"PICCHIAVA ME E MIO FIGLIO, L'HA FATTO PER ANNI. MA NEGLI ULTIMI TRE MESI OGNI GIORNO. NON CE LA FACEVO PIÙ" - IN PROVINCIA DI ALESSANDRIA UNA 60ENNE HA SEDATO E POI STRANGOLATO IL MARITO CON I LACCI DELLE SCARPE, ORMAI INSOFFERENTE PER LE VIOLENZE SUBÌTE - DOPO L'OMICIDIO, LA DONNA HA CHIAMATO I CARABINIERI, HA RACCONTATO TUTTO E SI E' ASSUNTA TUTTA LA RESPONSABILITA': "L'HO AMMAZZATO IO E SOLO IO…"
-Antonella Mariotti per "la Stampa"
«La Tina ha ammazzato il marito. Non riusciamo a crederci. Qui a Borghetto...». Due vicine di casa, raccontano della Tina che abita dall'altra parte della via «una brava ragazza. Perché l'ha fatto?». Agostina Barbieri, 60 anni, ha prima sedato e poi strangolato il marito Luciano Giacobone, che di anni ne aveva quattro in più perché «picchiava me e mio figlio, l'ha fatto per anni. Ma negli ultimi tre mesi ogni giorno. Non ce la facevo più».
Domenica sera - secondo quello che ha raccontato la donna ora in carcere a Torino - è stata la sera peggiore e Tina l'ha ucciso e poi ha chiamato i carabinieri. Luciano Giacobone era «un omone» raccontano «che in paese si vedeva poco prima perché faceva il camionista, ma anche adesso che non lavorava più. E anche lei usciva poco». Domenica a pranzo è iniziata la lite, Giacobone che urla al figlio di andarsene da casa e dopo le parole sono volate anche le bottiglie tanto che una ha colpito la vittima a un orecchio, tre giorni di prognosi al Pronto soccorso.
Così Tina ha deciso: la sera ha dato delle gocce di sedativo al marito, sarà l'autopsia a stabilire quale sia stata la sostanza, tante da intontirlo, e poi l'ha strangolato con dei lacci per le scarpe. La coppia con il figlio di 29 anni abitava in via Giappano 14, una via così stretta che un'auto fatica a passare, ma dove nessuno sembra aver mai sentito un grido o una richiesta d'aiuto in quelle a pochi metri una dalla finestra dell'altra. Ai carabinieri Agostina Barbieri ha raccontato tutto e poi ha detto «l'ho ammazzato io e solo io». La coppia era sposata dal 1990, ma la relazione durava da 45 anni, lei da qualche mese era in pensione, lui a casa da agosto 2020, probabilmente per avere perso il lavoro a causa della pandemia.
«Questa disgrazia - dice Silvia Nativi, legale della donna - è frutto di violenza genere, maltrattamenti verbali che andavano avanti da anni ma che negli ultimi tre mesi erano diventati quotidiani. E soprattutto avevano coinvolto anche il figlio e la madre della donna che viveva con loro». Nativi oltre ad essere legale della donna è anche referente del centro anti violenza Me.dea di Alessandria. A Borghetto Borbera vivono 1200 persone, tutti conoscono tutti «la Tina aveva lavorava in un'impresa di pulizie alla Sutter, da poco era in pensione.
Ma delle botte non ha mai detto niente a nessuno. Solo la madre mi ha detto qualcosa al cimitero» è sempre la vicina di casa che non vuol dire il nome ma che ricorda quel giorno. Agostina Barbieri aveva una sorella, più giovane, morta di cancro due anni fa, e la madre quel dolore che non riusciva a sopportare lo leniva con le visite al cimitero, all'amica aveva detto: «Della figlia morta non riesco a farmene una ragione ma adesso anche Tina ha tanti guai».
Guai di cui in paese nessuno sa o vuole parlare. «Si pensa che nei piccoli centri le donne vittima di violenza siano protette - dice ancora Nativi - non è così, se anche in un piccolo centro come Borghetto una donna si sente costretta a uccidere il suo maltrattante è una sconfitta per tutti. La mia cliente temeva per la vita del figlio, della madre e la sua». L'altra sera l'ambulanza che faticava a entrare in quel vicolo, devono averla sentita in molti ma solo due vicine di più di 80 anni l'hanno ricordata «Ma cosa potevamo fare?».