"GIULIO REGENI ERA BENDATO E SFINITO DALLA TORTURA" - IL RACCONTO DA BRIVIDI DI UN CITTADINO PALESTINESE DETENUTO NELLO STESSO CARCERE DEL RICERCATORE ITALIANO, IN EGITTO - LA TESTIMONIANZA IN UN DOCUMENTARIO TRAMESSO DA "AL JAZEERA", MOSTRATO NEL CORSO DELL'UDIENZA DEL PROCESSO CONTRO I QUATTRO 007 EGIZIANI - IL RACCONTO: "ERA AMMANETTATO CON LE MANI DIETRO LA SCHIENA, DUE CARCERIERI LO PORTAVANO A SPALLA - LO TORTURAVANO CON LA CORRENTE ELETTRICA E GLI CHIEDEVANO DOVE HAI IMPARATO A SUPERARE LE TECNICHE PER AFFRONTARE L'INTERROGATORIO?'" - VIDEO
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REGENI: TESTE, GIULIO ERA BENDATO E SFINITO DA TORTURA
(Adnkronos) - ''Giulio dove hai imparato a superare le tecniche per affrontare l'interrogatorio? Dove hai conseguito il corso anti interrogatorio?''. Queste le domande che venivano ripetute a Giulio Regeni dai carcerieri nel corso degli interrogatori e riportate nella testimonianza di un ex detenuto palestinese in un videodocumentario tramesso da Al Jazeera e mostrato oggi nel corso dell'udienza del processo davanti alla Prima Corte di Assise di Roma che vede imputati quattro 007 egiziani.
''Ricordo più volte questa domanda ripetuta in dialetto egiziano. Non so se Giulio abbia risposto a meno -ha spiegato - Insistevano molto su questo punto, erano nervosi. Usavano la scossa elettrica e lo torturavano con la corrente elettrica''. Nella videotestimonianza l'ex detenuto ha spiegato di aver visto Giulio Regeni il 29 gennaio 2016, tra il pomeriggio e la sera, ''mentre usciva dalla palazzina del carcere, passando nel corridoio, diretto al luogo dove avveniva l'interrogatorio.
La lingua usata per interrogare era l'arabo e il dialetto egiziano. C'erano anche ufficiali che non avevo mai visto prima e un dottore specializzato in psicologia. Giulio era ammanettato con le mani dietro la schiena, con gli occhi bendati. Era a circa 5 metri da me. Indossava una maglietta bianca, un pantalone largo blu scuro''.
In seguito ''l'ho rivisto che usciva dall'interrogatorio, sfinito dalla tortura. Era tra due carcerieri che lo portavano a spalla verso le celle''. Quando, ha spiegato il palestinese, ''ero in quella struttura i miei familiari non sapevano nulla di me, non c'era nessun contatto col mondo esterno: la sensazione era quella di stare in un sepolcro. Sono stato sequestrato, detenuto e poi liberato senza un perché''.