"FRANCESCA AMADORI DA INIZIO DICEMBRE HA SMESSO DI LAVORARE, SENZA DARE SPIEGAZIONI" - IL CASO DELL'IMPIEGATA LICENZIATA DALL'AZIENDA DI FAMIGLIA DIVENTA MENO ASSURDO DOPO LE RIVELAZIONI DI FRANCESCO BERTI, AD DEL GRUPPO: "HA SMESSO DI LAVORARE, SIA IN PRESENZA CHE A DISTANZA. SENZA MOTIVARE LE SUE ASSENZE AL LAVORO. QUANDO NON SI RISPETTA IL CONTRATTO SI AGISCE DI CONSEGUENZA - AL CONTRARIO DI QUEL CHE SI POSSA PENSARE, QUESTA NON È PIÙ UN'IMPRESA FAMILIARE - LA VOLONTÀ DELLA SECONDA GENERAZIONE È STATA QUELLA DI TRASFORMARE L'AZIENDA IN MANAGERIALE"
-Michelangelo Borrillo per il "Corriere della Sera"
«Da inizio dicembre ha smesso di lavorare, senza dare spiegazioni. Che non sono arrivate neanche dopo la richiesta di chiarimenti da parte dell'azienda secondo quanto previsto dalla legge e dal contratto di lavoro. A quel punto non potevamo non licenziarla. Neanche il padre ha potuto far nulla. Se non ribadire che le regole valgono per tutti, a prescindere dal cognome».
Il licenziamento che ha fatto più clamore in questo inizio 2022 - quello di Francesca Amadori, nipote del fondatore Francesco e figlia di Flavio, presidente dell'omonimo gruppo agroalimentare di cui era responsabile della comunicazione - si spiega così. A fornire i chiarimenti è Francesco Berti, dal 2019 amministratore delegato (e dal 2018 direttore generale) del gruppo di Cesena noto per i suoi polli. Che, però, avrebbe di gran lunga preferito, come si usa in Romagna, risolvere la questione in maniera più informale e meno eclatante anziché in aula, avendo Francesca Amadori dichiarato che si opporrà al provvedimento ritenuto ingiusto e illegittimo. Il licenziamento è una cosa seria.
Se la soluzione si poteva trovare in via informale, non era forse il caso di evitare l'allontanamento?
«Sappiamo benissimo che il licenziamento è una questione seria. Tanto che dal 2018 ad oggi questo è solo il terzo caso sugli oltre 600 dipendenti della società in cui era impiegata Francesca. Ma l'azienda ha provato in ogni modo a evitare la soluzione estrema. Da inizio dicembre Francesca Amadori, che era una impiegata e non una dirigente, ha smesso di lavorare. Sia in presenza che a distanza. Senza dare spiegazioni, senza motivare le sue assenze al lavoro. Quando non si rispetta il contratto si agisce di conseguenza».
Nelle settimane precedenti c'erano stati motivi di discussioni al lavoro?
«No. Il suo era un ruolo esecutivo, non aveva voce nella governance aziendale».
E screzi a livello familiare? In passato non sono mancati, sia tra i fondatori Francesco e il fratello Arnaldo, deceduto nel 2017, sia nella stessa famiglia di Francesca, con la madre Maurizia Boschetti che ha lasciato l'azienda dopo la separazione dal marito.
«Di eventuali screzi a livello familiare non so nulla. Posso solo dire che non avrebbero giustificato un licenziamento. I motivi, come spiegato, sono altri».
E sulla vicenda è intervenuto il nonno, che a Francesca è affettivamente molto legato?
«No. Non solo perché non avrebbe potuto fare nulla, alla stregua del padre. Ma anche perché da quando ha lasciato la guida dell'azienda, nel 2014, ne è sempre rimasto fuori. Al contrario di quel che si possa pensare, questa non è più un'impresa familiare».
In che senso? Il presidente è Flavio Amadori, il vice presidente è il fratello Denis e molti dei loro figli lavorano in azienda.
«Ma l'amministratore delegato è esterno alla famiglia, e io sono già il terzo dal 2014 ad oggi. Perché la volontà della seconda generazione è stata quella di trasformare l'azienda da familiare a manageriale. E ci siamo riusciti».
Cosa glielo fa pensare? L'azienda è ancora molto identificata con lo slogan del fondatore, «parola di Francesco Amadori».
«I numeri e i fatti. Nel 2014, quando il fondatore lasciò il gruppo, l'azienda fatturava 1,2 miliardi, con un patrimonio netto di 223 milioni e 7.182 dipendenti; nel 2018 il fatturato diventa di 1,3 miliardi, il patrimonio netto di 271 milioni, i dipendenti 7.906; nel 2021, con due anni di Covid, si sale a 1,4 miliardi di fatturato, 295 milioni di patrimonio netto e 8.675 dipendenti».
E i fatti?
«I due fondatori del gruppo, Francesco e Arnaldo, sono da tempo rappresentati dai rispettivi figli. Parliamo di nove famiglie. Proprio per garantire stabilità nel processo decisionale, dalla fine del 2021 sia Flavio che Denis possiedono il 21% del capitale ma il loro 42% ha diritto di voto per il 51%: la situazione è molto più chiara, tanto più dopo aver risolto a settembre scorso vecchie cause con ex soci».
Non sarà più un'azienda familiare, ma nel gruppo lavora anche il marito di Francesca, come responsabile qualità. Questa situazione potrebbe creare problemi?
«No, in alcun modo. Ognuno di noi, me compreso, è valutato sui risultati che raggiunge, non certo per la relazione coniugale».