"È FRANATO COME UN CASTELLO DI CARTA" – LE TESTIMONIANZE DEI PASSANTI CHE HANNO ASSISTITO AL CROLLO NEL CANTIERE DEL SUPERMERCATO DI FIRENZE IN CUI SONO MORTI 4 OPERAI (NELLA NOTTE E' STATO RECUPERATO IL CORPO DI UN'ALTRA VITTIMA) – RESTA ANCORA UN DISPERSO, TRE OPERAI SI SONO SALVATI PER MIRACOLO – IL RACCONTO DI UN SOPRAVVISSUTO: “SONO VOLATO DAL TERZO PIANO, È UN MIRACOLO SE SONO VIVO. ERA L’ULTIMO GIORNO DI LAVORO"
-DISASTRO A FIRENZE UN BOATO E POI IL CROLLO NEL CANTIERE DEL SUPERMERCATO TRE OPERAI MORTI, DUE DISPERSI
Estratto dell’articolo di Pietro Mecarozzi per “La Nazione”
Ore 8:52, un boato squarcia il silenzio mattutino di via Mariti, nel quartiere di Novoli a Firenze. Poi una nube di polvere avvolge il cantiere: urla, persone che corrono, il panico come un incendio si propaga tra i residenti. I passanti parlano di un gigante di ferro e calcestruzzo che frana come un castello di carta.
Pochi minuti dopo scatta l’allarme: la trave di cemento armato di circa quindici metri del cantiere per la costruzione del nuovo supermercato Esselunga è crollata, portando con sé negli abissi tre piani di quello che era lo scheletro dell’edificio. Le sirene cominciano a urlare in ogni via: i soccorritori si precipitano sul posto. Il primo bilancio è funesto: nel crollo dei prefabbricati sono coinvolti i dieci operai che stavano lavorando sopra e sotto la maxi struttura. Due risultano morti.
Il referto di fine giornata (ancora parziale) parla invece di otto lavoratori coinvolti: tre morti, tre feriti e due dispersi che non hanno dato segnali di vita e al momento del crollo si sarebbero trovati al piano terra della costruzione. Sopra di loro si sarebbero riversati quindi tre piani di macerie, e le speranze di ritrovarli ancora in vita si affievoliscono di ora in ora. Neanche i cani molecolari e i droni termici sono riusciti a rilevarne le tracce. […]
Vengono estratti tre operai vivi per miracolo dalle macerie: hanno 37, 48 e 51 anni, tutti rumeni con traumi da schiacciamento ma non in pericolo di vita. Si trovavano nel punto più alto del cantiere al momento del crollo. A fine mattinata arriva però anche la conferma del primo decesso: l’operai morto è Luigi Coclite, aveva 60 anni, era originario di Teramo e viveva a Collesalvetti, in provincia di Livorno.
A dicembre sarebbe andato in pensione. «Era nel punto più esterno del solaio e lo hanno recuperato subito – racconta uno dei colleghi –, nonostante le manovre di rianimazione è morto davanti ai nostri occhi». Fuori dal cantiere, intanto, il quartiere si è fermato. Amici, baristi e commercianti, le mani nei capelli, gli occhi lucidi: hanno tutti qualcosa che li lega a uno di quei ragazzi che lotta tra la vita e la morte o che, purtroppo, non ce l’ha fatta.
Nella folla c’è Mouhamed, operaio 20enne che al momento della tragedia stava lavorando a pochi metri di distanza. «Abbiamo sentito il boato – racconta sotto choc –, poi si è alzata una nuvola di polvere e calcinacci, non ho capito più nulla e ho cominciato a correre». Quando negli schermi di forze dell’ordine e giornali rimbalza il video del crollo in diretta la paura si materializza in strage. Da lì in poi buio, sangue e urla. Esselunga interviene subito con la presidente Marina Caprotti: «Esprimiamo profondo cordoglio e vicinanza alle famiglie delle vittime. Il cantiere in costruzione era affidato in appalto a una società terza e siamo a disposizione per contribuire a chiarire la dinamica». […]
IL RACCONTO DEL SOPRAVVISSUTO «SONO VOLATO DAL TERZO PIANO, È UN MIRACOLO SE SONO VIVO ERA L’ULTIMO GIORNO DI LAVORO»
Estratto dell’articolo di Ilaria Ulivelli per “La Nazione”
Sopravvisuto alla tragedia di Firenze. «È un miracolo». Quante volte lo ripete, quasi che sentire la sua voce confermi a sé stesso di essere ancora vivo per davvero. Anche se parla con un fil di fiato. «Ho fatto un volo dal terzo piano, poi mi è cascato tutto addosso e sono ancora qua». Stringe il pugno e lo batte col nostro. È un gesto che vuol dire tutto. Che significa che Cristinel Spataru c’è.
Non era scontato, lui se ne rende conto. «Ho perso i sensi, ricordo la voce dell’infermiera che mi diceva di stare fermo e che mi avrebbero portato via con l’ambulanza». Cinquantuno anni e una vita a pedalare in salita, il sorriso consumato di chi non ha abbastanza per pensare alla cura dei denti e il sole che colora la pelle sulla spiaggia delle colate di cemento. Da più d’una manciata d’anni dalla Romania si era trasferito a Castelfranco Veneto, con il figlio ventiquattrenne George.
È arrivato col cuore in gola da Padova dove lavora al lavaggio delle cisterne, avvisato dai sanitari. «Per fortuna mio padre sta bene, perché altrimenti...». E in quell’altrimenti si legge la rabbia e l’impotenza di chi muore o ha rischiato di morire di lavoro. Di chi vorrebbe rivalersi di una vita di sacrifici. E vendicare, senza violenza, chi su quei cantieri ci lascia il futuro e le speranze.
«È un lavoro che serve a malapena a guadagnare il pane», è la denuncia di George al capezzale del babbo operaio nella stanza rossa dell’ospedale di Careggi con tre costole rotte, un po’ di ferite da suturare. E la calce ancora nelle mani, sotto le unghie, impregnata nella pelle come un tatuaggio.
[…] Scalfito ma non vinto in quella maledetta mattina che doveva essere il momento conclusivo del suo lavoro a Firenze. «Stavo facendo la colata di cemento sulla rete di ferro della copertura, quando all’improvviso tutto è crollato», racconta. Lui era nel punto più alto della struttura, protetto da caschetto e stivali, ma soprattutto dalla Provvidenza perché dopo un volo di almeno quindici metri non si sa quel che sarà. Guarda con noi le foto del crollo e ci indica il punto dove stava facendo la colata. […]
«Vedi che dentro la trave non c’era il ferro», dice Cristinel. La dinamica dell’incidente è ancora al vaglio degli inquirenti, dei tecnici. Ma lui che era lì vuol dire la sua. Il cemento lo maneggia tutti i giorni. «Penso a loro», dice. A chi? «Ai ragazzi marocchini che erano proprio sotto la trave a legare il ferro e che sono morti. Avevo parlato con loro poco prima […]