di partigiani. A dicembre, forse incoraggiato dal fatto che gli Alleati erano fermi da oltre un mese sulla Linea Gotica, annuncia al Fürer l'intenzione di tenere un discorso a Milano, che gli pare una piazza matura per un'estrema chiamata alla difesa dell'Italia settentrionale.
Il Duce pronuncerà il "discorso della riscossa" il 16 dicembre al teatro Lirico, essendo la Scala stata abbattuta dai bombardamenti. A questo proposito, Mussolini e Hitler, in una telefonata del febbraio 1945, avvenuta dopo i due spaventosi bombardamenti che rasero al suolo Dresda (13 e 14 febbraio) criticano l'indiscriminata distruzione dei monumenti nazionali e concordano sul fatto che i bolscevichi sono una minaccia di cui gli Alleati non si avvedono.
Nel discorso al Teatro Lirico, Mussolini si disse favorevole a trattare con gli angloamericani ed ebbe parole dure contro Badoglio. Fu l'unica uscita pubblica del Duce dopo la caduta del Fascismo. Nell'ultima telefonata fra i due leader, datata 10 aprile 1945, Hitler è nel bunker di Berlino assediata, è infastidito dalle parole dell'alleato e sembra non voler prendere coscienza della realtà che invece è ben chiara a Mussolini. Il giorno dopo le forze statunitensi passano l'Elba e puntano sulla capitale. Solo il 22 aprile Hitler ammetterà che la guerra è perduta.
AGOSTO 1944
M. Passatemi il Führer. (La telefonata viene passata)
M. Vi ringrazio per il vostro ordine di pronto impiego. Ne siamo tutti felici.
H. Sono io a ringraziarvi Duce. Avete ottenuto con grande tenacia, fatica e lavoro strenuo ciò che molti e lo devo ammettere, me compreso, non ritenevano possibile. Sono convinto che i vostri soldati riusciranno a riparare il danno che il traditore Emanuele ha arrecato all'Asse.
M. Certamente Führer. Tutti i benpensanti sanno che la maggioranza degli Italiani ripudia tale atto di infedeltà ai patti. Una cosa è certa: i Savoia pagheranno il fio dei loro atti. Il futuro lo confermerà. Le ricostruite divisioni dimostreranno dinnanzi ai Tedeschi, anzi dinnanzi al mondo intero che l'Italiano non è né traditore né vigliacco.
H. Ne sono sicuro. Prometto ogni aiuto alle vostre truppe sia di armi che di altro materiale necessario. Il comando del Gruppo d'Armate Sud ha ricevuto ordine della più stretta collaborazione con le vostre truppe. Vi prego da parte vostra di impartire le stesse disposizioni al Generale Graziani. Tenetemi informato su tutto e vi ringrazio.
M. Grazie.
OTTOBRE 1944
M. Ho appena ricevuto la vostra risposta alla mia lettera. Temo che non abbiate interpretato bene il mio pensiero per quanto riguarda la lotta antipartigiana. È lungi da me prenderne le difese o addirittura proteggerle, ma esigo di essere informato dei procedimenti giudiziari contro i partigiani, soprattutto in casi di sentenze capitali. Il mio ministro agli interni ha già reclamato ripetute volte presso le vostre autorità di polizia.
H. Come risulta dalla mia lettera ho incaricato Himmler di perfezionare la collaborazione tra i nostri comandi in Italia con le autorità italiane. D'ora innanzi verrete sempre tenuto al corrente di tutto. Vi faccio tuttavia presente che le leggi marziali devono essere applicate con la stessa severità come da noi.
M. Certamente, su questo non ho nulla da obbiettare. Non tollero tuttavia di venire informato di esecuzioni di sentenze nei confronti di cittadini italiani già avvenute precludendomi in tal modo ogni possibilità di intervenire.
DICEMBRE 1944
H. Ho ricevuto in questo momento il vostro rapporto Ve l'ho già detto e scritto: agite secondo il vostro parere. Oggi stesso Himmler riceve l'ordine di andare al fondo della cosa Presto sapremo dove si nasconde l'ostacolo. Non possiamo permetterci nessun ritardo, sarebbe un errore. Quando parlo di errori, penso a Calais.
