"DA OGNI FATTO DI CRONACA, OGNI VOLTA, DOBBIAMO ASPETTARE CHE SI DIRADINO LE NEBBIE PREVENTIVE DELL'OMOFOBIA E DEL RAZZISMO" - FILIPPO FACCI E IL SUICIDIO DI ORLANDO MERENDA, BOLLATO SUBITO COME IL GESTO DI UN RAGAZZO DISCRIMINATO: "ALL'INIZIO DEL MESE C'ERA STATO IL SUICIDIO DI UN RAGAZZINO NERO, SEID VISIN, A NOCERA INFERIORE: E, PURE, ERA SUBITO DIVENTATO UN SUICIDIO IN QUANTO NERO. PERCHÉ NON PUOI FERMARE LA MACCHINA. TUTTO SI SFRUTTA. TUTTO SI TIENE"

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Filippo Facci per “Libero quotidiano”

 

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Da ogni fatto di cronaca, ogni volta, dobbiamo aspettare che si diradino le nebbie preventive dell' omofobia, del razzismo e della discriminazione: salvo scoprire che, una volta dissolte queste nebbie, la cronaca e il fatto nudo perdono interesse da parte del gregge massmediatico: non sono più rilevanti, manca il link con lo spirito del tempo, insomma chi se ne frega.

 

Se non c' è discriminazione, in altre parole, la realtà viene discriminata. L' ultimo caso è quello del suicidio di un ragazzino omosessuale, che subito, di riflesso, è diventato un suicidio in quanto omosessuale, perché discriminato. Da chi?

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Boh, «qualcuno», «forse». Cioè: dei singoli suicidi non bisognerebbe neppure scrivere, non si contano le ricerche che dimostrano come le notizie dei suicidi, più di altre, possano essere fonte di emulazione; troppe persone hanno tratto linfa dal gesto altrui - di una celebrità come di uno sconosciuto - per compiere il proprio. È la ragione per cui sui giornali si tende a non parlarne (i suicidi sono migliaia ogni anno, e nelle grandi città la media è quasi due al giorno).

 

Ma ecco che diventa eccezione il caso del povero Orlando Merenda, un diciottenne che domenica 20 giugno, a Torino, si è ammazzato gettandosi sotto un treno. Che cosa sappiamo, di certo? Che frequentava una scuola professionale (Engim) al pari di un bar in corso Vittorio Emanuele II, Cristalife. Che era un ragazzo tranquillo ma a tratti ansioso, come potremmo dire quasi di chiunque. Che, a domanda su come stesse, ha risposto «oggi sono un po' così».

 

LUOGHI COMUNI

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In questi casi, l' elenco degli aggettivi spesi dai testimoni si somigliano tutti: Orlando «riservato», «persona seria», «puntale e preciso», «un ragazzo splendido», «perfettamente a suo agio nell' ambiente scolastico», «i suoi compagni sono profondamente turbati», poi il corredo della solidarietà, e all' ingresso della scuola palloncini bianchi a forma di cuore legati stretti con un fiocco nero ai selfie scattati durante l' anno scolastico», e «fiori e striscioni che invadono il parapetto del cavalca -ferrovia dal quale si è gettato».

 

Perché ne parliamo? Perché ne scriviamo? Perché Orlando Merenda ha fatto eccezione alla regola? Non c' è risposta: se non nel linguaggio giornalistico più ambiguo, il rapporto con il padre «conflittuale, con un genitore severo, poco incline a certi argomenti», l' omosessualità come «malessere interiore che non è più riuscito a dominare», al di là di quelle «menti chiuse che hanno la bocca aperta», come scriveva su Instagram.

 

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Apprendiamo che «Orlando non si sentiva completamente accettato», che «qualcuno gli rinfacciava la sua omosessualità», «altri potrebbero essersi approfittati delle sue fragilità quando ancora era minorenne», «aveva paura di qualcuno». Qualcuno. Potrebbero.

 

RAGIONI CADUTE

«La polizia», si legge sul Corriere, «sta scandagliando la vita del ragazzo». Poveretto. «In un primo momento gli accertamenti si sono concentrati su omofobia e bullismo, ora si lavora su altre piste».

 

SEID E WALTER VISIN

Quindi ne esistono altre. Si parlicchia di un ricatto sessuale, addirittura di un fascicolo aperto per «istigazione al suicidio»: sta di fatto che le ragioni per cui il suicidio è sfuggito al citato e giustificato riserbo sono già cadute, forse non sono mai esistite, forse sono state solo il riflesso condizionato di una stampa idiota: come se la mente di un suicida non resti l' insondabile e l' imprendibile, come se fosse solo materiale all' ingrosso per alimentare le fobie della propria epoca. Povero ragazzo, povero amico e compagno, circondato da quella cricca impietosa chiamata genere umano.

 

SEID VISIN

All' inizio del mese c' era stato il suicidio di un ragazzino nero, Seid Visin, a Nocera inferiore: e, pure, era subito diventato un suicidio in quanto nero, perché discriminato. L' orgoglioso distinguo di suo padre («Il razzismo non c' entra: basta speculare sul dolore di nostro figlio») spesso era stato impaginato a margine degli stessi articoli in cui il razzismo veniva appunto fatto entrare a forza, dove appunto si speculava sulla morte di un ragazzo. Perché non puoi fermare la macchina. Tutto si sfrutta. Tutto si tiene.

SEID VISIN
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