IL "DIAVOLO" E' PARACULO: FA MEA CULPA SOLO QUANDO E' CONVENIENTE – ANNA WINTOUR SI SCUSA CON GLI AFROAMERICANI CHE LAVORANO PER “VOGUE” PER NON AVER FATTO DI PIU' A FAVORE DI GIORNALISTI, FOTOGRAFI E STILISTI DI COLORE: “ABBIAMO SBAGLIATO PUBBLICANDO IMMAGINI O ARTICOLI CHE POSSONO AVER FERITO O RIFLESSO RAZZISMO” – PAROLE CHE ARRIVANO A POCHI GIORNI DAL MEMOIR VELENOSETTO DI ANDRE LEON TALLEY, CHE L'AVEVA ACCUSATA DI…
-Celeste Ferrio per "www.lastampa.it"
Anna Wintour si scusa con gli afroamericani che lavorano per Vogue: in un memo allo staff la regina della moda si è cosparsa il capo di cenere per non aver aver fatto quanto in suo potere a favore di giornalisti, fotografi e stilisti di colore.
"Condivido le vostre emozioni ed esprimo la mia empatia per tutto quello che state provando. Lo dico soprattutto ai neri del nostro team: non riesco a immaginare come abbiate vissuto questi giorni", ha scritto la Wintour nel giorno che ha visto la nomina della prima donna di colore, Samira Nasr, al timone del rivale «Harper's Bazaar».
Anna si è assunta "piena responsabilità" per "errori e offese" commessi da Vogue durante il suo mandato. "Lo dico chiaro e tondo. So che Vogue non ha trovato abbastanza modi di dare spazio a giornalisti, fotografi, stilisti e altri creativi. E abbiamo sbagliato pubblicando immagini o articoli che possono aver ferito o riflesso razzismo".
Le scuse della Wintour seguono di pochi giorni l'uscita di "Trincee di Chiffon", il memoir di una delle ex star della rivista, Andre Leon Talley, che l'aveva accusata di intolleranza ed estrema mancanza di sensibilità. "Non è capace di umana gentilezza" si legge nella biografia "e si sceglie gli amici senza alcuna pietà, scegliendoli tra quelli che occupano i posti più alti: George Clooney, Serena Williams, Roger Federer. Io non faccio più parte di quel gruppo perché sono diventato troppo vecchio, troppo grasso, troppo poco cool. Anna è immune a tutto, tranne che al potere".
Il mea culpa della Wintour arriva anche sulla scia di una serie di dimissioni eccellenti nel mondo dei media per passi falsi commessi sul tema delle relazioni razziali, dal capo della pagina degli editoriali del “New York Times”, James Bennet, al direttore del “Philadelphia Enquirer”, Stan Wischnowski.