"NON SCENDO". E BLOCCA IL TRENO PER 30 MINUTI - A SETTEMBRE UNA PASSEGGERA DI ITALO, SALITA A REGGIO CALABRIA E TROVATA SENZA GREEN PASS, SI E' RIFIUTATA DI SCENDERE, IMPEDENDO AL CONVOGLIO DI RIPARTIRE - ALLA POLIZIA AVEVA ESIBITO LA FOTO DEL REFERTO DI UN TAMPONE ANTIGENICO RAPIDO COMPRATO IN FARMACIA ED ESEGUITO A CASA IL GIORNO PRIMA - OLTRE ALLA MULTA, PERO', SI E' GUADAGNATA ANCHE UNA DENUNCIA PENALE PER INTERRUZIONE DI PUBBLICO SERVIZIO E...
-Gianni Santucci per il corriere.it
Le regole introdotte di recente da un’ordinanza del Ministero della Salute (in particolare quella che nelle grandi stazioni prevede il controllo del green pass prima di salire sui treni) servono anche a evitare che accadano eventi come quello del primo settembre 2021, proprio il primo giorno in cui scattava l’obbligo della certificazione verde per viaggiare.
I fatti si verificano sul convoglio alta velocità «Italo 8160», partito da Reggio Calabria con destinazione Milano, quando il capotreno controlla una passeggera seduta nella carrozza 7. La donna non ha il green pass: così, alla stazione di Roma, viene allertata la Polizia ferroviaria per contestare la violazione. E fino a qui nulla di inedito, perché nei mesi seguenti la stessa scena si ripeterà più volte tra Milano e il resto d’Italia.
La vicenda dell’1 settembre scorso, che emerge in una recente sentenza del Tar pubblicata l’11 novembre, va però molto oltre: la donna, dopo un lungo battibecco col personale ferroviario e la polizia, quel giorno viene infatti denunciata per interruzione di pubblico servizio, un reato che prevede fino a un anno di pena.
I fatti, nella loro scansione, durano circa una mezz’ora: di fronte alla polizia, la donna mostra la foto del referto di un tampone antigenico rapido che ha comprato in farmacia e che ha fatto a casa («in autodiagnostica») il giorno prima. Gli agenti le spiegano che quell’immagine stampata su un foglio di carta, pur se corredata da un’autocertificazione, non contiene alcuna indicazione che possa ricondurre l’esame direttamente alla persona, né una chiara evidenza di quando il tampone sia stato fatto. I poliziotti dicono dunque alla donna che la foto del tampone «fatto in casa» non può sostituire il green pass e la invitano a scendere dal treno perché non può restare a bordo. Aggiungono che verrà multata.
Mentre si svolgono questi colloqui, più volte però il capotreno invita la signora a prendere i suoi bagagli, altrimenti il treno non può ripartire. La donna però si rifiuta, fa resistenza e allunga in questo modo i tempi, tanto che il treno accumula almeno venti minuti di ritardo. Alla fine la passeggera si convince e accetta di tirar giù la sua valigia dalla carrozza, ma in seguito, quando il treno è già ripartito, oltre alla sanzione amministrativa relativa al green pass, i poliziotti le consegnano anche i verbali di identificazione ed elezione di domicilio perché il suo comportamento è sconfinato in ambito penale, con la contestazione del reato per il ritardo che ha provocato al treno.
Nei giorni successivi la donna con i suoi legali presenta un corposo ricorso al Tar per contestare sia la sanzione, sia nel complesso l’impianto della legge perché, secondo la sua tesi, sarebbe illegittima «sotto un profilo costituzionale» e in contrasto con regolamenti e trattati europei. Il Tribunale amministrativo per il momento ha chiuso la questione sostenendo che la sanzione va contestata di fronte al giudice ordinario e che la «compatibilità costituzionale» non può essere portata di fronte al Tar «in sede cautelare».