"I MEDICI MI AVEVANO DATO SOLO TRE ORE DI VITA" - FATE LEGGERE AI NEGAZIONISTI DEL COVID LA STORIA DEL TASSISTA DI TORINO CHE DOPO 5 MESI È USCITO DALLA TERAPIA INTENSIVA - IL VIRUS GLI HA GENERATO COMPLICANZE A CASCATA: E’ STATO OPERATO TRE VOLTE AD ADDOME APERTO NELL'ARCO DI CINQUE GIORNI. LE SUE POSSIBILITÀ DI SOPRAVVIVENZA ERANO QUASI PARI A ZERO – “ORA NON STO IN PIEDI, DEVO IMPARARE A CAMMINARE, A DEGLUTIRE. NON SA QUANTO MI È MANCATO BERE UN BICCHIERE D'ACQUA…

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LIDIA CATALANO per la Stampa

 

tassista torino covid

 I volti sono seminascosti dalle mascherine. Ma basta osservare la scintilla che illumina gli occhi per cogliere tutta l'esultanza di chi è riuscito a portare a termine un'impresa. «Loro non mollano, non mollano... finché un alito di vita vi pervade loro faranno di tutto per non farlo spegnere», dice Gianfranco Medicini, l'uomo al centro della foto.

 

Finito in terapia intensiva a marzo con i polmoni strozzati dal coronavirus e uscitone 148 giorni dopo. Tirarlo fuori da quel limbo durato 4 mesi e tre settimane è stata l'impresa dell'equipe della struttura complessa di rianimazione universitaria dell'ospedale Molinette di Torino, diretta dal professor Luca Brazzi.

 

«Non ero mai stato ricoverato, non avevo mai preso neppure una pastiglia per il mal di testa», racconta Medicini, 55 anni, di professione tassista da quando ne aveva 27. «Per questo quando hanno detto a mia moglie che mi restavano tre ore di vita non ha voluto arrendersi, ha pregato i medici di aiutarmi a lottare».

 

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La sua voce nel telefono arriva filtrata come attraverso un acquario. «Mi scusi, ho recuperato la parola solo da una settimana. Diamo per scontata la nostra capacità di comunicare ma dopo mesi di mutismo poter ricominciare a parlare implica un allenamento durissimo».

 

I ricordi degli ultimi mesi sono offuscati, confusi. «A marzo avevo solo un po' di febbre che non andava via, con qualche difficoltà a respirare. Mia moglie ha avuto l'intuizione di misurarmi i valori dell'ossigeno nel sangue con un saturimetro. Erano terribilmente bassi». Dopo la corsa in ospedale Medicini finisce in coma. «Quando mi sono svegliato avevo la sensazione di aver dormito per non più di due o tre giorni. Sono sobbalzato quando mi hanno raccontato che ne erano passati 47».

 

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E non era finita. L'infezione polmonare gli genera complicanze a cascata. Una notte di inizio maggio viene trasferito d'urgenza in sala operatoria per uno choc settico dovuto a una pancreatite acuta necrotico emorragica. «Lo abbiamo operato tre volte ad addome aperto nell'arco di cinque giorni», racconta il dottor Luca Petruzzelli, del reparto di chirurgia d'urgenza diretto dal professor Paolo De Paolis. «Le sue possibilità di sopravvivenza erano quasi pari a zero». Era spacciato, Gianfranco Medicini, ma la sua ostinazione e quella di chi ha tentato l'impossibile per tenerlo in vita hanno avuto la meglio.

 

Adesso che il peggio è passato per il tassista torinese soprannominato dagli amici "baffo", «per via dei baffi che ho sempre portato da quando avevo 16 anni» inizia una lunga fase di riabilitazione. «Non sto in piedi, devo imparare a camminare, a deglutire. Non sa quanto mi è mancato poter bere un semplice bicchiere d'acqua». I colleghi taxisti non si capacitano che sia capitato proprio a lui, «il più attento di tutti alla sicurezza e alle norme anti-contagio con un una scrupolosità al limite della paranoia», racconta Franco Carrozza, che non vede l'ora di rivedere "baffo" in pista.

 

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«Sa qual è il paradosso? Gianfranco è l'esperto di informatica del gruppo, il collega a cui tutti affidano il computer per le riparazioni. Quando tornerà spero potremo scherzare insieme sul fatto che proprio il nostro mago degli anti-virus sia stato messo a tappeto da un virus così subdolo».

 

Che il caso di Gianfranco Medicini sia stato uno dei più critici nel pieno dell'emergenza Covid lo conferma anche il dottor Giovanni La Valle, commissario dell'azienda ospedaliera universitaria Città della Salute e della Scienza di Torino.

 

«La sua è stata una situazione particolarmente complessa, è davvero raro che si rendano necessari ricoveri in rianimazione per periodi così prolungati». Ora "baffo" conta i giorni che gli mancano per riprendersi la sua quotidianità.

 

«Non so come sia potuto succedere, ma il mio lavoro è questo, stare in mezzo alla gente. Ho sempre indossato la mascherina, a marzo però non tutti i passeggeri erano abituati a queste precauzioni. Ciò che conta adesso è poter riabbracciare mia moglie e mia figlia grazie a medici e infermieri di grande umanità, che lavorano sodo, ben oltre il loro dovere professionale. Nel cuore di Torino ho trovato un angolo di efficienza svizzera che mi ha restituito la vita». - pubblicata sui social da Gianfranco Medicini Mi sono svegliato dal coma dopo 47 giorni Mi sembrava di aver dormito solo per due I medici delle Molinette lo hanno operato tre volte per complicazioni.

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