M. Nei prossimi giorni mi recherò a Milano e parlerò i milanesi. Milano è matura. Parlerò della difesa dell'Italia settentrionale.
H. Ne garantisco la difesa. L'Alto comando dell'armata del Sud ha ricevuto precise istruzioni. Riceverete presto il piano di difesa, così come stato preparato ieri al quartier generale. Posso assicurarvi che lavoriamo giorno e notte. Come va la salute?
M. Grazie, alquanto meglio. Il dottor Zachariae è un fedele custode della mia salute.
H. Sono lieto. Allora, oggi stesso chiedo un rapporto dettagliato al comando d'armata. Darò ordine che non ci siano dubbi in proposito. Duce, tenetemi, vi prego, al corrente su tutto. La nostra collaborazione è oggi più necessario che mai.
M. Volentieri, Führer. H. Arrivederci. M. Arrivederci. Mussolini si recherà a Milano il sabato mattina del 16 dicembre, dove alle ore 10 terrà al teatro lirico l'ultimo discorso pubblico, noto come il "discorso del lirico".
FEBBRAIO 1945
H. Parte in questo momento la mia risposta alla vostra lettera, punto per punto. Avrei delle domande a due delle questioni da voi sollevate che prego di rispondere a giro di corriere speciale. Trattasi dei punti 2 e 4.
M. Lo farò. Ritengo che gli americani presteranno orecchio ad un'istanza internazionale. Lo abbiamo già constatato diverse volte, chiarissimamente al 17 agosto 1943 in occasione della nostra protesta a seguito della distruzione della scala di Milano. Ad opere d'arte insostituibili gli americani non attribuiscono, alcun valore. I nuovi casi di distruzione indiscriminate (città di Dresda il 13 e il 14 febbraio 1945) ne sono una riprova.
H. Allora non ci resta altro da fare che rappresaglie! Sono chiaro abbastanza nella mia lettera, Duce.
M. Anch' io non vedo altra via d'uscita. Ci costringono addirittura ad agire in questo modo. Che razza di testardi questi anglosassoni. Non capiscono che stanno preparandosi la fossa, soprattutto gli Inglesi. O credono costoro che la sperata vittoria possa fermare i bolscevichi sul canale della manica. Sarebbe da miopi.
H. Non miopi, ma ciechi sono gli Inglesi! Possibile che non vedono il colosso russo? O sono agli estremi?
M. Già anni fa Churchill riconobbe il pericolo, però Führer, voi lo sapete.
H. Sì, lo so, conosco le circostanze. Però, Duce, questa è una spada a doppio taglio E fintanchè è così non dobbiamo usarla. Vi ricordate delle mie parole?
M. Me ne ricordo ed attendo sempre la vostra approvazione. Non dobbiamo lasciarci sfuggire il momento opportuno. Abbiate fiducia in me! H. La mia fiducia in voi è fuori discussione. Se io tuttavia (Linea interrotta. Mussolini tenterà ancora lungo di riottenere la comunicazio ne, inutilmente).
Nota: La conversazione è avvenuta dopo i due bombardamenti consecutivi su Dresda del 13 e il 14 febbraio 1945
APRILE 1945
H. Duce, la vostra lettera dell'altro ieri mi ha alquanto irritato. Non siate sfiduciato! Io faccio e continua a fare di tutto per riabilitarvi. Duce, se dopo il vostro arresto e traduzione a Ponza avessi deciso l'immediata occupazione di tutta Italia e non mi fossi lasciato ingannare dalle promesse false di Badoglio, dalle sue parole vuote di prosecuzione della guerra fianco a fianco, non credete che la vostra situazione sarebbe oggi diversa?
M. Una tale eventualità non sarebbe stata da escludere. E voi mi ponete oggi una domanda simile? Che ne sarebbe successo di Vittorio Emanuele? Che ne avreste fatto di lui? Non avete mai pensato ad un eventuale insurrezione popolare? Comunque sia A che serve oggi rivangare al passato o addirittura incolpare qualcuno. Pensiamo all'oggi e al domani: entrambi sono foschi e pieni di incognite!
H. Il vostro pessimismo è deprimente, butta a terra. Oggi stesso vi invio un mio messaggio personale. Il "messaggio personale" verrà poi pubblicato dal "Corriere della Sera" il 25 aprile 1945.