"DIETRO A ORBAN C'E' PUTIN, IL FINANZIATORE DEI POPULISTI D'EUROPA" (COSA DICONO SALVINI E LE PEN?) - L'EX PREMIER GRECO GEORGE PAPANDREOU, A ROMA PER INCONTRARE LETTA, SPIEGA CHE LE AUTOCRAZIE COME L'UNGHERIA SI RAFFORZANO IN EUROPA PERCHE' "C'E' UN SENTIMENTO ANTI-SISTEMA IN MOLTI PAESI CHE HA INDOTTO I PARTITI POPULISTI A SPINGERE SUL NAZIONALISMO E A SPACCARE LA SOCIETA'" - E POI RIVELA: "ANDAI DA PUTIN E GLI DISSI: "PUOI COMPRARE I NOSTRI BOND?". LUI MI RISPOSE: "E TU PUOI COMPRARE LE NOSTRE ARMI?". UNA PROVOCAZIONE"
-Tonia Mastrobuoni per "la Repubblica"
George Papandreou è a Roma per incontrare Enrico Letta, per rinsaldare i rapporti tra progressisti europei. L'ex premier greco degli anni cruciali della crisi dei debiti e presidente dell'Internazionale socialista ha molte idee su come vincere la sfida con i populisti.
Soprattutto, ritiene che l'autocrate europeo per eccellenza, il premier ungherese Viktor Orbán, abbia ormai poche ore per dimostrare di non essere una marionetta di Putin.
Presidente, Orbán continua a frenare su un embargo del petrolio. Secondo lei potrebbe esserci Putin dietro questa posizione?
«Stiamo ai fatti. Orbán si è distanziato dalla posizione comune europea sull'Ucraina. Ha dichiarato che i suoi arcinemici sono Bruxelles, i media internazionali e Zelensky. D'altro canto il Cremlino ha annunciato che i rapporti con l'Ungheria sono migliorati, dopo le elezioni recenti. Curiosità, Orbán sembra avere informazioni privilegiate da Putin. E dopo la sua visita al Vaticano, il Papa ha rivelato che Orbán gli ha detto che Putin concluderà la guerra il 9 maggio. Il vero test sarà, dunque, se la guerra andrà avanti. E se l'Europa riuscirà a chiudere sull'embargo sul petrolio».
Lei è favorevole anche a un blocco del gas?
«Se lo decidiamo tutti, per me si può fare. Ma la dipendenza della Grecia dal gas russo è simile a quella italiana, circa il 40%. Dobbiamo lavorare seriamente a delle alternative».
Come mai le autocrazie come l'Ungheria continuano a rafforzarsi, anche in Europa?
«C'è un sentimento anti-sistema in molti Paesi che ha indotto i partiti populisti a spingere sul nazionalismo o l'isolazionismo e a spaccare le società. Dobbiamo impegnarci a ricostruirle. Non è facile: il tramonto dei partiti tradizionali e l'indebolimento dei sindacati e dei corpi intermedi ha ulteriormente disgregato le società. Molti sono attratti dai leader "forti", che in realtà sono deboli e aggravano volutamente le incertezze. Noi progressisti dobbiamo essere gli agenti del cambiamento, dobbiamo trovare forme più partecipate di democrazia, ma soprattutto proporre un'Europa più sociale e più sicura».
Intende dal punto di vista militare?
«Anche: abbiamo bisogno di una difesa comune. Ma dobbiamo anche tornare a "europeizzare" alcune produzioni di beni: è una delle grandi lezioni della pandemia. E la risposta ai populismi deve essere soprattutto quella di combattere le diseguaglianze, i paradisi fiscali e i cambiamenti climatici. Io ho vissuto molto da vicino la crisi finanziaria, come sa. E la lezione è che i centri di potere non erano "troppo grandi per fallire", ma "troppo grandi per essere controllati". Non possiamo tollerare troppa concentrazione di ricchezze e di poteri in mano a pochi. E i tecnocrati degli ultimi decenni certo non hanno aiutato la politica: hanno aumentato la percezione di una distanza dai cittadini. L'Europa deve riuscire a umanizzare il capitalismo globale».
E come si combattono gli attacchi ai diritti in Ungheria e altri Paesi?
«Le autocrazie vogliono definire le nostre identità, imporci come essere uomini, donne, come amare i nostri Paesi. Invece dobbiamo imparare la lezione delle scuole finlandesi, le prime nei ranking Pisa-Ocse, le migliori del mondo. Sa cosa insegnano? "Ogni bambino è diverso". È da qui che dobbiamo ripartire».
I progressisti europei sembrano spaccati sulla risposta alla guerra in Ucraina. La Spd tedesca si sta riorientando soltanto ora verso l'invio di armi pesanti all'Ucraina e l'embargo energetico. Mentre il Pd di Enrico Letta è stato sin dall'inizio molto netto verso le responsabilità di Mosca e le misure da prendere.
«In realtà siamo uniti sul fatto che nessuno possa accettare le azioni di Putin. E sul rifiuto delle autocrazie. Qui non parliamo solo di un'invasione, ma di un attacco ai nostri valori, alle nostre società aperte, alle nostre democrazie».
La Russia sta combattendo da anni contro l'Occidente attraverso le infowars, e cerca di influire sulle elezioni.
«La verità è che Putin sfrutta le nostre società aperte per esacerbare le divisioni e diffondere disinformazione. È lui ad alimentare e a finanziare i populisti in Europa. E la risposta deve essere ispirata ad Aristotele. Quando ci sono le diseguaglianze, la polarizzazione è inevitabile: il senso di ingiustizia è un terreno fertile per demagoghi e tiranni».
C'è molta ingerenza russa anche nei Balcani occidentali.
«Sì ma perché freniamo sull'adesione all'Ue della Macedonia del Nord e l'Albania? È un errore».
L'Ucraina dovrebbe entrare nella Ue?
«È chiaro che dobbiamo accoglierli nella Ue. Ma ci sono dei Paesi balcanici che sono già avanti nel processo di adesione e dobbiamo dare loro la priorità».
Lei è stato premier della Grecia in un momento drammatico; nel 2009-10 il buco nei conti del precedente governo vi costrinse alla più colossale correzione dei conti della storia. Non pensa, col senno di poi, dopo i sacrifici mostruosi sopportati dal suo popolo, che avrebbe dovuto dire qualche "no" in più a Merkel?
«Non solo, come disse l'Ocse, abbiamo fatto la più grande correzione dei conti: abbiamo fatto anche il più grande sforzo di riforme della storia. Mario Draghi lo capì e fece il 'whatever it takes'. Io dissi a Merkel: "Non voglio i tuoi soldi, voglio il tuo sostegno sui mercati". Il problema era la disunità europea, non la Grecia. E il problema fu che l'Europa disse che il problema era la Grecia. E poi influì certamente una "psicologia della punizione" tedesca, che non aiutò a tranquillizzare i mercati».
All'epoca sembrava che la Russia volesse aiutarvi. Poi non se ne fece nulla. Perché?
«Andai da Putin e gli dissi: "Puoi comprare i nostri bond?". Lui mi rispose: "E tu puoi comprare le nostre armi?". Una provocazione».